Episodio 4.5

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Tutto accadde in fretta, troppo in fretta.

Gli occhi di Fa'nee si riempirono delle immagini di un fuoco che iniziò a divamparsi in tutto l'abitacolo, mentre il pavimento sotto i suoi piedi nudi diventava sempre più rovente. Violenti scossoni la fecero sobbalzare, provocando l'interruzione della gravità artificiale per diverse volte. Il suo corpo era oramai una trottola, sviscerata e annichilita dal mare infernale che la circondava. Non riusciva a compiere nessun movimento. Qualcuno o qualcosa stava attaccando le due donne senza pietà, con insistenza, senza lasciare alcun margine di risposta al fuoco.

Il modo più veloce per distruggere una di quelle piattaforme era far saltare i bocchettoni che portavano il propellente altamente infiammale, facendo esplodere tutto in pochissimi secondi. Ma i loro carnefici evidentemente desideravano godere vedendo soffrire le vittime, prima di concedere loro l'onore della morte.

Ancora bruschi scossoni si susseguirono mentre il veicolo stava lentamente bruciando al suo interno. Anche i piedi di Fa'nee si stavano bruciando a contatto con il fuoco. Soffriva, ma non poteva badare al dolore, doveva salvare Yanak che ormai era esanime a terra. Ogni volta che la gravità artificiale si ristabiliva si sentiva il rumore delle ossa di Yanak fracassarsi e sgretolarsi sul pavimento. Il fuoco non l'avrebbe uccisa data la sua natura, ma gli impatti duri sul pavimento sì. Non sarebbe sopravvissuta a lungo.

Doveva salvarla. A tutti i costi.

Non per etica, non per rispetto, ma per le risposte che ancora doveva avere.

Cercò di strisciare, facendo leva sugli avambracci, tra le fiamme, mentre la cappotta della piattaforma iniziava a mostrare i primi segni di cedimento strutturale. Doveva raggiungere il quadro dei comandi per capire cosa stesse accadendo, per poter fare qualcosa, per capire come poter fuggire. Un ultimo scossone fece sballottare Fa'nee, provocandole diverse contusioni e una copiosa scia di sangue dall'alto del torace. Poi un intenso fascio di luce colpì la zona ventrale della piattaforma, aprendo una enorme fessura attraverso il vuoto spaziale che fece uscire l'atmosfera artificiale, all'interno dell'abitacolo. Il tutto ora era calato nel silenzio più assoluto del vuoto spaziale. Non c'era più nulla da fare, la piattaforma era irrecuperabile. Presto lei e Yanak sarebbero state risucchiate a causa della differenza di pressione.

Erano condannate.

L'energia rigenerativa di Fa'nee sarebbe servita a poco senza ossigeno nel vuoto.

Yanak ebbe il tempo di aprire gli occhi e vedere la sua sottoposta che stava ardendo viva, conscia che entrambe sarebbero morte. Forse morire in quel modo avrebbe potuto rappresentare una fine gloriosa per lei; dopo aver passato una vita intera a combattere, sarebbe morta libera, abbandonando il suo corpo allo spazio. Concedette un ultimo sguardo a Fa'nee, in lacrime che stava bruciando viva davanti a lei, almeno non sarebbe morta da sola.

Ma il destino non le concesse nemmeno questo privilegio.

Mentre Yanak socchiuse le palpebre la figura di Fa'nee sparì improvvisamente, come se fosse stata strappata dalla morte. Così Yanak rimase sola dinnanzi alla Morte.

Il commodoro iniziò a ridere istericamente, mentre dalla penombra iniziava a palesarsi la sagoma di una nave formata da pannelli tutti completamente bianchi e che mostrava un enorme simbolo nero inciso sullo scafo: due mani imposte attorniate da una corona d'alloro e quelle maledette spade incrociate che formavano una "x" in basso.


– LIBERTÀ! – urlò silenziosamente.


Poi, finalmente, la Morte la liberò dal suo corpo.

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