La piattaforma lasciava alla propria sinistra una teca cristallina dentro la quale vi era una piccola serra con alcuni tipi di piante tipiche della regione, alcune con diverse smagliature rossicce e rosa, altre invece totalmente arancioni che producevano dei fiori cilindroidi piuttosto singolari. Al livello del pavimento emergeva una targa in semplice ferro, dove vi erano incise le seguenti parole, rigorosamente scritte nella lingua standard: "Alla Confraternita, a voi fratelli tutti e agli anni di pace che verranno."
Mentre Daniel saliva sulla piattaforma, vi era all'esterno uno degli ufficiali dell'Aeronautica, un maggiore probabilmente, con le braccia rigide dietro la schiena e che faceva strada al dottore dentro la piattaforma.
Le piattaforme utilizzate dalla Confraternita erano decisamente versatili, modificate da soli pochi anni installando alcuni impianti per prevenire eventuali attacchi cybercriminali di alcune fazioni interne minori e la conseguente installazione e implementazione di un sistema di navigazione più efficiente, appositamente progettato per ricoprire una distanza maggiore di una decina di unità astronomiche rispetto alle piattaforme della generazione precedente. La loro singolarità era proprio nella loro struttura, una semplice base con uno spessore poco più che trascurabile, all'incirca di un decimetro, le unità motrici installate nel retro e una cappotta trasparente fatta di una lega di tellerio particolarmente sottile ma altrettanto resistente che lasciava intravedere l'interno. L'estensione di circa dieci metri quadri della piattaforma rendeva l'abitacolo confortevole e spazioso per un trasporto massimo di cinque persone di stazza media, il tutto corredato di poltroncine cuneiformi, rosse e con il simbolo della Confraternita ovunque, impresso sul pavimento, sui braccioli, quasi ossessivo; non vi era differenza tra cabina di pilotaggio e abitacolo in quanto le poltroncine erano fissate a distanza stabilita, esclusa quella del pilota, e la propulsione ad impatto era in grado di ricoprire distanze molto brevi, necessari ai viaggi tra lune di uno stesso pianeta o di pianeti molto vicini nei sistemi stellari.
Appena entrato, Daniel sentì chiudere il portellone alle sue spalle e vide il maggiore dalla cappotta fare il saluto militare al pilota, mentre attendeva il decollo. Dalla cappotta si potevano intravedere, sotto forma di ologrammi, gli schemi della piattaforma con vista di profilo, frontale e laterale, le informazioni relative al pilota, al percorso e alla base orbitante 202, ovvero la destinazione. Il pilota era natio del pianeta Barikl, un mondo piuttosto deserto e con pochissime città isolate che formavano stati a se stanti e la cui razza ricorda molto le nostre specie ittiche. Le informazioni riportavano che il suo nome era Jar, generale dell'aeronautica spaziale associata alla Confraternita.
– Benvenuto a bordo, dottore. Arriveremo sulla base stellare 202 tra quindici minuti esatti, si goda il viaggio. – scandì meglio che poté in lingua standard e schiarendo più volte la voce. Le specie senzienti di Barikl hanno quelle che potremmo definire come corde vocali piuttosto flebili, quasi inesistenti, quindi anche con l'ausilio di un amplificatore era difficile emettere suoni che assomigliassero alla lingua standard.
Daniel non aveva mai amato viaggiare, era un ricercatore e non amava muoversi da un pianeta ad un altro, e quando lo faceva era sempre in nome della ricerca e della scienza e per di più il tutto era sempre profumatamente ricompensato dalla stessa Confraternita.
Rispose a Jar con il suo tono impassibile:
– Spero sia qualcosa di importante, l'ultima volta che sono stato convocato per una riunione su una base stellare ho dovuto passare otto anni rinchiuso!
– Mi creda, è di vitale importanza per la sopravvivenza della Confraternita, ma non sono autorizzato a dirle altro... – rispose Jar, mentre silenziosamente faceva decollare la piattaforma verticalmente e piuttosto silenziosamente, altro pregio di questi veicoli.
– Non sapevo che la Confraternita avesse segreti così improrogabili da doverne discutere con il sottoscritto... – replicò Daniel, mentre lentamente alzava lo sguardo e notava che le informazioni olografiche tendevano a cambiare continuamente indicando ora l'altitudine, ora la velocità, ora la distanza percorsa. Jar non rispose, gli sembrava più una provocazione che un voler continuare una conversazione. Si limitò a virare e a delineare il corretto tracciamento della rotta prefissata digitando qualcosa sul pannello fuoriuscito alla propria sinistra mentre con quella che sembrava una mano teneva ben stretta la cloche del timone.
L'immagine del pianeta Beta-Uno che si allontanava rapidamente e l'avvicinarsi del pianeta Arkantiis creavano un panorama a dir poco suggestivo. Arkantiis appariva molto più grande di quanto in realtà non lo fosse; con i suoi quindicimila chilometri di diametro il pianeta fu catalogato come pianeta di classe N, inadatto alla vita per le alte temperature superficiali e per l'elevato effetto serra, per lo meno non adatto alla vita come siamo abituati ad intenderla. Dalle ricerche effettuate risultava che fossero davvero molto pochi gli indigeni di Arkantiis e che si nascondessero tutti nella zona ad ombra del pianeta, il quale non compiva moto di rotazione attorno al proprio asse ma volgeva sempre la stessa faccia verso la stella del sistema Beta; la maggior parte delle persone qui viveva in colonie termicamente isolate dal pianeta, create per sfruttare le varie miniere di buranio, minerale utilizzato per il rivestimento esterno delle astronavi di classe A e B.
Daniel, comodamente seduto alla propria poltroncina, era del tutto inerme allo spettacolo che gli si stava proponendo davanti. Lasciando l'atmosfera di Beta-Uno si iniziava ad intravedere il profilo della galassia, una striscia biancastra, luminosa ma di per sé indiscreta rispetto ad Arkantiis che ora splendeva in tutta la sua luce; il pallore rossiccio era diventato ora un rosso fuoco e si iniziavano a distinguere le cinque colonie principali, tutte intorno al polo nord del pianeta. La luce si rifletteva attraverso la cappotta e penetrava l'abitacolo. Un fascio di quella luce proveniente dal pianeta si rifletteva contro il terminale di Daniel, distogliendogli la vista e creando uno splendido gioco di riflessi tra il rosso e l'amaranto.
Si alzò in piedi, si diresse verso la paratia esterna e poggiando una mano sulla cappotta osservava silenzioso. La pressione sulla cappotta attivò il computer centrale che iniziò a mostrare informazioni circa il pianeta, dal punto di vista geologico, morfologico, sulle forme di vita presenti e rilevate, se vi erano esponenti della Confraternita, insomma una serie di informazioni piuttosto inservibili al momento.
– Ricordi di un passato che non possiamo più cancellare... – mormorò quasi impercettibilmente, scuotendo lievemente la testa, mentre ritornava alla propria poltroncina sospirando.
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Hellbird
Science FictionUn enigmatico messaggio dal futuro, intrighi e cospirazioni all'interno di diverse fazioni, una nuova teoria fisica in grado di poter far vivere entità virtuali nel mondo reale, rimpianti che continuano ad emergere da un passato oscuro, continui e v...