Episodio 3.2

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– Un pezzo inutile, ma è stato sufficiente per rintracciare il percorso della navicella. E' stato Krix a trovarlo, mentre installava dei radiofari nel canale tra le due galassie.

– Krix! E' ancora vivo!

– Certo, ed è rimasto a combattere, a differenza tua che sei fuggito abbassando le antenne e fregandotene della nostra causa. L'universo è grande ed ero sicura che stessi viaggiando il più lontano possibile. Inizialmente pensai che ti fossi diretto verso il sistema Laurentino o verso le zone neutrali della nostra galassia, ma non avrei mai creduto che ti fossi inoltrato così lontano, rischiando di essere individuato sia dalla Confraternita che dall'Armata

In effetti i viaggi intergalattici nel ventinovesimo secolo erano piuttosto pericolosi. L'unico modo per poter viaggiare tra due galassie era utilizzare un canale di radiofari, date le enormi distanze. I radiofari erano dei dispositivi in grado di trasformare la materia in energia, scomponendola a livello subatomico e trasferendola ad una velocità di gran lunga superiore alla luce al radiofaro successivo, come un ripetitore; così via fino all'ultimo radiofaro che ricomponeva la materia. Se vogliamo è un po' quello che succede quando parliamo al telefono, il segnale viene trasmesso da un interlocutore, passa per dei fili attraverso un percorso preciso e infine viene riprodotto nell'apparecchio di chi ascolta.

Ma questo tipo di tecnologia era totalmente in possesso della Confraternita e ovviamente tenuta sotto stretta sorveglianza. Tuttavia c'era un altro modo per compiere questo tipo di viaggio: rimanere in stasi per un lungo periodo di tempo, finché la nave con le proprie forze non avesse raggiunto la destinazione designata. E questo è proprio quello che fece Hawick.

Hipatia indicò con lo sguardo una delle taniche presenti nel bar.

– Ho sete...

Hawick si voltò, prendendo un piccolo imbocco di una bevanda rinvigorente dal colore violaceo ricavata dall'estratto di clorofilla degli alberi a foglia larga di Crystania. Riempì l'imbocco fino all'orlo e lo porse a Hipatia. Ritirò il piumaggio, scavalcò il bancone e si sedette accanto alla donna che stava cominciando a bere a piccoli sorsi.

– Mi sei mancata...tantissimo. – sussurrò.

– E tu allora? – sbraitò crudelmente Hipatia, – Come credi che mi sia sentita durante tutto questo tempo? Sono arrivata perfino a volermi uccidere, non aveva senso continuare ad andare avanti senza la mia luce, senza il mio faro. E ora che ti ho trovato non sono nemmeno più sicura che tu sia la stessa persona che ho lasciato, — proseguì a piccoli singulti, — io ti ho amato...e forse ti amo ancora.

Un fremito di piacere percorse la schiena di Hawick. Hipatia proseguì

– La tua irruenza, il tuo modo così unico di poter vedere le cose che contano, avrei dimenticato tutto, tutto per poterti avere solo un secondo in più accanto a me.

Una dichiarazione d'amore ineguagliabile che fece sussultare ancora una volta Hawick.

La desiderava.

Stava per lasciarsi andare ai suoi istinti mentre si avvicinava alla donna, rimanendo a pochi centmetri di distanza dal suo volto. Oramai si stava giocando tutto, pur sapendo che il rischio di venire allo scoperto era elevatissimo in quel momento.

Hipatia si ritrasse e con un violento movimento scaraventò l'imbocco sul pavimento, facendolo rompere in diversi pezzi.

– Vigliacco!

Iniziò a singhiozzare, coprendosi gli occhi con le zampe e raggomitolandosi a terra, vicino allo sgabello, il tutto mentre si udiva un flebile ronzio del robot delle pulizie che si faceva spazio, aspirando con un miniaturizzato sistema di ventilazione i vari pezzi dell'imbocco rotto per poterne in seguito ricavarne uno nuovo. Non veniva sprecato nulla su Horus, date le poche risorse naturali che il pianeta poteva offrire.

All'improvvisa reazione di Hipatia, Hawick si alzò dallo sgabello, osservandola nelle sue fattezze. Intrinsecamente affascinante, anche dopo essersi accanita contro di lui. Preso da un impeto di paura decise di uscire fuori; non aveva il coraggio di avvicinarsi a lei, forse perché aveva messo oramai troppa distanza tra lui e le cose che contavano davvero, o più semplicemente perché non sopportava vedere una donna piangere.

All'esterno l'atmosfera era gelida. Si sfioravano i 270 K (-3 °C) mentre le piccole stradine di Crystania erano totalmente ghiacciate e ricoperte da lastre decisamente spesse che lasciavano però intravedere una sorta di asfalto biologico. Tutt'intorno al bar si eregevano le varie abitazioni. Erano organizzate in piccoli prefabbricati a forma di parallelepipedi tutti più o meno simili, con un'unica finestra e dello stesso color rame. Gli abitanti di Crystania non avevano occhio per il buongusto, l'importante era che le cose funzionassero. Alle spalle della città vi era una piccola catena montuosa, un po' brulla ma graziosa alla vista e ancora dietro si imponevano degli enormi ghiacciai, la loro fonte primaria d'acqua.

Nonostante la poca distanza che separava Horus-Quattro dalla stella, Crystania si trovava nell'emisfero meridionale del pianeta, quindi le radiazioni, specie quelle ultraviolette, e il calore non arrivavano mai in maniera intensa, facendo vivere agli abitanti di Crystania un inverno piuttosto rigido e lungo ed un'estate breve e afosa.

Non c'era nessuno in giro.

Strano.

Che gli abitanti del pianeta fossero poco affabili si sapeva, ma Hawick era abituato ad osservare la poca gente che si incamminava tra le viuzze della cittadella.

Ma non c'era anima viva.

Solo un assordante silenzio.

Alzò il capo verso il cielo tetro di quella mattina: stava iniziando a nevicare. Piccoli fiocchi di neve cristallizzati cominciavano a piombare umilmente sulla cittadina, posandosi sulle case e scivolando sul ghiaccio. Ma Hawick notò un'altra cosa nel cielo. Oltre le nubi riuscì a distinguere un piccolo luccicante bagliore rosso, poi un altro piccolo bagliore verde. Fu un attimo. Poi scomparvero tra la massa di neve che continuava a scendere sempre più copiosa.

Ma tanto bastò per insinuare in Hawick una terribile e cruenta verità. Conosceva solo e soltanto una cosa che avrebbe potuto emettere quel tipo di luce: un drone.



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