Capitolo ventisette - Fino a questo punto

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Capitolo ventisette – Fino a questo punto


Emma rabbrividì con un sorriso trattenuto sulle labbra, a causa del bacio leggero che Harry le lasciò sulla caviglia fine: non riusciva a distogliere lo sguardo dal suo corpo nudo, dalle linee che definivano i suoi muscoli.

Era quasi ora di pranzo e la stanza di Harry era pienamente illuminata dal sole freddo di quella giornata: circondati dalle lenzuola stropicciate del suo letto, entrambi sapevano che avrebbero finito per possedersi ancora una volta da un momento all'altro. Nell'attesa, ad Emma non restava che pazientare e godersi la cura che lui le mostrava nel percorrerle il corpo con la bocca e le dita.

Anche se i suoi pensieri erano macchiati da una vaga preoccupazione, ben distante da quell'atmosfera.

«Sei sicuro di voler venire?» Domandò lentamente, osservandolo attentamente con la schiena appoggiata alla testiera del letto.

Harry alzò il viso e continuò ad accarezzarle il polpaccio destro: con i capelli disordinati, la guardò sollevando un sopracciglio e sorrise malizioso.

Lei alzò gli occhi al cielo e scosse la testa. «Intendo dire a cena a casa mia» rettificò.

Era giovedì e mancavano poco più di ventiquattro ore al fatidico avvenimento. Emma non riusciva a trattenere la propria inquietudine: senza contare la breve discussione sul quando avrebbe dovuto sottoporsi alla tortura, era la prima volta che accennava al discorso. Aveva disperatamente desiderato che Harry cambiasse idea, nei due giorni precedenti, ma nessun indizio era riuscito ad illuderla di quella possibilità: dal momento che persino suo padre non si era rivelato restio all'idea, messa alle strette, doveva evidentemente occuparsene da sé.

Harry sospirò sonoramente, piegandosi per respirarle sul ginocchio. «Vuoi parlarne proprio adesso?» Le domandò a bassa voce, dimostrando il suo interesse per tutt'altra occupazione.

Lei increspò le labbra e si morse l'interno di una guancia. «Prima o poi dovremo farlo» perseverò, senza rifiutare le sue attenzioni.

«Allora rimandiamo a più tardi, hm?»

Emma inspirò a fondo per sopportare le piacevoli labbra di Harry sul proprio interno coscia, ma non si lasciò scoraggiare. «Dico solo che dovresti pensarci bene» continuò quindi.

Lui sbuffò, arrendendosi alla sua insistenza, e si lasciò cadere al suo fianco: si coprì il viso con un braccio, poi si voltò a guardarla con un'espressione contrariata. «Ci ho già pensato» le rispose.

«Mia madre ti ha invitato solo per farmi un dispetto, dato che le ho mentito riguardo quella sera...»

«Così mi offendi» la interruppe Harry, senza particolare entusiasmo.

«E non è vero che mio padre sarà felice di averti a cena con noi» proseguì lei, incrociando le braccia sul petto nudo e citando le parole di Constance. «Sono sicura che starà progettando un interrogatorio al quale sottoporti, e fidati, non sarà affatto piacevole.»

«Penso di poter resistere ad un padre protettivo» le ricordò Harry. «In fondo devo già sopportare la figlia.»

Emma lo ignorò. «Senza contare il fatto che è... Be', è un passo importante. Incontrare la mia famiglia, intendo. Non devi sentirti obbligato solo perché mia madre ti ha invitato: sarebbe comprensibile se tu non volessi....»

«Emma» la chiamò lui, senza darle l'opportunità di continuare l'elenco delle sue riserve riguardo la cena che li attendeva.

Lei si voltò a guardarlo, in attesa di parole che non riusciva ad immaginare: non era contraria al fatto che Harry potesse conoscere l'intero patrimonio genetico dei Clarke, ma non si era preparata all'eventualità. Tra tutti gli avvenimenti con i quali aveva dovuto confrontarsi, una simile evoluzione della situazione non era assolutamente comparsa nella sua sfera di eventualità. Non riusciva ad abituarsi all'idea, né a concepirla del tutto, senza contare che non sapeva cosa aspettarsi: se fosse stato troppo presto? Troppo azzardato? Se Harry e suo padre avessero litigato?

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