Capitolo ventuno - Paura
Emma lo vide non appena varcò i cancelli dell'università: aveva la testa pesante a causa delle lezioni impegnative e del pranzo ancora da addentare, ma la figura di Harry era certamente il fattore più determinante nel suo malconcio stato d'animo.
Sbuffò e si spostò i capelli sciolti sulla spalla destra, camminando lentamente ma con fare deciso: lui stava fumando davanti alla propria auto, con indosso dei pantaloni scuri, una camicia celeste e gli occhiali da sole, nonostante il cielo fosse reso meno brillante da una coltre di nubi chiare.
Posare lo sguardo sul suo viso teso le ricordava la discussione risalente al pomeriggio precedente: ovviamente Harry non aveva risposto al suo messaggio, per quanto il contenuto potesse essere discutibile, ma almeno aveva avuto il riguardo di cercarla, forse di tentare un chiarimento.
Emma si arrestò di fronte a lui senza dire una parola ed incrociando le braccia al petto, dopo aver sistemato meglio la cinghia della borsa colma di libri. Era stanca ed irritata, ma pronta a raggiungere un compromesso.
Harry si limitò a terminare la sigaretta con una lunga inspirazione, per poi buttarla a terra e spegnerla con la punta dello stivale rovinato: con un distratto cenno del capo le intimò di seguirlo e lei gli diede ascolto, aspettando di poter entrare in macchina. Ogni movimento che compivano era avvolto nel silenzio di fruscii e nervosismo.
Non gli chiese dove avesse intenzione di portarla, sia perché il vecchio timore delle automobili la stava nuovamente minacciando, sia perché il modo in cui Harry stava stringendo il volante le suggeriva di non interpellarlo. Si decise quindi ad aspettare, approfittando di quel lasso di tempo per formulare delle idee coerenti.
Distratta dallo scorrere veloce del paesaggio al di là del finestrino, Emma quasi sobbalzò quando l'auto accostò all'improvviso, pochi minuti più tardi. Cercò di non manifestare la sorpresa scaturente dal non essere giunti ad una meta particolare, ma solo nei pressi del modesto parcheggio vuoto di un ristorante ancora chiuso: credeva che Harry avesse semplicemente abbandonato l'idea di arrivare fino in fondo, decidendo di fermarsi prima solo per poter sfogare la sua irrequietezza.
Lo osservò in silenzio mentre scendeva dalla macchina e la aggirava a passi svelti, mentre apriva il suo sportello invitandola implicitamente a raggiungerlo: Emma inspirò a fondo, appoggiò la borsa ai piedi del sedile ed abbandonò l'abitacolo, tornando vittima di una brezza pungente.
Harry le fu addosso in un istante.
Con le mani sul suo volto, le coprì la bocca con la propria in un impeto di tale foga da costringerla ad indietreggiare, fino ad incontrare la carrozzeria dell'auto, dura contro la sua schiena. La baciò famelico, arrabbiato, e lei non si sottrasse ad una simile dimostrazione, molto più eloquente di qualsiasi parola: da come il suo respiro si mostrava spezzato e veloce, da come le sue dita premevano sulla sua pelle, poteva capire il grado della sua irritazione, ma anche la profondità del legame che ormai li univa.
Emma raccolse le mani contro il suo petto, desiderosa di assecondarlo, nonostante potesse leggere nei suoi gesti anche una punta di presunzione: anche lei aveva bisogno di quel contatto, sebbene fossero nel bel mezzo di un problema irrisolto e di peso, nel loro percorso. Harry, però, si arrestò proprio quando la frenesia della loro brama si azzardò a sfiorare un limite di non ritorno.
Fece un passo indietro alzandosi gli occhiali da sole sul capo, a trattenergli i capelli disordinati, e stringendo i pugni lungo i propri fianchi: la mascella serrata e gli occhi furenti indicavano che fosse pronto ad un confronto, adesso, dopo aver soppresso un altro tipo di inquietudine.
STAI LEGGENDO
High hopes
RomanceSequel della storia "Little girl". Estratto: "«Respiri, quando sei con lui?» Lo ami? «Non azzardarti ad usare contro di me le mie stesse parole», lo ammonì Emma, facendo aderire un po' di più la sua schiena alla parete fredda. Stringeva i pugni per...