Episodio 5.1

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– Fratelli miei, in nome della pace è mio onore congratularmi con voi; un lavoro pulito ed efficace. Oggi è stata debellata una grave minaccia alla nostra sicurezza. Ringraziamo tutti il lavoro dell'aviatore Serena Tarev, senza la quale non avremmo mai scoperto che quella piattaforma era una copia di una già trafugata in passato dall'Armata. Ora, con la morte del commodoro, scopriremo anche la locazione da dove è decollata quella piattaforma e distruggerla senza alcuna pietà. Non possono ingannare l'Aeronautica. Non possono ingannare la Confraternita.

Seguì un lungo e scrosciante applauso, contornato da una serie di acclamazioni che si accavallavano, rigorosamente in lingua standard, e che suonavano tutte come "Brava" o "Ben detto!", un crogiolarsi continuo nell'acclamazione di una palese superiorità e di un autocompiacimento fine a se stesso.

Anche Fa'nee sentì il fragore di quegli applausi.

Una forte luce verde era puntata contro suo viso, non riusciva a vedere null'altro. Ma percepiva uno strano borbottio tutt'intorno alla sua persona.

Non era sola, ovunque fosse.

Sembrava tutto troppo strano, tutto troppo reale, non sembrava di vivere un ricordo, eppure qualche dettaglio le pareva addirittura familiare lì dov'era, distesa su di un biolettino e con mani e piedi legati da morsette di tellerio che la immobilizzavano.

– Il condannato Uno è cosciente? Può rispondere? – riuscì a distinguere tra le voci, in maniera ovattata.

Era sfuggita alla Morte, ancora una volta. Ma non grazie alla sua energia rigenerativa. Aveva subito un transfert fisico dalla piattaforma alla nave della Confraternita che aveva iniziato l'attacco.

Era stata salvata dai suoi carnefici.

Da un piccolo display poteva osservare cosa stava accadendo sul ponte principale e quegli applausi riecheggiarono dentro di lei come uno sbeffeggio a tutto ciò che aveva creduto di sapere fino ad allora.

Non stava più bruciando, l'atmosfera artificiale dell'infermeria fece sì che le sue cellule rigenerative potessero ricreare i tessuti e l'epidermide carbonizzati. Stava tornando in salute e, insieme ad essa, le stavano tornando anche le forze. Intanto sul display il generale Jar concluse il suo discorso:

– Avremo modo di fare rapporto alle varie autorità non appena arriveremo nuovamente su Beta-Uno. Fino a quel momento siete tutti liberi fino a nuovo ordine. Ora andate.

Non appena finì di parlare, il generale si avvicinò a Tarev, in piedi ed intenta ad armeggiare con la propria console, verificando lo status degli armamenti della nave. Fa'nee, sempre dal display, notò che Jar stava sussurrando qualcosa alla donna con molta discrezione. Più la osservava e più si convinceva che doveva essere stata lei ad aprire il fuoco, ad uccidere il commodoro, perché è da quella postazione che viene regolata la potenza dei raggi caloriferi.

Ne era certa. Era lei l'assassina. E per questo iniziò ad odiarla.

Ma un'altra domanda affollò la mente della Cangiante: come poteva conoscere che la postazione in cui si trovava Tarev era proprio la postazione degli armamenti? In fondo erano inquadrate diverse postazioni sul ponte e per lei era la prima volta che saliva su di una nave della Confraternita.

O forse non lo era.

Altri ricordi iniziarono ad accavallarsi in maniera più nitida nella mente di Fa'nee. Un macabro pensiero le suggerì che un tempo, in un'altra vita, aveva lavorato in quegli ambienti, tra quella gente.

Il suo sguardo era fisso su quello della ragazza, come se attraverso il display potesse comunicare l'odio che provava nei suoi confronti. E Tarev parve ricambiare quell'odio, almeno quando per pochissimi secondi fissò la telecamera. Poi entrambi scomparvero dall'inquadratura e dirigendosi verso l'uscita del ponte.

– Ci tenevo a farle personalmente i miei più sentiti complimenti, aviatore. Un giorno mi racconterà di come ha avuto l'intuizione di verificare i registri delle piattaforme, quello è un lavoro che viene scandagliato dai sottufficiali, – disse Jar, mentre si avvicinava al reparto medico della nave, accompagnato dall'aviere scelto.

– Solo fortuna, generale. Erano anni che cercavo di capire perché i registri delle piattaforme terrestri fossero mancanti di una intera serie. Le risposte che mi sono state fornite sono sempre state vaghe, accennando al fatto che, a causa di ripetuti aggiornamenti, alcune piattaforme sono state perse e smantellate, ecco perché non risultavano nei registri. Invece, a quanto pare, sono state trafugate dall'Armata e questa ne è la prova, – rispose Tarev, non nascondendo una certa soddisfazione.

– La cosa che mi ha sorpreso è che non pensavo di trovare il commodoro Yanak su un veicolo del genere.

– Anche quella pura fortuna, suppongo... – replicò Tarev, facendo spallucce, mentre osservava nei grandi occhi sempre lucidi del generale la propria immagine e i suoi due occhi brillare di due colori distinti.

– Non adagiamoci troppo sugli allori, in ogni caso. La missione è sembrata a tutti una esecuzione pubblica e tale deve rimanere. Pochi sono a conoscenza che il nostro obiettivo non era il commodoro, – disse con tono impercettibile il generale.

– Aggiornamenti sul condannato Uno? – chiese alla ragazza con un velo d'apprensione.

– Sotto sedativi, ma dovrebbe riuscire a comunicare.

– E il collegamento subspaziale con Moon Dagger?

– È già stato stabilito dalla plancia, signore.

– Bene, aviatore. La segnalerò senz'altro per una promozione. Ora però devo ordinarle di andare nel suo alloggio, il colloquio con il condannato Uno è riservato e lei non è tra le persone autorizzate ad ascoltare. Proverò a mettere una buona parola anche su questo, per quanto possibile.

– Comprendo... – disse Tarev che invece non comprendeva affatto. Si limitò a fare quello che ogni bravo soldato dovrebbe fare: obbedire agli ordini. Dopo il saluto militare cambiò diametralmente direzione andando verso il ponte degli alloggi e osservando da lontano Jar entrare nel reparto medico della nave.

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