Episodio 4.1

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Mercurio.

Il pianeta più vicino al Sole nel sistema solare terrestre.

La sua atmosfera era fondamentalmente inesistente, fatta eccezione per alcune tracce di gas, frutto dell'interazione del vento solare con il pianeta. Tra le varie ragioni per cui la formazione della vita su questo pianeta era impossibile vi erano le elevatissime temperature raggiunte sulla superficie e sopratutto la mancata formazione d'acqua allo stato liquido. Ma nonostante ciò era possibile isolare alcune aree, specie nel suo polo nord, in cui le temperature erano notevolmente basse, intorno all'ordine dei 50 K (-220 °C). Queste aree altro non erano che dei crateri estremamente profondi e talmente ampi che erano in grado di schermare totalmente il passaggio della luce diretta del Sole, lasciando sì che si formassero enormi e spesse lastre di ghiaccio.

Ed è proprio qui, in uno di questi crateri e sotto un impervio strato di ghiaccio, che si era stanziata una delle piccole colonie dell'Armata, in pieno territorio nemico. Non a caso fu scelto Mercurio come avamposto dell'Armata, quella colonia occupava una posizione di tutto rispetto dal punto di vista strategico. Poche erano le tecnologie in mano alla Confraternita che permettevano la terraformazione di un pianeta così piccolo e sopratutto così vicino ad una fonte di calore come il Sole. Non vi era motivo di perdurare nella costruzione di basi militari e scientifiche nel sistema terrestre, d'altro canto il forte vento solare avrebbe impedito le operazioni di ricerca scientifica su Mercurio.

La struttura della colonia era distribuita in diversi cunicoli e tunnel interamente scavati nel ghiaccio ma termicamente isolati dal resto del pianeta, anche se in ogni caso la temperatura all'interno della colonia non era sempre poi così calda. Vi era un sistema di ricircolo dell'aria strutturato con enormi ventole che si affacciavano all'esterno per poter ricreare l'atmosfera di un pianeta di classe M, ovvero il tipo di pianeta adatto ad una vita umanoide. Ovviamente, data l'assenza della luce solare gli ingegneri si erano adoperati ad installare diverse serie di luci artificiali che simulavano il giorno e la notte. Era quasi come vivere all'interno di un enorme sottomarino, costellato di cunicoli, moduli abitativi e zone comuni. Si poteva vivere tranquillamente nei moduli. Piccoli, ma altamente funzionali. Erano tutti adibiti con delle macchine replicanti in grado di trasformare le molecole dell'aria e del ghiaccio in cibo o in bevande; in questo modo i rifornimenti non rappresentavano più un problema. A gestire le operazioni nella zona comune, si stanziava la cella di comando dalla quale era possibile monitorare la situazione all'esterno ed effettuare le attività di spionaggio e di ricerca bellica. All'esterno di questa si stanziava invece il lunghissimo corridoio che portava all'ufficio del commodoro, il capo dell'intera colonia.

Una voce rimbombò nell'atrio principale della cella di comando.

– Commodoro, è in arrivo una trasmissione da Beta-Uno, la cifratura indica che è un messaggio riservato a lei. Glielo passo nel suo ufficio?

Poi silenzio. Un silenzio innaturale in quell'ambiente così schivo e spoglio dalla gran parte dei comfort che il ventinovesimo secolo poteva offrire. Ma era piuttosto comprensibile, dato lo strapotere della Confraternita in materia di telecomunicazioni e comunicazioni subspaziali. I messaggi che le forze dell'Armata dovevano scambiarsi erano tutti completamente cifrati per forza di cose. Le chiavi di interpretazione mutavano ogni ora grazie ad un sistema automatizzato di cyberspionaggio. Era piuttosto difficile per gli esperti della Confraternita intercettare un qualsiasi tipo di messaggio nemico, apparentemente non esisteva una logica sequenziale nelle chiavi di interpretazione e poche volte le intelligenze artificiali degli OS della Confraternita erano riusciti ad agganciare qualche messaggio, ma tutto sempre con scarsi risultati.

Purtroppo l'impenetrabilità di questo sistema generava anche un grande inconveniente: interminabili attese tra un messaggio e l'altro; di qui l'impossibilità di comunicare in maniera diretta. Questo implicava che i messaggi fossero il più lunghi e completi possibile, per evitare altre perdite di tempo nello scambio dei messaggi, un po' come durante la guerra fredda.

– No, a maggior ragione riferisca che qualsiasi cosa ci sia da dire può dirla anche qui! – rispose una voce rauca ma al tempo stesso squillante proveniente da un piccolo interfono in quarzo, una voce gracchiante di donna.

Altro silenzio di attesa.

Era difficile vedere il commodoro Yanak venir fuori dal suo piccolo ufficio. Preferiva monitorare e dare ordini dall'interno, questo perché il suo ufficio era quello più vicino alle pareti esterne del cratere dove si trovava la colonia, qui batteva in parte la forte luce solare. Lei ne aveva bisogno, rispetto alle basse temperature che c'erano all'interno, il calore non rappresentava un problema, anche ad elevatissime temperature.

Yanak proveniva da Silicia, un planetoide nella galassia di Andromeda che ben presto sviluppò delle forme di vita basate non sul carbonio bensì sul silicio. Questo rendeva i loro abitanti in grado di sopportare temperature molto alte e di maneggiare addirittura la lava fusa. Riuscivano, con un solo tocco, a funzionare come macchine termiche e trasmettere il calore accumulato. Il loro corpo, perfettamente rigido e costituito da pochissime ossa, era di una strana colorazione grigia e permetteva loro pochi movimenti tutti uguali, quasi come quelli di un automa. D'altra parte nei combattimenti corpo a corpo non c'era niente da fare, trovarsi ad affrontare un Silicioide significava morte certa per combustione. Per questo Yanak non usciva mai, se non in casi eccezionali.

In quella colonia erano rimasti nascosti per circa dieci anni e si preparavano a colpire uno degli avamposti della Confraternita, un attacco su larga scala per impedire la loro avanzata in territorio nemico e dare il tempo alle navi di colpirli su più fronti. Volevano sbaragliare completamente le linee nemiche in quel settore.

Le migliorie che gli scienziati dell'Armata erano in grado di compiere su Mercurio erano assolutamente impressionanti, le nuove testate erano state programmate per non essere rilevate subito, ma solo dopo un certo periodo di tempo dall'attivazione. Avrebbero raso al suolo diverse cittadelle in maniera praticamente istantanea. Nessun dolore, nessun rumore. Solo la morte che avanzava, silenziosa.

Rimaneva seduta Yanak, osservava alcune eruzioni della corona e dei brillamenti solari, mentre si beava della calura del Sole, mortale per chiunque altro, ma non per lei. Iniziava a rimuginare su tutti i suoi compagni morti per la grande causa dell'Armata. Da anni continuava a lottare per la libertà, non importava a quale prezzo. E doveva vincerla quella lotta, non c'erano altre alternative.

– Messaggio in arrivo decodificato, lo passo all'interfono.

– Al Comodoro Yanak, qui colonia 12.345 del sistema Beta-Uno. Comunichiamo conferma di avvenuto attacco non programmato al pianeta Beta-Uno, coordinate 678.3 e 541.3 con obiettivi la Biblioteca di Rak-al-es e l'Accademia Letteraria. La nave in questione è la Descent 2, numero di matricola 2143 andata distrutta. Dal centro di comando è stato rilevato che l'ultima posizione utile della Descent 2 era nel quadrante sotto il suo controllo. Comunicare motivazione dell'attacco. Fine trasmissione.

Ancora silenzio. Questa volta però non fu di attesa, ma di smarrimento. Era vero quello che Yanak aveva appena udito? La Descent 2 era andata distrutta in un attacco alla Biblioteca di Rak-al-es su Beta-Uno?


– Impossibile! – fu l'unica cosa che riuscì a dire.

Quella era una delle navi che aveva visto pochi minuti fa sul suo monitor. Era una delle sue navi. L'ultima nave ad averla vista come comandante, quando era più giovane, quando la vecchiaia non le aveva ancora tolto il dono di poter camminare senza difficoltà. Adesso il suo compito era ben diverso, monitorare la situazione esterna alla colonia gestendo eventuali attacchi in tutto il quadrante. Osservava dai monitor di controllo lo status delle testate missilistiche dell'Armata, la posizione delle navi amiche più vicine e teneva sotto controllo le sonde della Confraternita che più si dirigevano verso la loro posizione e riportava tutto all'alto comando. Non si fidava molto dei suoi sottoposti, ragion per cui diffidava spesso nel delegare i compiti più semplici. Non si fidava di nessuno, eccetto che di Fa'nee, la sua allieva più capace.

"Descent 2."

Non poteva esserle sfuggito. La sua nave.

L'aveva letto quel nome. Ne era certa.

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