Scoprirsi

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Hola!
Questo capitolo, anche se potrebbe passare inosservato, in realtà ha una grande importanza perché inizia a segnare un punto di svolta nella storia...vediamo se riuscite a capire perché!

Vi dico inoltre di prepararvi perché nel prossimo scoppierà una bomba: il titolo, vi anticipo, sarà Mistletoe (tradotto, vischio)...qualcuno riesce ad indovinare cosa succederà?
Ci vediamo nei commenti ⭐️⭐️⭐️

Abbandonai la testa all'indietro con soddisfazione fino a farle toccare il muro, mentre rilassavo le gambe e sentivo qualcosa più in basso distendersi, finalmente.
Lo schermo del computer di fronte a me continuava a mandare avanti un video porno di livello non troppo alto, ma che era comunque riuscito a dare i suoi frutti.
Il respiro era ancora affannoso, ma finalmente mi sentivo rilassato.
Così rilassato, pensai, che avrei perfino potuto fare qualcosa di estremo e spaventoso, un'attività che tutti quei libri sulla scrivania continuavano a suggerirmi: studiare.
Infilai un paio di boxer puliti, poi mi avvicinai allo specchio.
Sul mio viso era sparita qualsiasi traccia di stress, lasciando posto a quegli occhi vispi e soddisfatti tipici del post-sesso.
Certo, masturbarmi non riusciva a darmi il piacere che una vera scopata avrebbe potuto fare, eppure in quei giorni stava risultando una valida alternativa.
Cheryl era infatti quasi sempre impegnata a studiare per un imminente esame (cosa che, tra parentesi, avrei dovuto fare anch'io) e, per qualche strano motivo, l'idea di chiamare una tipa qualsiasi non mi entusiasmava affatto.
Forse mi stavo davvero trasformando nel Don Giovanni di Kierkegaard, come Emma mi aveva definito: perennemente alla ricerca del piacere, ma non di uno qualsiasi, solo di quello migliore, il più raffinato ed eccitante.
Ed il sesso migliore della mia vita, fino a quel momento, io lo avevo fatto con Cher.
Ecco perché non avevo voglia di accontentarmi, non più.
L'unica persona che desideravo più di lei, dovevo ammetterlo, era Emma.
Lei che non potevo avere e che, forse proprio per questo, volevo sempre di più.
Nonostante questo però, nell'ultimo mese avevo fatto grandi progressi.
Dopo il nostro discorso in aula infatti, quello in cui avevamo deciso di voler provare ad essere amici, il nostro rapporto si era spogliato di quell'imbarazzo e di quella tensione sessuale papabile.
Certo, il modo in cui la guardavo doveva continuare a suggerirle pensieri poco casti, eppure ero riuscito a smettere di dimostrarglielo e lei, dal canto suo, aveva finalmente smesso con la bipolarità.
Era più rilassata adesso, meno sul piede di guerra.
E, se questo aveva fatto quasi scomparire il suo innocente modo di rispondere ai miei approcci, almeno mi stava tenendo al riparo dai suoi sbalzi d'umore e della sua parte stronza, sempre da qualche parte in agguato.
Tra lei e Cole, invece, le cose sembravano andare alla grande.
Avevano chiarito la fuga di lei dopo che lui le aveva dichiarato il suo amore e poi erano andati avanti, risultando al mio occhio esterno sempre più affiatati.
E sarei stato un ipocrita a dire che questo non m'infastidisse almeno un po' ma, a dirla tutta, quello che avevo provato e provavo per Emma non era altro che puro desiderio.
Non c'era un sentimento forte alla base, non c'era altro che potesse suggerire una gelosia nei suoi confronti.
L'unica cosa che mi irritava era che non potessi portarla a letto, bearmi di quella bellezza così innocentemente sexy.
Ma se questo era il prezzo per far felice Cole, potevo tranquillamente sopportarlo.
Mi complimentai con me stesso a quel pensiero: stavo davvero diventando una persona migliore.
Così tanto che, quasi quasi, avevo perfino voglia di studiare.
Decidi quindi di prepararmi un the prima di iniziare ma, proprio mentre mi accingevo a scendere le scale, ecco che il campanello suonò.
Non avevo idea di chi potesse essere.
Cole, mia madre e mio padre erano a lavoro e, guardai l'orologio, era decisamente troppo presto perché rincasassero.
Mi avviai dunque alla porta e, alla maniera americana, l'aprii senza neppure chiedere chi fosse.
<< Emma! >> esclamai, stupito.
Quando si dice: pensi al diavolo e spuntano le corna.
<< Ehi >> mi salutò con due baci sulle guance, un'altra novità a cui non mi ero ancora abituato << Cole è in casa? >>
Feci cenno di no con la testa.
<< Il sabato pomeriggio dà una mano allo chalet >> le spiegai, sentendomi poi quasi in dovere di aggiungere << Io lo faccio di domenica >>
Emma annuì, prendendo poi a girarsi una ciocca di capelli biondi attorno ad un dito.
E, se c'era qualcosa che avessi capito di lei in due mesi che la conoscevo, era che lo facesse solo quando si sentiva in imbarazzo.
<< Puoi aspettarlo qui >> tentai quindi di smorzare la tensione, nonostante una buona parte di me fosse impreparata ad un suo assenso.
Cosa avremmo fatto una volta dentro?
Un conto era comportarsi da amici per quei dieci minuti di conversazione all'università, ma tutt'altro farlo quando ci ritrovavamo da soli, in una casa vuota e silenziosa.
Non sapevo se fossi pronto a tanto, se il mio autocontrollo e buonsenso potessero spingersi tanto più in là.
Eppure fui costretto a scoprirlo perché, contro ogni previsione, Emma accettò.
La seguii quindi verso l'interno, prendendole il cappotto ed appendendolo all'attaccapanni.
Indossava un semplice maglione a collo alto e un jeans aderente, il naso rossissimo per il freddo e i capelli un po' scompigliati, un po' ancora infilati nel maglione.
<< Posso farmi un the? >> domandò, forse per spezzare quel fastidioso silenzio << Sto morendo di freddo >>
<< Tutto quello che vuoi >> le sorrisi quindi, aggiungendo un ostentato << Mi casa es su casa >>
Lei ridacchiò mentre, incamminandosi verso i fornelli, si voltava a guardarmi divertita.
<< Adesso parli anche spagnolo? >>
<< Ehi! Ho vissuto per un anno a Madrid >>
Sollevò un sopracciglio, stupita e vagamente scettica.
<< Dici sul serio? >>
Il primo istinto fu chiedermi come facesse a non saperlo: ero solito inserire qualche riferimento alla Spagna in molti dei miei discorsi, avevo la camera tappezzata di fotografie e chiunque mi conoscesse me ne aveva sentito parlare almeno una volta.
Ma poi ci riflettei su e capii.
Emma non mi conosceva.
Non sapeva quasi nulla di me, proprio come io non sapevo chi fosse, ad eccezione dei suoi capelli biondi e del suo fisico mozzafiato.
<< Scambio interculturale >> le spiegai quindi << Avevo 17 anni >>
<< Wow, che figata! >> commentò lei, voltandosi poi per recuperare una tazza dalla credenza.
Si sollevò sulle mezze punte e il maglione con lei, lasciando che un lembo di pelle chiara diventasse palesemente visibile.
Calma i tuoi ormoni, Mike.
Abbiamo detto amici.
A.M.I.C.I.
<< Quindi fammi capire >> riprese poi << Non sei mai stato a San Francisco, che è a meno di un'ora da qui, ma hai vissuto dall'altra parte del mondo? >>
Mi venne quasi da sorridere per quanto, effettivamente, quell'idea fosse assurda.
<< Ebbene si! >> affermai << Tu invece? Hai viaggiato? >>
Annuì, poggiando il pentolino d'acqua sul fuoco ed appoggiandosi poi con il sedere al ripiano della cucina, l'atteggiamento di chi ci si vorrebbe sedere ma non ha la certezza di essere autorizzato a farlo.
<< Oh si, tanto. La Russia, il Marocco, l'Italia... >>
<< Com'è l'Italia? >> la interruppi subito, interessato da quel discorso così lontano dalla mia esperienza.
<< Diversa >> rispose << Insomma, magari le grandi città sono tutte uguali, ma io ho visitato dei paesini della Toscana, nel centro >>
Aveva lo sguardo tipico di chi si sta perdendo nei propri pensieri, di chi vede dietro alle sue pupille un ricordo messo ben a fuoco.
<< Lí non ci sono tutti questi grattacieli, tutta questa fretta, questa freddezza >> raccontò << È tutto più armonico, pieno di colori e di vita, di calma, tranquillità >>
<< Deve essere bello >>
Annuì sorridendo con dolcezza, come chi ha vissuto qualcosa di bello ed è felice che qualcuno gli abbia finalmente chiesto di raccontarlo.
<< E, se tu potessi, dove ti piacerebbe andare? >>
Ci pensai su.
Il mondo era così immenso e le opportunità così infinite che sarebbe stato impossibile dare una risposta certa, un unico luogo che sarebbe riuscito a placare la mia sete di vivere.
Un po' come con le donne, l'incertezza di non sapere mai se la scelta fatta sia davvero quella più giusta o se ci fosse un'alternativa migliore che non si era considerata.
<< Non lo so, forse la Grecia >> risposi allora quella che mi sembrava una risposta giusta, anche se non l'unica << La patria della filosofia >>
La sua espressione fu vagamente stupita.
<< Ma allora ti interessa davvero! >>
Mi sentii quasi offeso davanti a quell'esclamazione.
<< Cosa credevi? Che venissi all'università solo per perdere un po' di tempo? >>
Mosse la mano in un gesto che era a metà tra una negazione e un'assenso.
Ed allora, anche se non ce n'era motivo, mi sentii quasi in dovere di spiegarle qualcosa di me.
Ma forse dovere non è neppure la parola corretta.
Sentii semplicemente di volerlo fare, di desiderare che cominciasse a guardarmi in modo diverso, almeno sotto quell'aspetto.
Desiderai che mi capisse perché qualcosa mi diceva che, se l'avesse fatto, poi in fondo le sarebbe piaciuto.
<< Mia madre stava per laurearsi in filosofia, poi ha avuto due gemelli e ha dovuto trovare il modo più veloce per mantenerli che, certamente, non era continuare a studiare >> cominciai, avvicinandomi a lei per spegnere il fornello.
<< Quindi hai scelto questa facoltà per lei? >>
Sollevai le spalle.
<< Un po' si e un po' no >> mormorai, versando l'acqua bollente nelle tazze.
Aveva dato per scontato che anch'io volessi del the e questo, per qualche motivo, mi piacque.
Mi diede l'idea di una confidenza maggiore che, forse, si stava vendendo a creare.
<< Desideravo continuare ciò che lei aveva interrotto, ma allo stesso tempo ho scoperto di avere una passione reale per la filosofia >>
Sentivo il suo sguardo su di me e mi resi conto che, per la prima volta, mi stava guardando davvero.
Non il Mike spavaldo, quello sicuro di sè che ci provava con lei e la metteva perennemente in imbarazzo...no, quello che stava guardando adesso era il Mike reale, il Mike tutto incoerenze ed insicurezze, spigoli e ammaccature.
<< Posso sembrare un cretino Emma, ma ti assicuro che non lo sono >> le dissi << Mi piace ragionare sulle cose, pormi delle domande, elaborare il mio punto di vista tenendo conto del contributo altrui e... >>
<< Non ho mai pensato che lo fossi >> ci tenne a precisare subito, continuando a tenere lo sguardo fisso su di me.
<< Solo che mi hai stupita >> pronunciò prima quella frase tastando il terreno e poi, solo quando fu certa di poter azzardare, aggiunse << Piacevolmente stupita >>
Le sorrisi leggermente, ma qualcosa era cambiato.
L'aria si stava caricando nuovamente di qualcosa che aveva poco a che fare con l'amicizia.
Saranno stati i suoi occhi che mi vedevano per la prima volta per com'ero davvero, sarà stata la profondità di quel discorso, ma mi sentii di dirle una cosa che avrei voluto sapesse fin dal primo giorno.
<< Io e Cole non siamo il fratello buono e quello cattivo >>
Mi guardò senza capire, ma c'era un senso dietro a quelle parole.
<< Prima di conoscere te il suo atteggiamento con le ragazze era uguale al mio e, chissà, magari se incontrassi la persona giusta anch'io diventerei com'è lui adesso >>
Schiuse le labbra, pronta a dire qualcosa, quando ecco che il suono del campanello ci interruppe.
Ed un'altra volta in quella giornata, mi chiesi chi cavolo potesse essere.
Ed un'altra volta in quella giornata, non tirai ad indovinare perché avrei sicuramente sbagliato, ma mi limitai ad aprire la porta con curiosità.
<< Buonasera raggio di sole! >>
La voce pimpante di Cheryl mi fece sorridere prima ancora del suo bacio, uno stampo sulle labbra accompagnato da un abbraccio dato con slancio.
Non ci vedevamo da quasi una settimana e, dovevo ammetterlo, avevo sentito la sua mancanza, cosa che in qualsiasi altro momento mi avrebbe portato a saltarle addosso anche senza preoccuparmi di chiudere la porta.
Ma sapere che Emma era dall'altra parte della stanza, per qualche ragione, fece si che mi frenassi.
Invitai infatti Cheryl ad entrare, ma senza accennare ad un contatto più intimo di quello che c'era stato sull'uscio e che una piccola parte di me sperava Emma non fosse riuscita a vedere.
<< Ciao Cheryl! >> esclamo quest'ultima, sorridendo mentre sorseggiava il suo the.
L'espressione della mia amica mutò completamente: era venuta da me per farmi una sorpresa e, invece, la sorpresa gliel'avevo fatta io.
<< Ehi >> si limitò infatti a mormorare, afferrando l'altra tazza (quella che una volta era la mia) ed imitandola.
<< Come mai sei qui? >>
<< Aspetto Cole >>
<< Ah...>> Cher fu veramente poco credibile nel suo << ...capisco >>
Quello che capiva in realtà era tutt'altro, glielo si leggeva negli occhi.
Non sopportava Emma, proprio per niente.
E la bionda, dal canto suo, non sembrava da meno.
Mi sentivo in trappola, schiacciato tra due muri di diffidenza.
<< Come va tra voi? >> domandò ancora Cher, lasciando in sospeso l'oggetto di quella sua domanda.
<< Intendi tra me e Cole? >> chiese infatti Emma, confusa e anche vagamente irritata da quella conversazione.
La rossa sorrise appena, provocatrice.
<< È lui il tuo ragazzo, giusto? >>
Emma incassò il colpo, rivolgendole una smorfia d'odio che sarebbe dovuta sembrare un sorriso divertito dalla battuta.
Ma quella non era stata una battuta, bensì una frecciatina vera e propria, una di quelle con la corda dell'arco ben tesa.
<< Credo sia meglio che vada >> mormorò infatti Emma, alzandosi in piedi ed avviandosi verso l'appendiabiti per recuperare il suo cappotto << Dì a Cole che sono passata >>
Io annuii, accompagnandola alla porta.
Avrei voluto dirle di restare, ma non sarebbe stato giusto.
Cheryl avrebbe continuato a punzecchiarla e lei, ne ero certa, non avrebbe avuto niente con cui controbattere.
E non perché non avesse carattere, quanto piuttosto perché non aveva scusanti: ciò che Cheryl diceva era vero, solo che non aveva alcun diritto di sbatterglielo in faccia.
E fu proprio questo che le dissi una volta che Emma se ne fu andata.
<< La difendi un po' troppo >> commentò piccata, alzandosi poi in piedi per avvicinarsi a me << Un po' di frecciatine non hanno mai ucciso nessuno >>
Sospirai.
Avrei voluto dirle altro, spiegarle perché avrebbe dovuto lasciarla in pace ma, quando poi prese a baciarmi il collo, improvvisamente non ricordai più neppure un motivo.
Il mio cervello aveva dato forfait.

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