Capitolo diciassette - Replay

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Capitolo diciassette - Replay



Emma arrivò al Rogers Museum con un certo anticipo, come richiesto: nonostante il museo si estendesse su due piani, la mostra avrebbe occupato solo il primo, dal pavimento in marmo scuro impreziosito da venature di un grigio pallido, ripreso dalle pareti alte.

All'entrata ebbe modo di guardarsi intorno ed accertarsi velocemente che tutte le opere fossero disposte come da programma: Miles era a qualche metro di distanza, immobile dinanzi ad uno dei suoi ultimi dipinti. Le dava le spalle, tenendo le mani nelle tasche dei pantaloni scuri: aveva un abbigliamento più casual rispetto alla mostra precedente, ammorbidito da un maglioncino beige ben stirato e dal quale faceva capolino il colletto di una camicia bianca.

Emma dovette chiudere gli occhi ed inspirare profondamente, stringendo tra le mani la pochette nera e lucida. Camminare verso di lui necessitava di uno sforzo immane, in grado di mettere a dura prova la sua perseveranza: non poteva tirarsi indietro, non poteva evitarlo, ma come poteva incontrarlo senza sentirsi schiacciare da un peso asfissiante sul petto?

A pochi passi da lui, si trovò a riflettere su quanto fossero ormai distanti e diversi, dall'ultima volta che si erano trovati in una situazione simile.

«Miles?» Lo chiamò piano, alzando lo sguardo verso il suo viso ed attirando la sua attenzione: i lineamenti spigolosi, ma non privi di armonia, le si rivolsero contro come per sfidarla con i ricordi che trascinavano con sé.

«Ehi...» sussultò lievemente lui, schiarendosi la voce e guardandosi intorno per un istante. «Non ti ho sentita arrivare» confessò: i suoi pensieri dovevano esser stati piuttosto profondi, se erano riusciti a coprire il rumore dei tacchi di Emma, sempre più vicini.

Lei si strinse nelle spalle e si obbligò a spiare il quadro di fronte a sé, nel disperato tentativo di sentire un po' di meno. Miles la stava osservando senza essere insistente, ma privo di esitazione: l'aveva sempre fatto, aveva sempre dimostrato la sua sicurezza inespugnabile, ed anche in quel momento non si tratteneva dal reclamare dei diritti.

«Manca solo mezz'ora» sospirò Emma, incapace di sopportare il silenzio e le proprie emozioni. Quando si voltò nella sua direzione, vide il suo sguardo spostarsi dalle sue gambe ai suoi occhi, come di ritorno da un'attenta analisi: le venne da chiedersi se si fosse soffermato sul suo corpo con una certa amara nostalgia, se anche lui si stesse confrontando con il naturale istinto di toccarla, se fosse stato attratto solo dalla jump suit nera ed elegante che indossava.

«Sembra un'infinità di tempo» rispose lui a bassa voce. L'espressione delle sue iridi, tanto scure da sembrare vuote, sembrava volerle suggerire un riferimento più intimo nascosto tra quelle parole di circostanza.

Emma inspirò lentamente e strinse i pugni, rabbrividendo.

Un'infinità di tempo da quando Miles aveva rappresentato il tutto del quale nutrirsi.

«Sai, stasera ci sarà anche Lea» aggiunse lui poco dopo, quasi si fosse accorto dell'atmosfera nella quale erano improvvisamente precipitati.

Lei forzò un sorriso, ma dovette abbassare lo sguardo: non le dispiaceva per la sua presenza, ma temeva che avrebbe commentato la loro rottura ed era proprio quello di cui non aveva affatto bisogno. Non si sentivano da molto, praticamente dalla festa di compleanno di Zayn, ma non era lei l'unica fonte di informazioni.

«Le ho chiesto di farsi gli affari suoi» aggiunse Miles, come leggendole nel pensiero ed ammorbidendo la voce in una leggera rassicurazione. Era difficile ammonire Lea, perché la sua vivacità non era pienamente controllabile, ma si poteva comunque tentare.

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