Capitolo sette - Coerenza

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Capitolo sette - Coerenza


Quella notte, Miles le aveva chiesto spiegazioni tramite Whatsapp e successivamente aveva provato a chiamarla, ma lei l'aveva ignorato per poi spegnere il cellulare. Emma, d'altro canto, non aveva dormito né era riuscita a trovare una posizione che fosse almeno rilassante: i pensieri rimbalzavano energicamente nelle membra stanche, portandola all'esasperazione.

Si era comunque ripromessa di affrontare la questione a testa alta e senza rimandare ulteriormente, nonostante si sentisse estremamente debole: i problemi con Miles la debilitavano oltre ogni misura.

Era quasi ora di pranzo e lei era davanti alla porta del suo appartamento, con il mazzo di chiavi in una mano e l'altra stretta a pugno. Sentiva il vociare sommesso della televisione ed immaginava Miles sdraiato sul divano, con un cipiglio annoiato a fargli compagnia.

Inspirò a fondo ed aprì la porta, entrando cautamente e quasi senza far rumore: non si guardò intorno mentre lasciava la borsa sul tavolino lì affianco, né mentre camminava verso il centro del piccolo salotto. Alzò lo sguardo solo quando intravide la figura di Miles seduta a terra, con la schiena contro il divano e le gambe distese sul tappeto morbido: la stava osservando con gli occhi nervosi di chi non capisce e di chi aspetta una spiegazione. Capelli in disordine ed occhi assonnati, indossava una canottiera grigia ed un paio di boxer scuri: il suo corpo sembrava teso.

«Che succede?» Le chiese a bassa voce, senza muoversi.

Emma era ancora in piedi a poco più di un metro da lui: la frustrazione le logorava l'autocontrollo. «Non lo so, volevo chiedertelo io» ribatté piccata.

«Di cosa stai parlando?» La calma nella sua voce le dava sui nervi, nonostante la conoscesse molto bene.

«Ho incontrato Lea ieri sera» rispose allora. «E dovrei ringraziarla, perché è stata lei ad informarmi di una nuova ipotetica crisi tra di noi: strano, vero?»

Miles distolse lo sguardo e sospirò, improvvisamente consapevole dell'argomento che si accingevano ad affrontare. Si passò una mano sul viso e poi dietro al collo, alzandosi in piedi lentamente. «Emma...» esclamò, avvicinandosi di un paio di passi ed allungando una mano verso di lei.

Emma si ritrasse e lo interruppe. «No, Miles» disse seriamente, sostenendo il contatto visivo. «Solo pochi giorni fa mi hai detto che non dovrei tenere nulla per me, perché non è questo che ci eravamo promessi, e poi ti comporti così. Sono io la tua ragazza, non Lea, e dovresti parlare con me di qualsiasi cosa tu stia passando.»

«C'è davvero bisogno che te ne parli?» Le domandò senza scomporsi, come se si aspettasse che sapesse a cosa si stava riferendo.

Lei corrugò la fronte, confusa. «Certo!» Rispose, alzando di poco la voce. «O preferisci fare come l'ultima volta?» Lo accusò, con una fitta al centro del petto. A nessuno dei due piaceva ricordare il periodo che li aveva divisi con un abisso di risentimento e colpevolezza, quel tradimento che li aveva spezzati, ma Emma era troppo spaventata per non ricordarlo, per non confrontare le due situazioni. Anche allora Miles le aveva nascosto un momento difficile, che poi l'aveva portato a quel gesto estremo: non gli avrebbe permesso di assumere di nuovo quell'atteggiamento.

«Perfetto» esclamò lui a denti stretti, gesticolando per l'improvviso nervosismo che lo colpì. «Torniamo sempre alla stessa storia. Per quanto tempo ancora vorrai rinfacciarmelo?» La sua voce stava cedendo, stava perdendo la pacatezza che la caratterizzava.

«Fino a quando continuerai a comportarti allo stesso modo!» Replicò Emma, avvicinandosi di un passo. Non poteva sopportare un replay così sgradevole, un silenzio che le sembrava troppo minaccioso.

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