Voglio solo te

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Hola!
Questa settimana mi sono successe tre cose bellissime e voglio condividerle con voi:
1) Home, la mia prima storia (che spero qualcuno di voi conosca, altrimenti ve la consiglio ahahah), ha vinto il concorso di @palaimiriam
2) La meravigliosa rachel539 ha speso delle bellissime parole per Emma nella sua storia, alla quale dovete assolutamente dare un'occhiata, rendendomi davvero felice; 
3) @Tamm98 ha iniziato a leggere questa storia e si è appassionata così tanto da crearmi la fantastica copertina che, da oggi, potete ammirare.

Cosa potrei chiedere di più? Siete meravigliosi!
Quindi godetevi questo capitolo⭐️⭐️

Ps: la canzone di oggi è Voglio solo te di Irama, a mio parere molto azzeccata.

Come mai
non mi sembri più tu?
Ma quanti cazzo di problemi ho?

Il mio coraggio sfumò nei suoi occhi quando, vendendomi avvicinarsi al suo tavolo, Emma scattò in piedi.
<< Andiamo via >> disse alla sua amica della quale continuavo ad ignorare il nome.
Con il passare dei giorni aveva preso ad evitarmi in maniera sempre più palese, ma il perché fosse nonostante ciò venuta allo chalet della mia famiglia continuava ad essermi ignoto.
La rossa si voltò incuriosita verso la fonte di tanta repulsione, certamente non stupita di trovarci la mia figura.
<< Ciao Micheal >>
<< Ciao...? >>
<< Rachel >> rivelò, con un sorrisetto di scherno.
Se Cher non avesse già avuto quel primato tra le mani, quella sarebbe sicuramente stata la rossa più stronza che conoscessi.
<< Devi dirci qualcosa, o vuoi semplicemente fissarci? >> domandò infatti infastidita.
Era chiaro che lo facesse soltanto per difendere la sua amica, eppure il suo atteggiamento aveva come unico risultato quello di scoraggiarmi sempre più.
Il Mike sicuro di sé, quello spavaldo che alle ragazze piaceva così tanto, sbiadiva di fronte ad una come Emma, a quegli occhi azzurri, a quell'espressione distaccata, al ricordo di quanto lei fosse invece stata diretta.
Avrei voluto avere la sua spontaneità, avrei voluto ritrovare la mia.
E invece me ne stavo lì, immobile e silenzioso, Emma che continuava a bere il suo milkshake guardando verso il basso.
Ma poi, proprio quando stavo per provarci, lei alzò lo sguardo, posandolo su di me.
E io lo vidi che mi stava pregando di dirle qualcosa.
Lo vidi e, da bravo coglione, mi rimangiai le frasi che m'ero poggiato sulla lingua.
<< Stiamo per chiudere >> dissi invece, sentendo dentro di me la voce martellante di mia madre che urlava: Buttati o ti butto io.
Ma io non ero in grado di farlo.
Non sapevo come si facesse a lasciarsi andare.
E non con la sua amica che mi guardava male, con i suoi occhi insieme delusi e speranzosi, insieme causa ed effetto del mio fallimento.
<< Okay, ce ne andiamo >> dichiarò Rachel, repentina e perentoria.
Perché ciò che era successo nel concreto era solo l'immagine sfocata di quello che davvero era stato.
Rachel mi aveva chiesto di smetterla di essere un codardo, di dare alla sua amica ciò che meritava, Emma mi aveva implorato di essere sincero con me e con lei, di smetterla di nascondermi.
Ed io?
Ed io avevo detto loro che stavamo per chiudere.
Che grandissimo coglione.

*

Ti ho detto passa,
ma non passa mai
ti ho detto basta,
ma non basta mai
se ho toccato il fondo
era solo per stare con te

Un'ora e due birre dopo, guidavo svogliatamente verso casa, mia madre accanto a me che guardava fuori dal finestrino con aria distratta.
Emma e Rachel se n'erano andate subito dopo la mia figura di merda, lasciandomi solo con gli ultimi clienti e gli ultimi pensieri.
Avevo sbagliato tutto con lei, fin dall'inizio.
Non avrei dovuto tentarla quando era fidanzata, non avrei dovuto spingerla a provare qualcosa per me se poi non ero in grado di ricambiarla.
O meglio, se ne ero in grado ma non sapevo come dirglielo, come fare per convincerla.
Come avrebbe potuto fidarsi di uno che era scappato non una, ma due volte, da lei?
<< Alla fine hai parlato con la biondina? >>
Non risposi, perché non volevo ammettere ad alta voce di essere un codardo.
Ma mia madre capí comunque.
<< E cosa stai aspettando, esattamente? >>
Un miracolo, probabilmente.
Un'iniezione di coraggio.
Lei sbuffò.
<< Adesso tu mi lasci qui a casa e poi corri da lei, é chiaro? >> mi intimò, minacciosa come solo una madre sapeva essere.
Scossi la testa.
<< Perché t'importa così tanto? >>
<< Perché voglio vederti felice, Mikey >> si addolcì d'un tratto.
Ma sarei mai riuscito ad esserlo davvero?
Stare con Emma avrebbe potuto rendermi felice, nonostante tutto e tutti?
Non lo sapevo, non potevo saperlo.
Ma mia madre aveva ragione, l'aveva sempre avuta: valeva la pena tentare, valeva la pena buttarsi.
Così, come sempre, le ubbidii.
Lasciai che scendesse sotto casa e poi mi rimisi alla guida, volando a tutta velocità verso casa di Emma e sperando che fosse già rientrata.
Parcheggiai alla bell'e meglio, mi passai una mano tra i capelli e mi lisciai il maglione.
Ero nervoso come non mai, ma anche deciso ad andare fino in fondo.
Lei non mi avrebbe perdonato un'altra incertezza.
Ed io non me lo sarei mai perdonato se l'avessi persa. 
Così composi il suo numero, evitando di citofonare a quell'ora della notte.
Non rispose, ritentai.
Ci vollero quattro tentativi per sentire la sua voce.
<< Che cosa vuoi, Mike? >> sbottò << Sono le due >>
<< Devo parlarti >> 
Ridacchiò.
<< Vaffanculo >>
Mi venne da sorridere, non sapevo neppure io il perché.
Forse, semplicemente, vedevo nella sua rabbia un appiglio, un accenno di sentimenti nascosti.
<< Devo parlarti >> ripetei quindi, stavolta più deciso << Scendi, per favore >>
<< Perché dovrei? >>
Non avevo una risposta a quella domanda.
Non sapevo perché avrebbe dovuto darmi un'occasione.
Tutto ciò che sapevo era che la volevo, disperatamente.
<< Perché non é lo stesso se te lo dico per telefono >> le dissi quindi, l'unica cosa ovvia seppur non scontata.
E pensai di aver fatto l'ennesimo passo falso ma invece quelle parole, inaspettatamente, la convinsero.
Staccò infatti la chiamata e, pochi minuti dopo, vidi la sua porta aprirsi.

Ti ho detto guardami in faccia,
poi vai ,
stupida sbronza che non passa mai
come la voglia di sbatterti al muro
e baciarti

<< Ti do due minuti >> annunciò.
Aveva indosso lo stesso pigiama della volta scorsa, del giorno in cui mi aveva dichiarato ciò che provava, i capelli arruffati alla stessa maniera.
Ed io, proprio come quella volta, avrei semplicemente voluto prenderla e sbatterla al muro, baciarla fino a farle dimenticare di tutti i problemi.
Ma, se quel giorno ero stato io ad essere freddo e a contenermi, stavolta era invece lei a guardarmi a malapena, l'aria di chi vuole sbrigare in fretta una faccenda di poco conto.
Era una maschera, lo sapevo.
E non dovevo lasciarmi scoraggiare da essa, dovevo andare fino in fondo.
<< Perché non andiamo in giardino? >> proposi quindi, al che lei sbuffò annoiata.
<< Hai già perso un minuto >>
Sorrisi.
Era il momento.
<< Avevi ragione >>
Sollevò un sopracciglio.
<< Avevi ragione >> ripetei quindi << Ho paura ad ammettere di poter provare qualcosa per qualcuno, paura di impegnarmi, di deludere, di non riuscire ad avere una vera relazione >>
Vidi un guizzo nel suo sguardo, un vago accenno di stupore.
Non se lo aspettava, non più forse.
<< La verità è che qualcosa la provo, anche se fatico ad ammetterlo >> continuai, prendendo più coraggio man mano che andavo avanti con il mio delirante discorso.
Ma lei a quel punto mi stoppò, dicendo qualcosa che non mi sarei mai aspettato.
<< Bene, Cheryl sarà felice di sapere che vuoi stare con lei >> sbottò, tentando di mantenere un tono contenuto << Posso andare adesso? >>
Non sapevo come reagire a quelle parole.
Come aveva fatto a capire che avevo ipotizzato di provare qualcosa per Cher?
E soprattutto, se aveva intuito ciò, come poteva non aver notato quello che invece sentivo per lei?
<< Non sto parlando di Cheryl, sto parlando di te >>
Emma alzò gli occhi al cielo.
<< Mike, smettila di prendermi per il culo >> affermò convinta e poi, abbassando lo sguardo, finalmente si lasciò andare.
<< Quando ti ho detto che mi piaci tu sei scappato >>
<< Perché avevo paura! >> mi affrettai a risponderle.
<< Ma paura di che? >>
<< Di te >>
Sbuffò.
Si stava spazientendo ed io non sapevo cosa fare.
Volevo che quella fosse una dichiarazione romantica, non di certo una discussione.
Eppure Emma era lì, arrabbiata e delusa, a chiudermi la porta in faccia.
Come potevo recuperarla, riportare a me la ragazza dolce e delicata che mi piaceva così tanto?

sono giù
che grido come un pazzo
"dove sei?"
solo tu
mi fai impazzire
che ti ammazzerei

<< Emma >> allungai una mano per prendere la sua e lei, oltre ad uno sguardo arrabbiato, non oppose granché resistenza.
<< Mi piaci tu >> ammisi, guardandola dritta in quegli occhi azzurri << Mi piaci e voglio stare con te, o almeno voglio provarci >>
Le sorrisi.
<< Lo so che ci sono mille motivi per cui non dovremmo essere qui adesso.
C'è Cole, c'è la mia incapacità di stare in una relazione, c'è il fatto che ti sei lasciata da due settimane >> elencai.
Sentii il suo sguardo perdersi nel mio, addolcirsi lentamente.
Forse ero sulla strada giusta, forse potevo finalmente buttarmi.
<< Ma non me ne fotte un cazzo, io ti voglio >>
E quella fu la vera dichiarazione.
Quelle quattro parole sconnesse, furono le uniche che la convinsero davvero.
Me lo avrebbe confessato soltanto dopo il perché: in quella frase lei aveva visto il vero Mike, quello che tanto le piaceva e che davvero desiderava.
Aveva ritrovato la mia spontaneità, il ragazzo che - per qualche motivo - l'aveva conquistata.
Ed infatti non mi lasciò dire altro.
Mi spinse invece contro il muro, proprio come io avevo desiderato di fare dal primo momento, baciandomi come se fosse la prima volta.
Ed in effetti lo era: il nostro primo vero bacio, la prima vera volta che avessimo il diritto di farlo.
Mi baciò a lungo, io che la stringevo forte senza aver bisogno di allungare la mani per sentirla mia.
Fu strano e fu nuovo.
Non che non volessi andare oltre, ma per la prima volta non ne sentivo la necessità.
Mi bastava anche semplicemente stare lì, baciarla a fondo, sentire le mani tra i capelli e tenere le mie sulle sue guance.
Accarezzarle la pelle e sentirla accendersi sotto le mie dita, morderle le labbra e vederla sorridere contro le mie.
<< Ce l'hai fatta >> mormorò dopo quello che sembrò un tempo infinito, ancora abbracciata a me e per niente intenzionata ad allontanarsi.
<< È stato difficile convincerti >> le risposi accarezzandole il viso con lentezza, perché non c'era più pericolo che uno dei due scappasse via.
Scoppiò a ridere.
<< In realtà mi avevi convinta alla prima telefonata >> sussurrò divertita sulle mie labbra, prima di baciarmi ancora << ma non potevo dartela vinta così in fretta >>

Ora voglio solo te.

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