Hola!
Per farmi perdonare del ritardo della scorsa volta, ho deciso di postarvi già oggi questo nuovo capitolo!
Se in quello precedente abbiamo assistito all'idillio della relazione tra Mike ed Emma, stavolta scaviamo un po' più in profondità grazie ad un personaggio che piace un po' a tutti: la mamma di Mike.
Devo fare una piccola premessa: tengo moltissimo alla parte finale di questo capitolo, perché le parole della mamma sono le mie verso una persona a cui tengo molto e che, proprio come Mike, non si rende bene conto di ciò che le sta succedendo.
Spero vi piaccia!Ps: piccola curiosità...siccome in questo capitolo viene citata diverse volte, ma quanto vi manca quella stronza di Cheryl?
Pace.
Era quella la prima parola che mi venisse in mente per descrivere le prime due settimane della nostra relazione.
Era un percorso pieno di difficoltà, avevamo il mondo contro, eppure con lei mi sembrava tutto dannatamente semplice.
Era semplice starle accanto all'università, concentrarmi più sui suoi lineamenti che sugli appunti da scrivere, distrarla di tanto in tanto, meritarmi le sue occhiate omicide.
Semplice nasconderci nei luoghi più insospettabili, dallo spogliatoio al camerino di qualche negozio, semplice aver imparato cosa la facesse godere, semplice lasciarmi andare alle sue attenzioni sempre così soddisfacenti.
Semplice trascorrere il tempo insieme, parlare di qualsiasi cosa ci venisse in mente, prenderci in giro, ridere assieme.
Semplice discutere a volte, sempre per delle stronzate, e subito dopo rotolarci tra le lenzuola come se niente potesse davvero turbarci.
Certo, Emma proprio semplice non era.
Si trattava pur sempre di una ragazza e, in quanto tale, sembrava fosse quasi suo dovere incasinare le cose, esasperare situazioni insignificanti, mascherare le sue emozioni fino a quando non me le sparava contro con rabbia.
Ma in quelle prime due settimane perfino questo mi era sembrato semplice.
Dopotutto ero stato io a sceglierla, io ad essere attratto anche dal suo essere lunatica ed incomprensibile.
Proprio come lei mi aveva voluto nonostante fossi incoerente e stronzo, del resto.
C'eravamo scelti così, ci volevamo così.
E, anche se non c'incastravamo perfettamente, anche se c'erano troppe cose su cui eravamo in disaccordo, era comunque semplice mandare tutto a fanculo e goderci ciò che avevamo.
Avevamo passato gli ultimi quattordici giorni chiusi in una nostra bolla, il mondo esterno che pareva solo una banale cornice.
La mattina seguivamo le lezioni all'università, appartandoci tra una pausa e l'altra; il pomeriggio lo trascorrevamo da me - quando Cole non c'era - oppure da lei - se i suoi erano a lavoro-, mentre la sera quasi sempre uscivamo.
Mi tempestava di messaggi su whatsapp, cosa che un tempo mi avrebbe fatto scappare via, ma che invece iniziava a risultarmi quasi piacevole.
Mi piaceva sapere cosa facesse, cosa pensasse, se le mancassi.
Mi piaceva il modo in cui stavamo costruendo quella relazione, come se non dovessimo nasconderci, come se non ci fosse sempre il pericolo di sbagliare.
Era la mia prima relazione.
Ed io mi ci stavo buttando dentro a capofitto.*
Quel pomeriggio eravamo da me.
Il sole stava per tramontare e noi, dopo esserci goduti un piacevole momento d'intimità, ce ne stavamo stesi, lei a parlare di filosofia ed io a fumare una sigaretta.
Avevo un braccio attorno alle sue spalle, la sua testa poggiata sul petto e i suoi capelli biondi che mi solleticavano la pelle.
In quella posizione Emma poteva sentire ogni mio battito, ogni respiro, mentre io potevo stringerla e bearmi del suo calore.
<< Per questo penso che l'ultima parte del pensiero di Marx sia la più debole >> mi disse, aspettandosi che controbattessi come mio solito.
Avevamo opinioni discordanti su quasi tutti i grandi filosofi e non esitavamo a intavolare lunghe e pesanti discussioni pur di sostenere le nostre idee.
Ma quella volta, stranamente, mi trovo d'accordo.
<< Penso lo stesso >> le risposi infatti, lasciando scivolare il mozzicone nel bicchiere sul comodino.
Il braccio che prima mi era servito per fumare ora lo avvolsi attorno alla sua vita, stringendola di più.
La pelle era così morbida che veniva voglia di accarezzarla per ore, bianchissima e priva di qualsiasi imperfezione.
<< Secondo me il comunismo, almeno come lo intendeva Marx, nella vita reale è soltanto un'utopia >> commentai ancora << Insomma, chi è che rinuncerebbe davvero ai propri privilegi in nome dell'uguaglianza? >>
La sentii annuire contro di me.
Mi piaceva trascorrere così il nostro tempo insieme, avere l'impressione di arricchirmi, di confrontarmi.
Ed ero arrivato a pensare che forse avessi sempre avuto questa parte di me, nascosta sotto la superficialità che mi ostinavo a mostrare, celata agli occhi di tutti se non ai suoi.
<< E poi, vale la pena sacrificare la libertà in nome di questa stessa uguaglianza? >> aggiunse, fortificando la mia idea.
Era una domanda troppo difficile per dare una risposta così diretta, ma il fatto stesso che Marx avesse postulato quelle teorie era uno spunto per rifletterci su.
E lo avremmo fatto.
Sicuramente avremmo perso ore a discutere su quella frase, se solo il suono del campanello non ci avesse fatto sobbalzare entrambi.
Chi cazzo poteva essere?
<< Oh Cristo! >> esclamò infatti lei, scattando in piedi e raccogliendo i suoi vestiti dal pavimento.
<< Chi cazzo può essere? >>
Scossi la testa, imitandola.
La verità era che non ne avevo alcuna idea.
Insomma, i miei erano allo chalet e Cole doveva seguire un convegno all'università.
E se avesse deciso di rincasare prima...?
Mi si gelò il sangue nelle vene.
Nonostante facessi di tutto per dimenticarmelo, il senso di colpa non mi aveva mai davvero abbandonato.
E trovarmi davanti Cole mentre ero con Emma, dovergli spiegare quando e come era iniziata...
No, non ci dovevo pensare.
Respirai a fondo, tentando di farmi coraggio.
Potevo sempre dirgli che Emma era lì per un progetto dell'università, che il professore aveva per forza voluto che lavorassimo insieme o qualche cazzata simile.
Certo, sarebbe stata una scusa veramente banale e poco credibile, ma forse con un po' di fortuna...
<< Che dici, vuoi andare ad aprire? >> sbottò la mia ragazza, nervosa anche più di me.
Forse avrei dovuto calmarla, dirle che ci avrei pensato io, che non sarebbe successo nulla di brutto.
Ma, per la prima volta in quelle due settimane, misi me stesso prima di lei.
Scesi per le scale senza dirle nulla, senza tentare in alcun modo di essere l'uomo della situazione, una spalla forte.
Me la stavo facendo sotto.
E fu così per tutto il tragitto fino alla porta che aprii a rallentatore, sperando che intanto Cole svanisse come per magia.
E forse qualcuno ascoltò le mie preghiere.
<< Mamma? >> quasi urlai, incredulo ed entusiasta.
Era proprio lei.
Il viso rosso per il freddo, le buste della spesa tra le mani.
<< Mike? >> domandò, stranita dalla mia reazione.
Le sorrisi, sentendo tutti i miei nervi distendersi pian piano.
<< Non ti aspettavo così presto >> commentai quindi, prendendole le buste della spesa da mano per portarle in cucina.
Sollevò le spalle.
<< Te l'avevo detto ieri, che oggi non avrei lavorato >> borbottò << Ma ultimamente non mi ascolti mai! >>
Ridacchiai, ricordandomi proprio in quel momento che sì, effettivamente la sera prima aveva provato a parlarmi, ma io ero troppo preso dal mio cellulare per darle retta.
E la mia distrazione ora era al piano di sopra, sicuramente in ascolto.
Che fosse tutto un segno del destino?
Forse dovevo presentarle mia madre.
Del resto, attualmente erano le uniche due donne della mia vita.
<< In realtà non sono solo >> mormorai allora, preso da non so che slancio.
Lei scoppiò a ridere.
<< Chissà perché, ma lo avevo capito! >> commentò divertita.
Svuotò una vecchia bottiglia di latte nel lavandino e poi, con aria spazientita, si voltò verso di me.
<< E allora? Che aspetti a farmi conoscere la biondina? >>
Sorrisi involontariamente, ricordandomi che in fondo era stato solo grazie a lei se avevo trovato il coraggio di dichiararmi ad Emma.
Mia madre, quella sera, mi aveva spinto ad essere me stesso, a dire quello che provavo, a non vergognarmi.
E aveva avuto tremendamente ragione.
Per questo, e per centomila altri motivi, non potevo che esserle grato.
Così tornai al piano di sopra, prendendo per mano un'imbarazzatissima Emma.
<< Sei pronta? >> le mormorai e lei annuì senza troppa convinzione, intimidita da quella situazione nuova e forse un po' prematura.
Nonostante lei e Cole fossero stati insieme tre mesi infatti, lui non le aveva mai neppure accennato ad una presentazione ufficiale, deciso a dare alle cose il loro tempo e a camminare un passo alla volta.
Ma io non ero come lui.
Io avevo voglia di correre, correre fino a perdere il fiato e vedere dove potevamo arrivare.
Non volevo fare le cose con calma, non ora che ero così preso da qualcuno.
<< Le piacerai tantissimo>> le sussurrai quindi, schioccandole un bacio tra i capelli.
<< Oh si, mi piacerai sicuramente! >> esclamò quindi mia madre, la quale aveva assistito alla scena senza che nessuno di noi due se ne rendesse conto.
Emma arrossì di colpo, stringendomi più forte la mano.
<< Ehi tranquilla, stavo scherzando! >> la rassicurò quindi mia madre con aria ironica << Io sono Patricia, piacere >>
<< Lizzie >> la buttò lì Emma << piacere mio >>
Non avendo la sua stessa prontezza, per un attimo mi ritrovai quasi confuso.
Ma non mi ci volle troppo tempo a capire il perché avesse usato un nome falso: certo, Emma non era un nome così inconsueto, eppure alle orecchie di Cole il fatto che nostra madre avesse conosciuto la mia nuovissima fidanzata, bionda, di nome Emma, non sarebbe certamente sembrato una coincidenza.
<< Vi va un thé? >> propose mia madre con tranquillità, ricevendo in risposta da Emma un mezzo sorriso imbarazzato.
Ci spostammo quindi in cucina, sedendoci attorno alla tavola.
Mia madre chiese ad Emma che università frequentasse, da dove venisse, cosa facessero i suoi e cosa invece avrebbe voluto fare lei.
E le risposte che ottenne furono tutte un amalgamato mix di realtà e fantasia, un po' di quello che Emma pensava davvero e un po' di ciò che sapeva mia madre avrebbe avuto piacere di sentirle dire.
Mi piacque quel suo modo di gestire la cosa.
Se all'inizio era sembrata impacciata, pian piano aveva preso a sciogliersi e si era mostrata per quello che era, la ragazza spiritosa e di carattere che mi aveva conquistato.
<< Sei proprio un bel tipo, Lizzie >> le disse infatti mia madre d'un tratto, facendola sorridere.
<< Come fai a sopportare un'idiota come mio figlio? >> aggiunse poi, provocando stavolta una risata generale.
Alzai gli occhi al cielo divertito.
<< A proposito, stasera cosa fate? Restate qui a cena? >>
Emma si affrettò a declinare.
<< La ringrazio Patricia, ma i miei mi aspettano >>
Ovviamente non era vero, ma non poteva rischiare di incontrare mio fratello per nessuna ragione al mondo, non ora che aveva perfino conosciuto mia madre in veste di mia fidanzata.
<< E tu, Mikey? Esci con i ragazzi? >>
Scossi la testa.
Mia madre, al contrario di quello che avrebbe fatto di solito, sembrò disapprovare.
<< Sono settimane che non esci con Steph >> mormorò.
<< E non vedo Cheryl gironzolare per casa da una vita >> aggiunse poi, disegnando con le sue parole una smorfia infastidita sul volto di Emma.
Fortunatamente non avevamo mai aperto quell'argomento tra noi e speravo che non l'avremmo fatto.
Insomma, cosa avrei mai potuto dirle?
Come avrei potuto rappresentarle una situazione che neppure io avevo ancora capito?
<< Semplicemente loro passano tutto il tempo in discoteca ed io non ne ho voglia >> risposi svogliatamente.
Il solo sentir nominare Cheryl aveva rovinato il mio umore e, in più, odiavo dovermi giustificare per come passavo il mio tempo.
Anche se si, era vero, non uscivo con i ragazzi da capodanno più o meno, cioè da prima che tutta quella situazione iniziasse a rimbombarmi in testa, prima in negativo e poi in positivo.
Ma mia madre non aveva comunque il diritto di dirmi cosa dovessi fare e cosa no.
E dovette accorgersi della mia stizza, perché cambiò subito argomento, concentrandosi nuovamente su Emma.
O meglio, su Lizzie.*
<< Allora, cosa ne pensi? >>
Emma se n'era andata da soli dieci minuti, eppure io non potevo resistere alla tentazione di ascoltare il giudizio di mia madre.
Nonostante non condividessi molte delle sue idee, come le osservazioni di poco prima circa i miei amici, il suo parere per me era comunque infinitamente importante.
<< Lizzie mi piace molto >> rispose distrattamente mentre tagliava delle carote, l'aria di chi sta volutamente celando una parte della verità.
<< Ma...? >>
Mi sentivo come uno stupido bambino, implorante, disperatamente in cerca della sua approvazione.
<< Ma niente, Mike >> mi liquidò, spostandosi sul balcone per andare a svuotare la lavatrice.
Non mi fidavo di quel suo silenzio.
Sapevo che c'era qualcosa che votava di dirmi, forse per paura che ci rimanessi male.
<< Mamma, vuoi dirmi cosa pensi davvero? >> le chiesi allora, ancora.
Sbuffò.
E poi lasciò metà della lavatrice svuotata sul pavimento, cosa mai successa, voltandosi verso di me con aria seria.
<< Lei mi piace, ma non mi piace con te >> ammise finalmente, con aria infastidita per la mia insistenza.
E allora mi diedi ragione da solo: aveva preferito tacere per non deludere le mie aspettative.
Ma, ora che aveva iniziato, non si fece pregare per continuare.
<< Quando stavi con Cheryl >>
Alzai gli occhi al cielo, annoiato.
<< Mà, io e Cher non siamo mai stati...>>
<< Oh, come ti pare! >> sbottò << Quando eri in compagnia di Cheryl, comunque, ti comportavi diversamente >>
Non capivo dove volesse andare a parare.
Cheryl ed Emma erano infinitamente diverse, certo (e per fortuna), ma io ero sempre lo stesso.
<< Andavi a ballare con i tuoi amici, eri sempre in giro, lei ti metteva in riga ma senza reprimerti, ti consigliava cosa fare e tu l'ascoltavi solo quando aveva ragione mentre le davi contro se aveva torto >> prese ad elencare cose che neppure credevo avesse mai notato.
Cose che io stesso non avevo mai notato.
<< Tornavate a casa talmente ubriachi che vi avrei preso a sberle, ma eravate sempre sulla stessa lunghezza d'onda, sempre a fare insieme qualsiasi cazzata, a spalleggiarvi contro tutto e tutti >>
Scosse la testa, come a voler scacciare dalla testa tutte le immagini che aveva creato.
<< Con Lizzie sei diverso >>
Non mi diedi neppure il tempo di pensare alle sue frasi precedenti, che subito le chiesi: << Diverso come? >>
Non m'interessava quello che di bello c'era tra me e Cheryl.
Di quel discorso, non volevo ascoltare neppure una parola.
Quello che volevo sapere, invece, era cosa credeva stessi sbagliando con Emma, cosa l'aveva portata a formulare tutto quel discorso.
<< La guardi di continuo dopo aver parlato, quasi avessi bisogno della sua approvazione, non la contraddici mai, sei attento a non fare o dire cose che potrebbero darle fastidio >> rispose, persa nei suoi pensieri.
<< Non esci più, non vedi i tuoi amici >> aggiunse malinconica << Tu provi a non darlo a vedere Mike, provi ad essere naturale, ma io ti conosco e lo capisco che non sei te stesso, non quando c'è lei >>
Incassai il colpo, ma non riuscivo ad essere d'accordo con lei.
Io non fingevo con Emma, ero me stesso.
Lo ero sempre stato, era questo ad averla conquistata.
Il mio modo di volerla, il mio dire sempre le cose come stavano, la mia irruenza, la mia perenne scazzatura.
<< E non è neppure colpa tua, semplicemente è la tua prima storia e credi che questa sia la maniera giusta di viversela >>
La maniera giusta?
A dire il vero non c'avevo mai pensato.
Tutto ciò che stavo tentando di fare era stare bene, evitare i problemi, godermi le emozioni che provavo.
Ed era vero, stavo trascurando i miei amici, ero chiuso in una bolla in cui non c'era posto per altri se non lei...ma era normale che fosse così, no?
Emma era la mia ragazza ed io volevo trascorrere con lei tutto il tempo possibile, anche a costo di dover sacrificare quello da dedicare a me stesso o a qualcun altro.
Cosa c'era di sbagliato?
<< Ma vedi, Mike, stare con qualcuno non significa rinnegare se stessi >>
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Emma
ChickLit'I wanna hold you when I'm not supposed to, when I'm lying close to someone else.' E allora non lo sapevo né potevo saperlo, ma io da quella ragazza non ne sarei più uscito. O meglio, sarebbe stata lei ad incastrarsi tra le mie costole, a togliermi...