Raga io vi avviso: non siete pronti per questo capitolo.
Ne è la dimostrazione questo screen che vi lascio, ovvero la reazione della mia migliore amica dopo averlo letto in anteprima .Ci vediamo nei commenti, ricordatevi che vi voglio bene ahahaha ⭐️
Possiamo perdonare
un bambino che ha paura del buio.
La vera tragedia della vita
è quando gli uomini
hanno paura della luce.Platone
<< Ti amo >>
E poi il silenzio.
Perfino i nostri gemiti adesso non facevano alcun rumore, perfino l'orgasmo che immediatamente mi colse fu un sussurro se paragonato al fragore di quelle parole.
Rimbombarono nell'aria e, minuti dopo, le sentivamo ancora, potevamo chiaramente percepirne l'eco.
Ma entrambi facevamo finta di niente, la cosa che da sempre c'era riuscita meglio.
L'uno per non essere costretto a rispondere, l'altro per non dover sopportare l'attesa.
Io continuai a stuzzicare la sua intimità fino a portare anche lei all'apice, dopo di che entrambi ci accasciammo sul materasso senza più forze.
Il soffitto della sua stanza, in quel momento, doveva sembrare a tutti e due la cosa più interessante del mondo, perché ci ritrovammo a fissarla in silenzio per un paio di minuti buoni.
Neppure una parola, neppure un sussurro.
Ma intanto nella mente quella frase continuava a propagarsi e, con essa, tutti i sentimenti e le paure a cui neppure riuscivo a dare un nome.
La guardai con la coda dell'occhio e, con il viso rilassato e lo sguardo perso, i capelli un po' sudati che le incorniciavano il viso, la trovai ancora più bella di quando ero arrivato lì.
Avevo dimenticato quanto perfette fossero le sue forme, quanto armonioso il suo corpo.
E mi chiesi a cosa stesse pensando, cosa si aspettasse adesso, chi sarebbe stato il primo dei due a parlare e perché.
Sapevo che avremmo dovuto farlo, che parole come quelle non potevano essere lasciate lì, che qualcuno avrebbe dovuto coglierle.
Ma io e Cheryl, entrambi sempre pronti a vantare la nostra forza e la nostra impassibilità, avevamo un nemico comune, un'unica grande paura che non eravamo mai stati capaci di affrontare.
I sentimenti.
E, almeno per quanto mi riguardava, ero convinto che tale fobia fosse dovuta ad un'unica semplice ragione: di sentimenti da affrontare, prima di tutta questa storia, io non ne avevo mai avuti.
Prima di conoscere Emma io non avevo idea che Cheryl potesse significare qualcosa per me, non riuscivo a trovare la semplice connessione che c'era tra il mio stare bene e il mio stare quasi sempre con lei.
Prima di tutti i casini che avevo combinato io non ero altro che un banale cliché, un ragazzino che non riesce a tenersi la propria eccitazione nei pantaloni, che non sa neppure distinguere quella che è una migliore amica da...
<< Mike >>
La sua voce, la prima a riempire quel silenzio fatto solo di pensieri, fu inaspettata e dolorosa come una fitta intercostale.
Mi tirai su, sedendomi in modo da darle le spalle.
Non potevo guardarla, non potevo lasciare che mi guardasse, che il mio viso tradisse ciò che la mia bocca non riusciva a dire.
<< Mike >> mi chiamò ancora, una mano poggiata sulla mia spalla.
<< Hai sentito cosa ho detto prima? >>
Aveva un tono fermo, deciso, ma anche drammatico.
Ci stavamo comportando come se fosse successo un lutto, quando in realtà quel ti amo avrebbe dovuto essere una cosa bella.
Ma allora perché non riusciva ad esserlo, cosa c'era di sbagliato?
Cos'era morto davvero?
La nostra amicizia forse, oppure la parte spensierata di noi, quella che da sempre era stata la protagonista di ogni nostra azione, di ogni pensiero.
C'eravamo sempre comportati in maniera spontanea io e lei, avevamo sempre fatto ciò che sentivamo quando lo sentivamo, c'eravamo ammazzati di insulti alcuni giorni e avevamo passato altri abbracciati senza riuscire a staccarci, eravamo stati con altre persone per poi baciarci e dirci che quel livello lì non lo avremmo mai trovato altrove.
Un ti amo, quel ti amo, cambiava tutto.
Un ti amo rendeva tutto improvvisamente serio, tutto molto più complicato.
Ed io non lo sapevo se io e Cher saremmo stati pronti a reggerne il peso.
Non sapevo se avremmo avuto la forza di esserci fedeli, di impegnarci, di vivere quel rapporto così incasinato in maniera più matura.
Cheryl non era Emma.
Emma era programmata per le relazioni serie, ogni parte di lei sembrava urlare fiori e cioccolatini, promesse e telefonate della buonanotte.
E quando mi ero buttato in quella storia o anche dopo, quando a San Francisco mi aveva velatamente rivelato il suo amore, io mi ci ero buttato a capofitto perché sapevo di avere un solido paracadute, perché anche se avessi rovinato tutto come sempre ci sarebbe comunque stata lei lì, pronta ad insegnarmi ciò che da solo non avrei mai compreso.
Con Cheryl era diverso: lei era diversa.
Cheryl mi aveva detto quelle parole in un momento di eccitazione, presa forse dalla foga del nostro ricongiungimento.
Cheryl era stata la mia migliore amica per anni, era venuta a letto con me per mesi, ma nel frattempo era uscita con altre persone e non aveva mai dato segni di desiderare altro.
Cheryl, molto probabilmente, neppure aveva idea di ciò che si era lasciato sfuggire dalle labbra ma l'aveva detto così, sul momento e senza pensare alle conseguenze, un po' come faceva sempre.
Ed io, dovetti ammetterlo a me stesso, non mi fidavo di lei, non sotto quel punto di vista almeno.
E non lo facevo perché lei era tale e quale a me ed io sapevo che, in fondo, non potevo fidarmi neppure di me stesso.
<< Mike, smettila di far finta di niente >> sbottò, mentre io infilavo i pantaloni con aria sbrigativa.
Immaturo fino all'ultima goccia di sangue, volevo scappare via da lei pur di non ammettere ciò che stavo provando in quel momento.
Paura.
Una fottuta e viscerale paura.
<< Cazzo, ma mi stai ascoltando? >> si alzò anche lei, rimettendosi in fretta la mia felpa per poi pararsi di fronte a me << Ti ho detto che ti amo, coglione! >>
Non c'è niente di romantico in tutto questo, pensai, non è così che dovrebbe essere.
Lei avrebbe dovuto dirmi quelle parole ed io avrei dovuto stringerla più forte, urlarle dentro che non l'avrei lasciata mai più andare.
Quello sarebbe stato il finale da film che i telespettatori della mia vita avrebbero amato, quella sarebbe stata una dichiarazione degna di essere raccontata.
Ciò che stavamo facendo io e lei, invece, sembrava solo l'ennesimo tentativo di mandare a puttane ogni cosa bella.
<< Cher, tu non sai nemmeno che cosa significa ti amo >>
Come sempre, tutto ciò che sapevo fare era offenderla.
Ma quello che non sapeva era che, ogni brutta parola rivolta a lei, in realtà era lo specchio di un insulto fatto a me stesso.
<< Ma tu che cazzo ne sai di quello che sento io? >>
Aveva ripreso a gridare e, a pensarci bene, quella discussione sembrava solo un continuo più melodrammatico della precedente.
<< Perché ti conosco >>
Perché mi conosco.
<< Sei felice di aver fatto pace e allora butti parole a caso, non ci credi neanche tu a quello che dici >>
Inspirò profondamente e le si leggeva in faccia che stava facendo di tutto per trattenersi.
<< Mike, ti giuro che mai come in questo momento vorrei prenderti a pugni >>
Tutto in lei, dal suo atteggiamento alle sue parole, gridava sincerità.
Eppure io, se anche avessi voluto, non sarei comunque riuscito a crederle.
<< Va bene Cher, allora facciamo che mi ami davvero >> quelle parole mi rimasero incastrate tra le corde vocali, talmente assurde e terrorizzanti che difficilmente le avrei pronunciate ancora << Adesso che facciamo, lascio Emma e ci mettiamo insieme io e te? >>
Il suo sguardo sembrò gridare.
Si.
<< Usciamo da soli il sabato sera, ci teniamo la mano per strada, ci facciamo i regali a San Valentino e ci presentiamo ufficialmente ai genitori? >>
Beh...si?
Scossi la testa mentre parlavo, quasi divertito da quei pensieri.
<< Andiamo...non ci credi neanche tu >>
Sbarrò gli occhi, sembrava che trovasse allucinante quel mio discorso.
<< Perché no? >> domandò, come se fosse la cosa più ovvia del mondo << Lo fanno tutte le persone normali, perché noi non dovremmo riuscirci? >>
<< Perché non siamo fatti per questo, per le relazioni >>
<< E tu che cazzo ne sai? >> s'innervosì nuovamente.
Sollevai le spalle, allargando le braccia per indicare la stanza intorno a noi.
<< Sono fidanzato da meno di un mese e guarda cos'ho appena fatto >>
Lei alzò gli occhi al cielo.
<< Io non sono Emma >>
<< E questo cosa dovrebbe significare? >>
Tentai di reprimere il senso di colpa che mi attanagliò le viscere nel sentir pronunciare il suo nome.
Non avevo la minima idea di quello che avrei detto ad Emma quando l'avessi rivista, non dopo tutto quello che stava succedendo in quella casa.
<< Che io e te... >>
S'interruppe sul nascere, scuotendo la testa.
Poi deglutì profondamente e decise di riprovare.
<< Si insomma, io e te insieme... >>
Niente da fare.
<< Lo vedi, Cher? >> le dissi e, per la prima volta, non era un'accusa << Non riesci neanche a dirlo >>
Mi guardò ferita e allora lo buttò giù tutto d'un fiato.
<< Io e te insieme spacchiamo il mondo, Mike >>
Deglutì ancora, era palese che ogni parola le costasse una fatica immensa.
Ed io sorrisi involontariamente per quella sua frase perché, nonostante me l'avesse detto quasi per sfida, era comunque una cosa dolcissima.
<< Io lo so che sono un casino >> esordì ancora, ora prendendo a camminare nervosamente per la stanza come aveva fatto meno di un'ora prima.
<< Un ragazzo non ce l'ho mai avuto, non sono una tipa romantica e faccio fatica a dimostrare e dire quello che provo >>
Si torceva le mani, guardava il pavimento.
La conoscevo da una vita, eppure mai l'avevo vista così fragile ed indifesa, così nuda, così se stessa forse.
Mi stava dicendo cose che non avrebbe ammesso neppure sotto tortura, mi stava rendendo partecipe di una parte di sé che forse neppure lei si permetteva di conoscere.
<< Lo so che siamo tali e quali, due teste di merda incoerenti ed immature, che non ci siamo parlati per mesi, che sbagliamo di continuo e siamo tutti morsi e graffi, che non sappiamo neppure cosa sia la fedeltà, che potremmo offenderci per ore ma poi abbiamo una paura fottuta di dirci qualcosa di bello >>
Snocciolava quelle frasi che, capii solo in quel momento, si era tenuta dentro troppo a lungo.
E forse fu allora che iniziai a crederci un po'.
Nella sincerità con cui elencava i nostri difetti io scorsi una spontaneità e un'attinenza alla realtà che difficilmente avrei potuto trovare in un'altra persona.
Si fermò un attimo, come a riprendere fiato da una lunga corsa contro i suoi limiti.
E poi, inspiegabilmente, sorrise.
<< Ma so anche che sono l'unica a cui fanno ridere le tue battute del cazzo >>
Lo disse vagamente divertita e, anzi, potrei quasi giurare che, nel passare a quella parte del discorso, fosse arrossita.
<< So che, quando sono sotto la doccia e mi arriva una tua chiamata, io esco subito per risponderti >>
Si morse un labbro a disagio e non potei fare altro che trovarla estremamente tenera, un termine che mai nella vita avrei creduto di poterle associare.
<< So che se ti vedo con un'altra, se ti vedo con Emma, mi sale il sangue al cervello; so che non mi hai parlato per mesi non perché quella sera io abbia baciato Cole, ma perché non ho baciato te e so che indosso quest'orribile felpa perché, in qualche modo, mi piace sentirti addosso anche quando non ci sei >>
S'interruppe, ma solo per avvicinarsi nuovamente e puntare il suo sguardo nel mio.
E lì ci credetti a pieno.
I suoi occhi non m'avrebbero mai mentito, non potevano.
<< So che sto diventando una sdolcinata di merda >> ammise, riprendendo per un attimo il suo solito tono noncurante << Ma anche questo è colpa tua, Mike >>
Allungò una mano a prendere la mia, ma esitante e delicata come non era mai stata.
La sfiorò lentamente, accarezzandomi la pelle come se non l'avesse mai fatto prima.
E poi inspirò a fondo, riprendendo da dove s'era interrotta.
<< Io so che come mi baci tu, come mi tocchi tu, non lo fa nessun altro. >> sembrò quasi imbarazzarsi, lei era solita parlare di sesso con lo stesso tatto che avrebbe usato per raccontare di cosa avesse mangiato a pranzo.
<< So che questo ti sembrerà un modo stupido di amare, forse immaturo, ma è l'unico che conosco. >>
Sollevò le spalle, la sincerità e gli occhi di una bambina.
<< E so che tutto questo ti spaventa perché, credimi, me la sto facendo sotto anch'io >>
Lo sapevo, la sua mano tremava contro la mia.
<< E so che non te lo meriti dopo come ti sei comportato ma, che ci vuoi fa', sono una cogliona e ti amo comunque, nonostante tu sia uno stronzo >>
Sorrise a quella frase, sollevando le spalle come se ormai il suono di quelle parole le fosse quasi familiare.
E fu allora, solo allora, che venne il mio turno.
Dopo tutto quello che mi aveva detto lei, dopo la rabbia per la mia inaspettata reazione e la dolcezza di quella sua dichiarazione, finalmente venne il mio turno.
<< E ti prego Mike, se provi anche solo la metà di ciò che provo io, allora dammi... >> si corresse << dacci un'occasione >>
Era in piedi di fronte a me, la sua mano che non osava stringere la mia, le sue parole che fluttuavano leggere nell'aria.
Era lì con la tensione negli occhi ma le labbra finalmente libere da quelle parole così ingombranti, il cervello svuotato di tutte le cose che aveva avuto paura di dirmi.
Avrei voluto chiederle mille cose, sapere quando si fosse resa conto di ciò che provava, capire come fosse possibile che avessi passato tutto quel tempo a credere nella sua indifferenza quando in realtà era tutto l'opposto.
Avrei voluto dare a me stesso dello stupido a gran voce, prendermi a calci per tutte le volte in cui avevo giustificato i miei atteggiamenti stupidi perché dettati dalla paura di essere respinto da lei.
Perché adesso lo sapevo che non era così, che era stato tutto un film partorito dalla mia mente bacata.
Cheryl mi amava.
Me l'aveva urlato contro Cole, sputato Emma, suggerito Steph, ripetuto mille volte mia madre.
Ma io non c'avevo mai creduto, non avevo voluto, neppure quando me lo aveva detto lei, non prima di ascoltare tutte quelle piccole cose che facevano parte di noi e che mai prima d'ora avevo davvero messo a fuoco.
Mi amava.
Mi amava e io mi chiesi come un coglione del genere potesse essere oggetto del suo amore, soggetto di tutte quelle frasi che a ripensarci mi facevano ancora sorridere.
Mi amava e mi stava chiedendo un'occasione.
Mi amava ed io ero così scioccato da non avere la forza di formulare alcun pensiero.
Mi sentivo paralizzato.
La lite con Emma, la lite con Cole, il tradimento a Cole, il tradimento ad Emma.
La delusione di mia madre e mio padre, il segreto di Steph, la dichiarazione di Cher.
Avevo così tante cose per la testa, così tanti casini da risolvere.
E lei se ne stava lì davanti a me come se amare fosse la cosa più normale del mondo, come se fosse possibile lasciarsi andare alle emozioni senza dover sempre restare un passo indietro, mostrarsi senza alcuna difesa, senza la paura di essere attaccati.
Mi guardava e in quelle sue iridi verdi era tutto dannatamente semplice.
Mi aveva parlato e le sue parole erano state così belle che avrei voluto tatuarmele addosso solo per avere la certezza che fossero esistite.
Ma poi batteva le ciglia e, anche solo per quell'attimo in cui i suoi occhi si chiudevano, improvvisamente tutto riprendeva a crollarmi addosso.
E non c'era niente di semplice e non c'era niente di bello in me, niente che davvero avrei potuto offrirle.
C'era la mia relazione con Emma e i sentimenti in sospeso che avevo con lei.
E c'era la paura, la stessa che in quel momento mi paralizzava.
La paura di non riuscire a capire cosa volessi davvero, di capirlo e non essere in grado di ottenerlo, di illuderla, di farle del male.
Avevo paura della mia incoerenza, dei miei sbalzi d'umore, della mia infedeltà, della mia immaturità.
Cheryl si stava innamorando per la prima volta nella sua vita e quella persona non potevo essere io.
Non io che, se anche avessi capito di amarla, non sarei mai stato capace di renderla felice.
C'avevo già provato con Emma, lei che m'aveva insegnato come stare in una relazione, e l'avevo tradita dopo cinque minuti.
Cher non si meritava questo, non si meritava di stare male.
Ed era come se in quel momento la stessi vedendo per la prima vera volta.
Certo era strana, spesso sboccata, testarda, dispettosa, permalosa, i sentimenti chiusi in una cassaforte che aveva appena aperto per la prima volta.
Ma era anche bella, bellissima, spontanea e diretta, simpatica, intelligente.
Era la tipica ragazza che avresti potuto portare alle uscite con gli amici perché non si sarebbe fatta problemi a parlare di sport e fumo, ma anche quella che i tuoi genitori avrebbero adorato perché sapeva il fatto suo.
E, l'avevo appena scoperto, ma era anche sensibile e dolce, perfino fragile, una perla così rara che andava protetta ad ogni costo.
Ed io non ero nessuno per farle del male.
Così, tra le due opzioni, scelsi quella che sul momento mi sembrò la meno dolorosa, quella che dopotutto con lei, con me stesso, mi ero sempre costretto ad usare.
La difensiva.
<< Mi dispiace Cher >>
Mi aveva messo il suo cuore in mano ed ogni parola era uno spillo che vi stavo infilando dentro.
<< Io ci tengo davvero a te, ma è con Emma che voglio stare. >>
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Emma
ChickLit'I wanna hold you when I'm not supposed to, when I'm lying close to someone else.' E allora non lo sapevo né potevo saperlo, ma io da quella ragazza non ne sarei più uscito. O meglio, sarebbe stata lei ad incastrarsi tra le mie costole, a togliermi...