Scesi dall'autobus trascinandomi appresso la pesante valigia e il mio zainetto scolorito. Mi guardai distrattamente attorno, notando che non c'era nessuno ad aspettarmi alla fermata.
Che novità, sapere di non essere importante per mio padre. Sbuffai sonoramente e mi sedetti sul marciapiede deserto.
Incrociai le gambe e alzai lo sguardo, osservando tutta la natura che mi circondava. C'erano grandi alberi sparpagliati nelle vicinanze, cespugli con fiori di vari colori, api che ronzavano rumorosamente attorno ad essi per raccogliere il polline.
Non ero abituata a contemplare tutta quella natura nello stesso momento. Io vivevo immersa nelle strade cittadine, piene di auto, palazzi, centri commerciali... Le uniche cose che potevano essere vagamente paragonate a ciò che stavo osservando in quel momento erano i pochi parchi spogli che decoravano il centro della cittadina in cui abitavo.
Il suono di un clacson attirò la mia attenzione, costringendomi a voltarmi verso l'origine di quel rumore così fastidioso. Un pick-up arancione emise il medesimo rumore dopo pochi istanti, mentre una mano si agitava energicamente in aria in segno di saluto.
Mi alzai dal marciapiede e recuperai valigia e zainetto, che avevo abbandonato sull'asfalto, per poi dirigermi pigramente verso quello che mio padre probabilmente considerava un mezzo di trasporto sicuro.
La portiera del guidatore si aprì, emettendo qualche rumore poco rassicurante. Mio padre sbucò fuori da quell'ammasso di ferraglia e mi sorrise.
Era sempre il solito Brian Hamilton, ad eccezione di quell'innumerevole quantità di rughe che gli decoravano il viso stanco. Aveva perso del tutto l'aria giovanile e spensierata che aveva quando stava ancora con mamma. Sembrava... semplicemente più vecchio di come lo ricordassi.
«Ciao Maya, è passato un po' di tempo... Come stai? Sono davvero felice che tu sia qui» mi disse avvicinandosi a me, con l'intenzione di abbracciarmi.
Io schivai d'istinto quell'imminente contatto, del tutto indesiderato da parte mia, e lo guardai con sufficienza. «Per la cronaca, non sono qui di mia spontanea volontà. Non ho intenzione di renderti le cose difficili, basta semplicemente che ti limiti a fingere che io non esista. D'altro canto, non dovrebbe essere poi così difficile per te. Dico bene?»
Lui mi guardò con aria ferita, come se si aspettasse di ricevere un'accoglienza completamente diversa da quella che realmente aveva ricevuto. Chissà che cosa gli avrà detto mamma...
Mi avvicinai al retro del pick-up per caricare le mie cose, ma mio padre mi precedette, sfilandomi delicatamente la pesante valigia dalla mano. Non che la cosa mi dispiacque, lui avrebbe fatto sicuramente meno fatica di me nel caricarla.
«Senti Maya, so che tra te e me le cose non vanno bene da un pezzo... So di avere delle innumerevoli colpe e mi dispiace davvero tanto per quello che è successo e per averti ferita. Vorrei approfittare del tempo che abbiamo per cercare di risistemare le cose tra di noi, credo che potrebbe fare bene ad entrambi. Che ne dici?»
Mi voltai di scatto verso di lui e lo guardai con aria interrogativa, come se stessi cercando di capire se fosse serio o se stesse semplicemente facendo una battuta di poco gusto. Lui non si scompose, anzi, mi guardò con aria ferita.
Non potei fare a meno di trattenere una risata.
«Oddio, ma tu eri serio? Dai Brian, non puoi pensarle davvero queste cose. Dopo tutto quello che mi hai fatto passare, non crederai che io ritorni a braccia aperte da te dimenticando completamente il passato?!»
Lui fece un passo verso di me, diminuendo la distanza che ci separava. «So di aver sbagliato Maya, non serve che me lo ricordi in continuazione. Io sono cambiato e voglio farmi perdonare, non mi importa se ci vorrà del tempo.»
Feci finta di trattenere una risata e gli rivolsi uno sguardo velenoso. «Sei ridicolo» sbottai con cattiveria. Gli diedi le spalle e mi avviai verso il sentiero che si addentrava nella natura circostante.
«Dove stai andando?» domandò la voce di mio padre alle mie spalle.
Io non mi voltai e non ero nemmeno intenzionata a rispondergli. Ero già dannatamente stufa della sua compagnia.
«Segui il sentiero, casa mia è la terza che incontri nel caso in cui non te lo ricordassi» urlò di nuovo mio padre.
Io continuai per la mia strada, ignorando lui e le sue parole, che volevo dimenticare il prima possibile.
Sapevo che la mia permanenza a casa di Brian si sarebbe rivelata un errore madornale. E mentre camminavo sotto il sole estivo, immersa in quella natura così estranea e piacevole, mi mancava tremendamente casa mia.
***
Angolo autrice:
ciao a tutti e benvenuti!
Colgo l'occasione per ringraziare tutti coloro che dedicano del tempo alla lettura delle mie storie. Significa davvero molto per me!
Vi sta piacendo questa nuova avventura? Fatemelo sapere lasciando qualche commento, se vi va.
Volevo soltanto informarvi che al momento non mi sento di fissare un giorno preciso in cui postare gli aggiornamenti della storia. Cercherò comunque di aggiornare in tempi rapidi.
Al prossimo capitolo!
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BACK TO YOU
Novela JuvenilMaya Hamilton è un'adolescente problematica, che odia quando le vengono imposte delle rigide regole da rispettare. Lei è uno spirito libero, che ama le avventure, soprattutto quando sono condite con illegalità e adrenalina. Lei non vuole essere dom...