Capitolo diciotto - Nel mezzo
Messaggio inviato: ore 11.06
A: Zayno
"È vero che Harry vuole tornare a Bristol?"
Un nuovo messaggio: ore 11.13
Da: Zayno
"Sì"
---
Emma non voleva esattamente fermarlo, né pregarlo di restare o di non lasciarla (lasciarla?): non era nella posizione adatta per farlo, non c'era nulla che potesse sostenere solidamente una tale pretesa, nessuna briciola d'orgoglio a permetterle anche solo di pensarci. E lui non se lo meritava.
Più che altro voleva fargli capire quanto la sua intelligenza stesse diminuendo in proporzione al passare del tempo, tanto da rasentare un'assurda idiozia che la urtava oltre ogni limite.
Innanzitutto la sua idea di partire per Bristol era inequivocabilmente insensata: se Harry non poteva permettersi ulteriori lavori nel nuovo appartamento, come poteva affrontare una vita parallela in un'altra città, per quanto temporanea? L'instabilità del progetto l'aveva più volte portata a dubitare della sua veridicità, ma persino Zayn era a conoscenza della sua imminente dipartita e c'erano ipotesi che potevano sostenerla: per esempio, questo fantomatico amico in grado di offrirgli un lavoro - e che Emma aveva davvero iniziato ad odiare - avrebbe potuto disporre di un posto in cui ospitarlo gratuitamente, che quindi gli avrebbe concesso di avere più guadagni che spese.
Non si era soffermata più del dovuto su interrogativi simili, comunque, perché non voleva ammettere di essere così disperata da aggrapparsi a qualsiasi possibilità avesse potuto cancellare la partenza di Harry.
Secondariamente, tralasciando la discutibilità di quel progetto, Emma non gli avrebbe permesso di andarsene senza prima aver compreso quanto in basso fosse caduto con il suo comportamento: a costo di calpestare la propria dignità, a costo di cercarlo dopo due giorni di un silenzio ancora pieno delle loro ultime grida, non glielo avrebbe permesso.
Emma non voleva fermarlo, né pregarlo di restare o di non lasciarla, ma non era una bugiarda, almeno non con se stessa: non poteva negare che se per caso Harry avesse deciso di cambiare idea, lei avrebbe potuto sorridere di sollievo, respirare senza dolore.
Dopo essersi presentata tramite il citofono gracchiante del vecchio appartamento di Harry, si appoggiò con la schiena ad una macchina lì parcheggiata ed incrociò le braccia al petto: continuava a torturarsi un labbro e a muovere nervosamente una gamba, imprecando contro il cielo scuro del tardo pomeriggio.
Lui comparve dopo un paio di minuti - troppo tardi, secondo l'irremovibile pazienza di Emma - e si limitò ad osservarla in silenzio, con una strana espressione a dipingergli il volto: indossava una tuta smessa e grigia, con un paio di sneakers allacciate male.
«La tua idea fa schifo» esordì lei, senza muoversi. I suoi occhi mangiavano avidamente la distanza che Harry continuava a rispettare, fermandosi con nervosismo nei suoi. Avrebbe voluto iniziare il discorso in un altro modo, con accuse ben più significative, ma era stata tradita dalla sua stessa smania di dire qualcosa. «Non ha senso tornare a Bristol e pagare una vita lì, quando non puoi nemmeno permetterti un appartamento qui.»
Continuava a mantenere un tono solido, duro, esclusivamente per nascondere il reale problema.
«Sei venuta solo per darmi il tuo parere a riguardo?» Domandò quindi Harry, con la voce ricca di snervante tranquillità.
STAI LEGGENDO
High hopes
RomansaSequel della storia "Little girl". Estratto: "«Respiri, quando sei con lui?» Lo ami? «Non azzardarti ad usare contro di me le mie stesse parole», lo ammonì Emma, facendo aderire un po' di più la sua schiena alla parete fredda. Stringeva i pugni per...