17. Caos

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«Grazie del passaggio, Coso» bisbigliai non appena fui in grado di riconoscere la stradina sterrata che ci avrebbe condotto a casa di Brian.

Logan sorrise, compiaciuto di sé. «Di nulla, ragazza di città. Spero che la prossima volta che ci vedremo non ti troverò nel bel mezzo di qualche altra crisi» scherzò lui mentre sterzava per accostare davanti al cancello di casa.

Io roteai gli occhi, contrariata dalla sua affermazione. «Non sei simpatico» commentai, acida.

«Non era mia intenzione esserlo» ribatté lui, spegnendo il motore dell'auto per poi fissare il suo sguardo prepotente su di me, facendomi sentire fottutamente piccola dinnanzi alla potenza espressiva dei suoi occhi così misteriosi.

«Mi costa ammetterlo, ma sono stata davvero bene con te oggi.»

«Anche io, ragazza di città. Dovremo farlo più spesso» mi rispose lui, sorridendo amabilmente.

A differenza dei tanti sorrisi che avevano abitato il viso di Logan Wyatt da quando lo avevo conosciuto, quello sembrava davvero autentico, sincero e spontaneo. E sapere che aveva deciso di condividerne uno con me mi fece sorridere di rimando.

A quel punto, sarei dovuta scendere dalla macchina, voltargli le spalle e tornare a casa. Eppure, le mie braccia non volevano saperne di rispondere ai comandi che il mio cervello stava loro impartendo in quel momento.

Logan se ne rese conto e si avvicinò pericolosamente al mio viso. Ma che diamine stava facendo? E perché io non stavo facendo niente per impedire che lui si avvicinasse così a me?

«C'è qualcosa che vorresti dirmi?» domandò lui in un sussurro dopo essersi passato la lingua sulle labbra carnose, inumidendole.

Pochi centimetri stavano separando i nostri visi, ancora sconvolti dal pomeriggio trascorso assieme. I nostri respiri spezzati si infrangevano contro le nostre labbra, che sembravano voler annientare ogni tipo di distanza per potersi conoscere meglio e in maniera più approfondita.

Sapevo perfettamente cosa sarebbe accaduto se non mi fossi allontanata da lui. Eppure, era come se il mio corpo agisse autonomamente, senza dare peso agli ordini che gli stavo impartendo in quel momento. Le mie labbra volevano essere baciate da quelle di Logan.

Lui, probabilmente, aveva colto immediatamente questo mio tacito desiderio. Infatti, si avvicinò lentamente a me, eliminando del tutto i pochissimi centimetri che ci separavano fino a qualche istante prima.

Sentivo il suo caldo alito che odorava di menta che si infrangeva contro le mie labbra, come se cercasse di risvegliarle e di convincerle che ne sarebbe valsa la pena.

Le nostre labbra stavano per incontrarsi, permettendoci di scambiarci i nostri sapori, le nostre storie mai dette, le nostre esperienze più segrete. Stavo per abbandonarmi completamente all'imminente contatto tra le nostre bocche, così desiderose di assaggiarsi reciprocamente, quando sentii un forte bussare contro il finestrino del passeggero, posto che stavo occupando io.

Sobbalzai bruscamente per poi voltarmi di scatto verso l'origine di quel rumore così fastidioso, per scoprire chi ci avesse interrotti.

«Che cazzo significa?» urlò Shawn, sconvolto per averci beccato in flagrante, non appena Logan ed io lo fissammo con aria sorpresa.

«Merda, ho fatto un casino» imprecai, sentendomi all'istante una grandissima stronza.

L'avevo abbandonato in quel cinema inquietante senza nemmeno rifilargli uno straccio di spiegazione e lui non si meritava questo trattamento da parte mia.

Cosa mi stava succedendo?

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