26. Intruso in casa

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Merda, sembra morto.

Con la punta del piede gli tocco una gamba, nessuna reazione. Panico. Sento il battito accelerato, non so che fare. Vedo che attaccata alla cintura ha della corda... Il pensiero che volesse usarla per legarmi mi gela le vene, la prendo con cautela e senza pensarci più del dovuto gli lego i polsi.

Chiamo la polizia, terrorizzata. Mi dicono di non farlo scappare, ma con la botta che ha preso probabilmente non si sveglierà subito.

Quando il campanello suona apro immediatamente, due poliziotti entrano in casa e iniziano a riempirmi di domande... Ma io non riesco a spostare lo sguardo dall'uomo a terra.

Uno dei due si avvicina al corpo mentre l'altro cerca di tranquillizzarmi, si inchina e con due dita gli tocca il collo.

"È vivo" dice soltanto.

Meno male. Tiro un sospiro di sollievo.

Decidono di portare in ospedale sia me che lui, mi dicono che verrà interrogato e arrestato, che anche con il miglior avvocato non se la caverà facilmente e mentre un infermiere controlla i miei riflessi, mi chiede se riesco a parlare.

Annuisco lievemente, non ne sono nemmeno sicura.

"Posso tornare a casa?" imploro, stanca, sono già le 7 del mattino.

"Fra poco ti farò firmare tutte le scartoffie per la dimissione, dovrai riposare molto, avvisa chi devi e non restare sola in casa, va bene?" mi dice il ragazzo con voce calma.

I suoi occhi verdi mi tranquillizzano subito e annuisco con un sorriso quasi invisibile.

Mezz'ora dopo, Luca era stato avvisato.

Non voglio tornare a casa e Luca sembra capirlo, guida direttamente fino a casa sua e gli sorrido per ringraziarlo. Mi addormento esausta in macchina, come ultimo ricordo le braccia di Luca che mi prendono di peso.

Quando mi risveglio ci metto un po' a ricordare come sono finita qui, facendo mente locale, poi, ricordo immediatamente l'accaduto della sera prima e rabbrividisco.

Mi viene in mente Matteo e anche i ristoranti, mi alzo dal letto lentamente, Luca sarà a lavoro quindi mi ha lasciata sola. Trovo il mio cellulare sul tavolo della cucina, ancora attaccato al caricabatterie, sorrido, Luca pensa sempre a tutto.

Ho molti messaggi e numerose chiamate, molte di queste sono di Matteo. Lo richiamo subito, poi penserò agli altri.

"Hei" dico appena risponde, con la bocca ancora impastata dal sonno.

"Francesca! Stai bene, grazie a Dio. Sono rimasto in pensiero tutta la notte, sono venuto anche a casa tua ma non c'era nessuno e al ristorante era sparito anche Luca" sputa velocemente agitato.

"Sto bene, sono a casa di Luca, adesso. Non mi andava di dormire a casa mia, non credo ci tornerò molto presto" dico con voce terrorizzata, senza preoccuparmi di sembrare calma.

"Avresti potuto farti portare da me" sussurra, sembra deluso.

"Ero già con Luca, poi non volevo disturbarti, era tardi" dico, sincera.

"Se ti va puoi stare da me, finché non ti sentirai pronta a rimettere piede in casa" mi dice, cambiando il tono della voce.

"Mi piacerebbe molto" rispondo in un sorriso.

Gli lascio l'indirizzo di Luca, vado in bagno per darmi una sistemata e gli rubo dei vestiti, poi scendo nello stesso momento in cui la macchina di Matteo accosta davanti al portone.

Salgo in macchina e ci abbracciamo, poi mi dice di aver avuto un idea e senza farmi sapere nulla, mi trascina in macchina ed inizia a guidare verso una meta a me sconosciuta.

Io:-Dove stiamo andando?- chiedo, ma vengo ignorata.

Io:-Allora?- continuo dopo poco, impaziente.

Matteo:-Sto guidando- risponde in un sorrisetto furbo, tenendo gli occhi fissi sulla strada.

Io:-Non hai la più pallida idea di dove andare, vero?- chiedo osservando la sua espressione confusa e pensierosa.

Matteo:-Già-si lascia scappare un sorrisetto imbarazzato ma alla fine scoppiamo a ridere entrambi.

Penso velocemente a dove potremmo andare e mi viene in mente una gelateria di Bologna in cui amo andare.

Io:-Andiamo in gelateria?- propongo e vedendolo annuire, gli spiego come arrivare a quella in cui voglio andare.

Questa gelateria, è da sempre un posto accogliente e allegro. Il gelato è fatto artigianalmente e le cialde sono di mille forme e colori. Quando entriamo infatti, mi salta all'occhio una ragazza alla cassa. Alta, con il fisico longilineo e gli abiti totalmente neri. Un paio di anfibi ai piedi, dei jeans neri con una stringatura dietro le gambe, una giacca di jeans piena di borchie e una chioma nera con ciocche viola. Una bambina si avvicina a lei, chiamandola mamma, lei la prende in braccio e prendono il gelato. Lei, prevedibilmente, sceglie un gelato con la cialda nera, sorrido, osservando la bambina sceglierne una rosa. Solo dopo mi rendo conto che non sono sole. Un ragazzo molto bello accanto a lei, le osserva con un sorriso sincero. Un giorno anche io vorrei avere una famiglia come loro.

Matteo mi risveglia dai miei pensieri, scegliamo il gelato e ci sediamo nel tavolino accanto al loro. La ragazza si gira a guardarmi e sorride, poi torna alla sua famiglia.

Matteo:-Tutto bene?- mi chiede, preoccupato, con una mano sulla mia spalla.

Io:-Sì- sorrido tranquillizzandolo.

Mangiamo il gelato e mi sento una bambina, quando mia madre mi portava qui da piccola, era sempre una festa.

Matteo:-Certo che ti sai difendere, eh!- esclama orgoglioso, alludendo a questa notte

Io rabbrividisco al breve flashback che la sua frase ha provocato.

Io:-Per fortuna mia madre ha lasciato quel mattarello sul piano della cucina, altrimenti non so cosa avrei fatto- dico pensando a voce alta, dicendolo più a lui che a me.

Matteo:-E se ci fosse stata una banana lì sul piano della cucina?- dice come se nulla fosse ed io, pensando alla sua ipotesi, scoppio a ridere immaginando la scena.

Ridiamo entrambi e ci concentriamo nuovamente sui nostri gelati, sordido vedendolo gustare il suo gelato al limone ricordando che in effetti è il suo gusto preferito. Limone, frutto aspro e amato da pochi.. tutto il contrario di lui che è dolce e premuroso, adorato da tutti.

Una volta finito il gelato torniamo velocemente in macchina diretti verso casa sua, dove mangiamo un panino dato che è ora di pranzo. Mi siedo sul suo divano, pensando a quanto sono stata fortunata ieri sera, rabbrividisco al pensiero di cosa mi sarebbe potuto succedere e sorrido nel ricordare che è solo una paranoia. Quando Matteo si siede vicino a me, mi accoccolo sulla sua spalla, godendomi la vicinanza. Non ho dimenticato la telefonata che ho accidentalmente sentito l'altro giorno e nemmeno il suo comportamento strano poi, ma al momento decido di pensare a sentirmi meglio, così chiudo gli occhi e mi stringo a lui, che in risposta mi lascia un bacio fra i capelli.

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Non uccidetemi per la lunga assenza, anche se me lo merito.

Indipendence (Completata)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora