Capitolo ventidue - Sì

5.3K 151 27
                                    

Capitolo ventidue - Sì


Harry le aveva già inviato un messaggio con scritto di uscire di casa, ma Emma si stava ancora guardando allo specchio: non era in panico, ma quasi. Sconcertata dalla propria insicurezza, il peso di quell'appuntamento la stava facendo sprofondare in un moto di insoddisfazione.

I capelli raccolti con forcine fastidiose sulla spalla sinistra, mossi e poco voluminosi, le sembrarono all'improvviso solo disordinati. L'eyeliner nero la ingannava divertendosi a risultare asimmetrico, sui due occhi brillanti e contornati da un ombretto chiaro quasi quanto la sua pelle. L'abito color panna, dalle maniche a tre quarti e ricoperto da fantasie in pizzo, tutto ad un tratto le evidenziò qualsiasi difetto fisico lei potesse elencare, mentre l'ampia scollatura sulla sua schiena nuda le appariva volgare, più che elegante. Le decolleté in velluto nero non erano più tanto comode, ma solo una trappola mortale.

«Un disastro» mormorò, afferrando la pochette dal letto disfatto ed ignorando la suoneria del proprio cellulare. Abbassò le palpebre e respirò profondamente, come se avesse dovuto prepararsi ad una prolungata apnea: sapeva di non avere nulla da temere, di aver ricontrollato ogni particolare decine di volte, prima di scegliere quello adatto, e di aver raggiunto un risultato invidiabile, ma il solo pensiero di Harry che l'avrebbe guardata camminare verso di sé, carico di aspettativa e magari di brama, la disorientava: un'assurdità, se si teneva conto dell'innata vanità e sicurezza di Emma Clarke.

Constance e Ron erano sdraiati sul divano, in attesa di cenare: sapevano che la figlia stesse per uscire, ma non sapevano con chi o in che termini. Così, la prima la osservava con sfacciata curiosità, sorridendo cauta e maliziosa. Il secondo, invece, la scrutava con sospetto e minaccia, quasi a volerla mettere in guardia nonostante i suoi ventidue anni.

Emma indossò il cappotto beige e si inumidì le labbra dipinte di un rosso accesso, in un vago richiamo alle lentiggini poco visibili: ormai qualche minuto in ritardo, salutò flebilmente i genitori ed uscì di casa.

Harry la stava aspettando in macchina e lei poteva già immaginare il cipiglio sul suo volto, dovuto all'impazienza e all'attesa - forse snervante come la sua. Camminò lentamente verso il cancelletto d'entrata, sempre più confidente nel proprio aspetto e fiduciosa nello svolgersi della serata.

Quando aprì lo sportello udì una canzone proveniente a basso volume dall'autoradio: prese posto sul sedile e si schiarì la voce, voltandosi lentamente e con finta indifferenza verso di lui.

Harry aveva una mano abbandonata mollemente sul volante, che subito si chiuse con nervosismo intorno ad esso, e le iridi ferme su di lei: in silenzio, stava percorrendo ogni tratto del suo volto, senza accorgersi delle labbra che si schiudevano spontaneamente, e poi ogni curva del suo corpo forse troppo coperto, a giudicare dall'espressione indispettita che per un brevissimo istante si trovò ad assumere.

Emma si sentì subito soddisfatta, desiderata, e sorrise apertamente. «Ciao» lo salutò con semplicità: non credeva che avrebbe ricevuto un complimento verbale, ma aveva a disposizione altri indizi per compensare quella lieve mancanza.

Harry alzò un sopracciglio e la guardò negli occhi. «Quanto volevi farti aspettare?» La rimproverò a bassa voce, mettendo in moto l'auto e leccandosi le labbra, per poi morderle appena. Lo conosceva abbastanza bene, ormai, da capire facilmente quali suoi comportamenti fossero duri per natura e quali invece una mera copertura per emozioni da nascondere.

Si sporse verso di lui, prima che ingranasse la marcia, e gli baciò un angolo della bocca. «Scusa» esclamò in tono infantile, divertendosi a stimolare delle reazioni nella sua maschera impassibile.

High hopesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora