Miedo a perderte

310 29 42
                                    

Finalmente ci siamo!
Dopo tanti segreti, tante bugie e taaaaanta ansia...ecco l'ora della verità.
Nello scrivere questo capitolo ho trovato un po' di difficoltà, devo ammetterlo, perché sto per presentarvi un Mike completamente diverso dal solito.
Fatemi sapere cosa ne pensate!

Ps: ultimamente le visualizzazioni scarseggiano quindi, se vi va, potreste aiutarmi consigliando la storia. Ve ne sarei infinitamente grata ⭐️

Certe cose proprio per questo
sono meno da temere,
perché fanno molta paura.
Nessun male è grande se è l'ultimo."

(Lucio Anneo Seneca)

<< Ma che cazzo stai dicendo? >>
Dire che le sbottai contro sarebbe stato uno scorrettissimo eufemismo.
<< Stai scherzando, vero? Stai scherzando?! >>
Urlavo, io che ero abituato ad essere sempre quello scazzato, quello che perfino durante una discussione sembrava ti stesse facendo un favore a prenderne parte.
Emma aveva sbarrato gli occhi e mi guardava spaventata.
Si passò una mano tra i capelli con aria trafelata, sospirando profondamente.
<< Cheryl, è vero? >> ebbe poi il coraggio di chiedere, mettendo da parte tutto l'odio di pochi minuti prima in nome di un'informazione troppo importante.
Mi aspettavo che Cheryl non le avrebbe neppure risposto, invece pronunciò un secco: << Si, è vero >>
Ero un toro che aveva appena visto un dannato fazzoletto rosso.
O, nel mio caso, una chioma rosso scarlatto.
<< E perché cazzo glielo hai detto? >> sbottai, senza neppure aver bisogno di chiederle se fosse stata lei o meno.
Non avevo il minimo dubbio circa la sua colpevolezza.
<< Perché non potevi stare zitta per una volta? >>
Cheryl era stronza, era cattiva.
Odiava Emma e, da un po', odiava anche me.
Teneva a Cole e non era brava a mantenere i segreti, la verità gliela si leggeva in faccia senza fare troppa fatica.
E, in più, era l'unica - insieme a Kevin - a conoscere il mio segreto.
Di quali altri indizi avrei mai potuto avere bisogno?
<< Perché devi rovinare sempre tutto? >>
L'avevo baciata, poi le avevo detto cose terribili e lei si era offesa a tal punto da non rispondermi neppure una parola.
Non c'era un solo motivo al mondo per cui avrebbe dovuto essere innocente.
<< Mike... >>
Non era stata la sua voce a pronunciare il mio nome: era stata Emma.
Emma che odiava Cheryl eppure in quel momento, con una mano posata cautamente sul mio braccio, mi chiedeva di calmarmi.
<< Non t'immischiare >> sbottai perfino contro di lei, tanta la rabbia che covavo dentro.
Come avrei fatto a presentarmi di nuovo a casa, a guardare mio fratello in faccia?
Cosa gli avrei detto, quali scuse mi sarei inventato, con quale faccia gliele avrei rifilate?
Era colpa sua.
Era tutta colpa sua.
<< Hai deciso di rovinarmi la vita Cher, eh? >>
Emma si era ritratta, io continuavo ad urlare.
E, dall'altra parte del telefono, non giungeva alcuna risposta.
<< Perché cazzo devi essere sempre così stronza? >>
Odiavo quel silenzio, odiavo il fatto che non provasse nemmeno a giustificarsi per ciò che aveva combinato.
Mi aveva appena rovinato la vita.
E aveva anche deciso di chiamare per annunciarmelo in grande stile.
<< Ecchecazzo! >> urlai << Vuoi rispondermi? >>
Ma lei continuò a restare in silenzio.
Per la prima volta da quando ne avevo memoria, Cheryl non aveva nulla da dire, nessuna parola con cui difendersi, con cui attaccare, dietro cui nascondersi.
Ma io, di pallottole, ne avevo ancora tante.
E così continuai a colpirla, ad imprecare senza ritegno fino a quando Emma, con uno slancio improvviso verso il mio cellulare, pose fine a quella disastrosa telefonata.

*

Il viaggio di ritorno da San Francisco fu tutt'al contrario di quello d'andata.
Guidai io, le mani che arpionavano il volante come un'ancora di salvezza, lo sguardo fisso sulla strada di fronte a me.
E viaggiammo in silenzio, perchè nulla di quello che avremmo potuto dieci avrebbe avuto un minimo di senso.
Avremmo potuto concordare una versione comune, simulare una possibile conversazione con Cole.
Ma a che sarebbe servito?
Montare l'ennesimo teatrino, giocare con altre verità, disegnare nuove bugie.
Si, ma poi?
Ma poi il mondo reale ci sarebbe nuovamente crollato addosso, proprio come in quel momento, schiacciandoci sotto il peso di ciò che avremmo dovuto fare e avevamo invece scelto di trasgredire.
E quindi non aveva più senso nasconderci dietro i ruoli che c'eravamo inventati: dovevamo affrontare i nostri sbagli, dovevamo affrontare mio fratello.
<< Perchè stai svoltando? >> mi domandò d'un tratto Emma, pronunciando la prima frase da quando quel viaggio era cominciato << Casa tua è dall'altra parte >>
<< Accompagno prima te >>
Lo specchietto retrovisore mi restituì la sua immagine stupita.
<< Cosa? Assolutamente no, devo parlare con Cole >>
Scossi la testa.
<< No, io devo parlare con Cole >>
<< Ed io no?! >>
Aveva preso a gesticolare, tipico della sua agitazione.
<< Mike, ci sono dentro quanto te, è giusto che venga anch'io >>
Inchiodai la macchina di scatto.
Se quel giorno qualcuno mi avesse visto dall'esterno, se io stesso mi fossi visto dall'esterno, probabilmente non mi sarei riconosciuto.
Ero nervoso, arrabbiato con il mondo, per certi versi quasi violento.
Ma stavo per perdere tutto.
Anzi, forse l'avevo già perso.
<< Ascoltami Emma >> le dissi << Tu avrai anche tradito il tuo ex ragazzo, ma io ho scopato la ragazza di mio fratello...non è la stessa cosa >>
Stavo provando ad essere fermo ma non troppo duro, a modellarmi almeno un po' nella persona che lei aveva conosciuto.
Ma quel giorno mi sentivo fuori di me.
Quel giorno, io non ero il ragazzo di Emma, non ero quella persona così presa e così presente, dolce, attenta.
Quel giorno avrei solo voluto essere il gemello di Cole, ma ero quasi certo di non essere più neppure quello.
E allora chi ero?
Solo Mike, solo il coglione che aveva rovinato l'unico rapporto indiscutibile della sua vita.
<< Non è bello che ti riferisca a me come una scopata >>
La sua pudicizia non fece altro che innervosirmi.
<< Sto solo dicendo la verità.
Sei venuta a letto con me mentre ancora stavi con lui >>
<< E poi l'ho lasciato >>
<< Si, dopo >>
Spostò lo sguardo altrove, all'improvviso sembrò estremamente affascinata dalla punta delle sue scarpe da ginnastica.
<< Non capisco perché tu te la stia prendendo con me >> mormorò << E neppure perché tu te la sia presa con Cheryl, è chiaro che lei non c'entri nulla >>
Sentii un moto caldo prendere vita nel mio stomaco, una miscela di rabbia e fastidio che mi inondò prima il petto, poi il viso arrossato, poi il cervello.
<< Fino a poco fa le davi della stronza e adesso te la difendi? >>
Non ci potevo credere, quella conversazione era la cosa più assurda che mi fosse mai successa.
Cheryl aveva risposto ad Emma e non a me.
Emma stava difendendo Cheryl.
Che cazzo avevano in testa quelle due?
Mi sentii, ancora una volta, un coglione.
<< Lascia perdere >> sbottò Emma << Tanto non capisci >>
<< Ah, ora non capisco? >>
Era la prima volta che litigavamo, non ero abituato ai suoi modi altezzosi e neppure al suo tono stizzoso.
E lei non era abituata alla mia rabbia cruda, alla mia esasperazione troppo palese.
<< No Mike, non capisci >>
<< Spiegamelo allora! >>
Mi guardò come non aveva mai fatto.
Avevo meritato il suo sguardo annoiato, quello interessato, il malizioso, l'innamorato.
L'arrabbiato...quello mai.
<< Sei stato tu a provarci con me quando ero fidanzata! >>
Per poco non mi affogai con la mia stessa saliva.
<< Io stavo con Cole e tu mi giravi sempre attorno, mi provocavi e... >>
<< E adesso staresti dando la colpa a me? >>
Continuava a guardarmi infuriata.
Ma io, io la guardavo senza più parole.
<< Tu ti sei fatta sbattere da un altro ed è colpa mia? >>
Lo schiaffo che mi arrivò in pieno viso fece sicuramente meno male di quelle parole.
Emma aveva lasciato Cole subito dopo essere venuta a letto con me.
Non sono una puttana, aveva detto, se scopo con un altro non torno dal mio ragazzo.
Ed io le avevo giurato che mai avrei pensato che lo fosse.
Glielo avevo giurato e poi le avevo urlato contro il contrario.
Mi ero spinto troppo oltre, lo sapevo.
Andava bene la rabbia, andava bene tutto, ma quello...quello era esagerato perfino per me.
<< Emma, non volevo dire questo... >> provai ad allungare una mano verso di lei, improvvisamente in stand by dalla mia rabbia.
Ma lei non mi guardò neppure.
Spalancò invece la portiera e, nonostante non fossimo ancora arrivati a casa sua, la sbattè con tanta forza che avrebbe potuto perfino spaccarla.
E tutto questo non prima di aver scandito le prime parole volgari della sua vita.
<< Va a farti fottere >>

*

Sapevo che era arrivato il momento, eppure ero certo che non esistesse alcun momento giusto per una cosa come quella.
Nessun momento giusto per lo sguardo di mio padre quando aprí la porta di casa, per la sua aria da che cazzo hai combinato.
Nessun momento giusto per la porta della camera di Cole che cigolava al mio passaggio, per il suo viso rigato dalle lacrime e il pugno che mi arrivò in pieno viso.
Fu un dolore lancinante, ma non fiatai neppure.
Non cercai di giustificarmi, non risposi a tutti i perché che mi urlò contro.
Avevo parlato e, con le mie parole, ero riuscito a fare del male sia a Cheryl che ad Emma, che se lo meritassero o meno.
E quindi adesso avevo deciso di stare semplicemente zitto e lasciare che Cole mi sfogasse contro la sua rabbia, che mi colpisse ripetutamente se voleva, che lo facesse con tutta la rabbia che aveva in corpo.
<< Perché? >> urlò, un po' piangendo ancora.
Continuai a non rispondere e forse questo lo fece stare ancora peggio, perché mi avrebbe sferrato un secondo pugno se solo mia madre non fosse entrata proprio in quel momento.
<< Cole! >>
Lui si fermò di colpo, le mani sui fianchi e lo sguardo in quello di lei.
Respirava affannosamente, il viso rosso di rabbia e bagnato di dolore.
<< Mike >> esclamò mamma, portandomi le mani in viso per controllare quanto mi avesse fatto male il colpo.
<< Va via mà, questa è una cosa tra noi >> sbottò mio fratello, ma lei non volle sentire ragioni.
<< Siete i miei figli e questo la rende una cosa mia >> dichiarò perentoria.
Lui alzò gli occhi al cielo.
<< Non hai già fatto abbastanza? >>
Non capii quella frase, non sul momento almeno.
Ero troppo concentrato su di me, sulla rabbia con cui mio fratello mi guardava come se neppure mi riconoscesse, su come le sue mani stringevano spasmodicamente il lenzuolo del letto su cui ora si era seduto.
<< Cole... >> fu la mia prima parola da quando ero entrato in quella camera, sussurrata, quasi soffocata.
<< Che cazzo vuoi? >> sbottò lui << Vuoi raccontarmi di come ti scopi la mia ragazza? Vuoi elencarmi tutti i momenti in cui sono stato così coglione da non capirlo? >>
Deglutii pesantemente.
Aveva ragione: cosa avrei mai potuto dirgli?
Mia madre, in quella situazione di emergenza, sorvolò perfino sul linguaggio sboccato che mio fratello non aveva mai avuto in sua presenza.
Aveva l'aria di chi vuole disperatamente tenere insieme qualcosa che si sta disgregando proprio sotto ai propri occhi.
<< Dimmi la verità ora, almeno questo voglio saperlo >> continuò lui, lo sguardo nel mio << Te la sbattevi anche mentre stava ancora con me? Quante volte vi siete... >>
<< Si >>
Mia madre s'irrigidí, mio fratello scoppiò a ridere.
<< Sei veramente una merda, Mike >>
Boccheggiavo, incapace di prendere abbastanza aria per formulare una frase di senso compiuto, incapace di mettere insieme un solo pensiero.
<< È successo una sola volta >>
E non ebbi bisogno di dirgli quando: l'aveva già capito.
<< A capodanno >>
Annuii.
Cole sospirò pesantemente, l'espressione disillusa.
<< Mentre io e Cher ci chiedevamo come fare a rimediare a quel cazzo di bacio, ecco che voi... >>
Lo interruppi, ancora.
<< Cheryl non aveva il diritto di dirti la verità >> scandii ritrovando, al solo sentire il suo nome, tutta la rabbia di poche ore prima.
Mia madre aveva un'espressione indecifrabile, Cole era sul punto di prendermi di nuovo a pugni.
<< Dovevo farlo io, dovevo dirtelo io e... >>
Non terminai la frase, perché mio fratello riprese a ridere forzatamente.
<< Ma certo che sei proprio stupido! >> ghignò
<< Cheryl è così schifosamente innamorata di te che non direbbe mai nulla potesse metterti nei guai >>
Sorvolai su quell'innamorata, non era né il momento né il luogo per pensare al fatto che era già la seconda persona ad insinuarlo in un solo giorno.
Mi concentrai invece sul fatto concreto, sulla colpa che le avevo attribuito - per l'ennesima volta - senza motivo.
<< Cosa? >> esclamai infatti, pietrificato.
<< E allora chi cazzo te lo ha detto? >>

EmmaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora