Quel tuo maglione mio

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È atteggiamento prudente
non fidarsi mai
di quelli che ci hanno ingannato
anche solo una volta.

Cartesio

Le labbra contratte in una smorfia severa, le mani poggiate sui fianchi come una maestra che ti ha appena beccato a copiare dal tuo compagno di banco.
Aveva l'espressione e la postura di chi non vede l'ora di prenderti a schiaffi, gli occhi verdi e grandi che mi guardavano con stizza.
Restammo qualche secondo in silenzio, a fissarci, io che cercavo in lei un minimo appiglio per non credere davvero che mi odiasse, lei che si ostinava a nascondermelo.
Però c'era quella felpa, quella vecchia stoffa grigia su cui era stampata una sgranata immagine di un gruppo indie che qualche anno prima mi aveva mandato in fissa.
Quella era l'unica cosa mia ancora su di lei.
E, prima di iniziare a blaterare, sperai davvero che fosse abbastanza.
<< Mi dispiace Cher, ho fatto un casino >>
Ma non mi diede neppure il tempo di articolare il pensiero.
<< Forse non ci siamo capiti >> sbottò infatti << Te.Ne.Devi.Andare. >>
Aveva scandito per bene ogni singola parola, il tutto senza mai sottrarre il suo sguardo al mio.
Non stava recitando alcun ruolo, non stava provando a fare la tosta: lei era così, aveva dei sentimenti così fragili e nascosti che, quando qualcuno riusciva a toccarli, nel bene o nel male che fosse, si richiudevano a riccio, si coloravano di un'indifferenza ostentata.
Era vero che voleva che me ne andassi, glielo leggevo nelle pieghe della sua espressione insofferente.
Ma io ero come lei, io quel suo muro lo conoscevo benissimo.
E sapevo come abbatterlo.
Sbattendoci contro.
<< Possiamo saltare la parte in cui mi zittisci e mi tratti male? >> le dissi quindi, caricando quelle parole di più antipatia possibile, perché sapevo che avrebbe scatenato in lei una reazione.
Ed era quello il mio obiettivo: farla reagire, farmi urlare contro magari, ma tirarle via quella patina di indifferenza che non mi permetteva di parlarle davvero.
<< Non possiamo saltare un cazzo >> urlò infatti << Devi solo lasciarmi in pace >>
<< No >>
Si stupì di quella mia risposta, glielo lessi in viso.
<< Non me ne fotte un cazzo dei tuoi vattene via: io resto qui fino a quando non mi fai parlare >>
<< E parla allora! >> sbottò << Sentiamo quante altre cazzate riesci ad inventarti >>
Un'altra persona sarebbe forse rimasta ferita dal suo modo di porsi e si sarebbe sentita scoraggiata dalle sue parole.
Ma io sapevo che più offese ricevevo, più la stavo toccando dentro.
E, in quel momento, riaverla era più importante del mio stupido orgoglio.
<< Ho sbagliato tutto con te, hai ragione >> cominciai quindi, sperando che le mie parole avessero un senso anche senza aver preparato alcun discorso << Ti ho offesa, trattata male, incolpata per qualcosa quando invece sei stata l'unica ad essere dalla mia parte, sempre >>
Smise di guardarmi, prendendo invece a camminare avanti e indietro per la stanza.
E fu lì che capii di aver smosso qualcosa, di aver crepato almeno un po' la sua maschera di noncuranza.
<< Sono stato incazzato con te per mesi e... >>
<< E penso sia arrivato il momento di dirmi il cazzo di motivo? >>
Deglutii, non m'aspettavo che riprendesse ad urlare, quel suo silenzio mi aveva dato sicurezza.
Ma aveva ragione: era arrivato il momento, si meritava la verità.
<< Lo sai il motivo. Hai baciato Cole e... >>
<< E che cazzo significa?! >> non urlò neppure, tanto era esasperata da quel discorso che avevamo già una volta affrontato senza successo.
Il punto era che si, si meritava la verità, ma io non avevo il coraggio di dirglielo.
Dirle cosa poi?
Le stesse cose che avevo detto a Steph, quelle frasi sdolcinate a cui avrebbe riso senza ritegno?
Dirle che avrei voluto stare con lei ma non avevo avuto le palle di dirglielo, che per mesi ero stato geloso di un bacio dato per gioco solo perché ero un insicuro?
No.
Mi sarei strappato la lingua piuttosto che fare l'ennesima figura di merda.
<< Lo sai cosa significa: tu mi avevi detto che Cole non t'interessava e... >>
<< E chi cazzo se ne fotte di Cole! >>
Aveva urlato, ancora.
Ma adesso, più che arrabbiata, sembrava disillusa.
Si appoggiò alla scrivania infatti e respirò lentamente per calmarsi.
<< Mike, il problema è che tu sei un egoista di merda >> scandì, cercando palesemente di contenersi per non riprendere ad urlarmi contro.
<< Tu vuoi scopare a destra e a manca, vuoi prenderti la ragazza di tuo fratello e vuoi fare quello che ti pare, ma vuoi anche che io me ne stia ferma in un angolo ad aspettarti >>
<< Non... >>
<< Zitto! >>
Sbuffò.
<< Tu andavi con cento ragazze, morivi dietro ad Emma ed io ho sbagliato a baciare Cole? >> gesticolava, tipico del suo nervosismo << Ma vaffanculo! >>
Il suo discorso non faceva una piega.
Ma non era egoismo il mio, su quello si sbagliava.
Era qualcosa che io non sapevo e non potevo spiegarle, era la gelosia incontrollata che mi appannava il cervello al saperla con qualcuno che non fossi io.
<< Hai ragione >> le dissi quindi, perché non potevo dirle altro << Sono un cazzone e sono egoista >>
Alzò gli occhi al cielo.
<< Perché mi stai dando ragione, Mike? >>
Mi venne quasi da ridere pensando a quanto bene mi conoscesse, abbastanza da non poter credere a quell'improvvisa resa.
Sollevai le spalle, ostentando normalità.
<< Perché ce l'hai, Cher >>
Non si fidava.
Neanche un po'.
<< E perché voglio smetterla con questo litigio e tornare come eravamo >>
Scoppiò a ridere, ma non era niente di vero.
Somigliava più alla risata che aveva sfoggiato Cole durante la nostra discussione, un qualcosa di ironico e ferito al contempo.
<< E tu pensi davvero che potremmo ritornare come prima? >> domandò fintamente divertita.
<< Perché no? >>
Forse perché non le hai parlato per mesi?
Forse perché adesso hai una ragazza? (Sempre che Emma voglia ancora parlarti.)
Forse perché non riesci più ad essere sincero con lei?
<< Perché io ti odio, Mike >>
E fu allora che dovetti usarlo, quel l'unico appiglio che mi era rimasto, quell'unica cosa che ancora ci teneva legati.
<< Mi odi, ma indossi la mia felpa >>
Impulsiva come soltanto una come lei poteva essere, ne afferrò i lembi rapidamente e la sfilò via, gettandola verso di me in malo modo.
Rimase in reggiseno e, quella che una volta era la cosa più banale del mondo, in quel momento mi sembrò assurda e...eccitante.
Erano mesi che non vedevo il suo seno, quelle curve in cui mi ero perso più e più volte, quella pelle chiara che ricordavo essere così morbida che...
<< Smettila di guardarmi le tette o ti cavo gli occhi >>
Scoppiai a ridere, non riuscii a trattenermi.
Nessuna ragazza al mondo si sarebbe mai spogliata per dimostrarmi il suo odio.
Nessuna, solo lei.
<< E se ti dicessi che anche quei pantaloni sono miei? >>
Non era vero ovviamente, ma non potevo resistere al piacere di provocarla, non adesso che finalmente stava iniziando a reagire.
<< Mike, per me posso anche restare nuda di fronte a te >> rispose piccata << Ormai non mi fa più effetto >>
Quelle parole un po' mi colpirono, ma c'era una parte di me che si rifiutava di crederci, la stessa che era rimasta aggrappata a quella felpa ormai sul pavimento.
Non era possibile che non provasse più nulla, neppure una semplice attrazione sessuale.
Non se io invece mi stavo eccitando alla sola vista del suo seno, seppur coperto.
Feci quindi qualcosa che non avrei dovuto fare.
E se fossi stato un po' meno coglione, un po' più rispettoso, un po' più fedele, non l'avrei mai fatto.
Ma il suo corpo era una calamita.
E non era del seno che parlavo, ma delle sue espressioni e dei suoi modi, degli atteggiamenti, del modo in cui si stava mordendo il labbro per il nervosismo.
E il suo sguardo indifferente che, ero certo, sarei riuscito a cambiare se solo me lo avesse permesso.
Non avrei dovuto farlo eppure lo feci, mi avvicinai lentamente, i miei occhi allineati con i suoi.
<< Adesso sei tu che dici cazzate >>
Sorrise ironicamente, scuotendo la testa.
<< Queste tecniche funzionano con le altre forse, ma con me non attacca >> esclamò << Se voglio sbatterti al muro lo faccio, non ho bisogno di questa suspance >>
Risi ancora.
Più era incazzata e più mi faceva ridere.
<< Io provo comunque, non si sa mai >> ammiccai, facendole alzare gli occhi al cielo vagamente divertita.
Continuai ad avvicinarmi, lo feci fino a quando la distanza tra noi fu così piccola che uno dei due avrebbe necessariamente dovuto annullarla.
Ma lei continuava a tenere lo sguardo fisso nel mio e fu allora che capii che non era più rabbia a delinearli: era sfida.
<< Perché non te ne torni dalla tua ragazza? >> mormorò, sicura di allontanarmi con quell'insinuazione.
Ed aveva ragione, avrei dovuto farlo, avrei dovuto lasciarla in pace.
Avrei dovuto farle delle scuse normali e poi andare da Emma, chiarire con lei.
Ma la verità era che, anche se c'avessi provato, nessuno dei miei muscoli si sarebbe mosso di un millimetro.
Non c'era nessuna forza che potesse vincere quell'attrazione.
Non Emma, non tutti i casini che avevo combinato.
Avere Cher lí di fronte a me, guardarla in quegli occhioni verdi e desiderare soltanto che cedesse a me...non riuscivo a pensare ad altro che a ciò, avevo il cervello completamente in panne.
<< Se avessi voluto parlare con Emma sarei andato da lei >> risposi quindi << Ma invece sono venuto qui >>
<< Oh, ma che onore! >>
Ridemmo entrambi e allora non riuscii più a resistere.
Non m'interessava vincere quella stupida sfida, tutto ciò che volevo era sentirla di nuovo.
Così fui io a baciarla, prendendole il viso con irruenza mentre lei ancora rideva.
Mormorò qualcosa sulle mie labbra ma non riuscii a sentirla mentre portavo le mani sul suo sedere per sollevarla e permetterle di stringermi le gambe attorno ai fianchi.
Con un piede spinsi la porta per chiuderla, visto e considerato che sua madre era a pochi metri da lì, ma non interruppi mai il contatto della sua bocca con la mia.
Mi stava aggrappata come un koala mentre camminavo verso il letto, scostando in malo modo i libri per permetterci di stenderci su di esso.
La volevo, la desideravo come mai prima d'ora avevo fatto.
E forse era la mancanza o forse la paura che avevo avuto di perderla, forse le parole non dette, forse il piacere di ritrovare quel tocco che ormai conoscevo così bene.
Qualunque cosa fosse, era fortissimo, totalizzante.
Mi posizionai sopra di lei, baciandole prima il collo, poi le spalle, scendendo sempre più voracemente verso il suo seno.
E lei nel frattempo mi sfilò il maglione, strusciando il bacino contro il mio come se non fossi già abbastanza eccitato.
<< E meno male che non ti facevo più effetto >> sussurrai, interrompendo per un attimo i baci sul suo ventre.
Ridacchiò.
<< Sta zitto che potrei ripensarci >> mormorò, ma nel frattempo mi spinse in modo da ribaltare le posizioni, ritrovandosi lei sopra di me.
Slacciò i jeans in pochi secondi, il tutto senza mai staccare gli occhi dai miei.
<< Non te la meriti una come me >> scherzò poi mentre le sue dita armeggiavano con i boxer.
E forse la mia risposta le parve dettata dal piacere, ma avrei potuto giurarle che lo pensavo davvero.
<< Nessuno la merita una come te >>
Mi baciò ancora, mentre io facevo fare ai suoi pantaloni la stessa fine dei miei e allungavo le dita per sfiorare la sua zona più sensibile, proprio come lei stava facendo con me.
Non stavo pensando a nient'altro che non fosse lei e il piacere che ci stavamo dando a vicenda.
Non m'interessava che sua madre sarebbe potuta entrare da un momento all'altro, che fino a cinque minuti prima stessimo litigando, che c'erano troppe cose che continuavo a non dirle.
E, paradossalmente, non m'interessava neppure di stare tradendo la mia prima vera ragazza, perché quello che stavo facendo sembrava così dannatamente giusto da annullare tutto il resto.
C'era solo Cheryl, solo i suoi capelli corti che ricadevano sul mio viso, le sue labbra che mordevano le mie, i nostri gemiti trattenuti a stento e la meravigliosa sensazione delle sue mani contro la mia intimità.
<< Cher...no...non ce la faccio più >> biascicai in preda al piacere, al che lei interruppe ogni movimento, sporgendosi verso il cassetto per tirarne fuori un preservativo.
C'era una tale complicità tra noi che bastava una mia parola o anche solo un'espressione per farle capire ciò che desideravo facesse.
E questo non mi era mai capitato, nè con le tipe con cui saltuariamente ero stato, nè tanto meno - mi dispiaceva ammetterlo - con Emma.
Ed entrare dentro di lei fu come rientrare in casa quando fuori c'è la tempesta: naturale, piacevole, desiderato.
Cercavamo di fare meno rumore possibile, ma la sua espressione mi bastava per intuire i gemiti che provava a contenere, con l'unico effetto di farmi godere ancora di più.
Stavo prendendo il controllo, completamente in balia della felicità che quel momento mi stava regalando.
E fu solo allora che, totalmente inaspettate, quelle parole finalmente arrivarono.
<< Ti amo >>

Come vi avevo promesso, ecco qui il capitolo molto prima del previsto!
Cosa ne pensate?
Sono pronta a sentirvi sclerare ahahah
E no, non vi dirò mai chi è a pronunciare la frase finale...dovrete leggere il prossimo per scoprirlo! ⭐️⭐️⭐️

Ps: come vi è sembrata la scena di sesso? Avevo paura di sfociare nel volgare, ma allo tempo non volevo neppure qualcosa di troppo accennato...fatemi sapere!

EmmaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora