Capitolo otto - Tutti gli altri esseri umani

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Capitolo otto - Tutti gli altri esseri umani


Era così smaniosa di porre fine alla propria impazienza da non averlo nemmeno avvertito: si era semplicemente alzata dal letto frettolosamente, con l'orologio che segnava le 10.23 di mattina, senza preoccuparsi di cambiarsi e di sostituire la tuta leggera che indossava o la canottiera bianca un po' troppo scollata, e si era precipitata fuori di casa, con il viso struccato ed i capelli appena in disordine. Aveva guidato fino a casa sua e aveva approfittato di un inquilino appena uscito dal portone per potersi intrufolare all'interno, senza annunciare la propria presenza. Aveva percorso le rampe di scale senza fermarsi, accelerando il proprio respiro, e si era arrestata solo davanti alla porta in legno che le interessava.

In quel momento, immobile e con i pugni serrati per l'adrenalina, si sentiva pronta ad un reale confronto, privo di qualsiasi debolezza l'avesse affetta il giorno precedente: osservò il campanello decorato dal nome "Adam Styles" e lo suonò senza alcuna esitazione. Le piaceva quel suo nuovo impeto, quel sentirsi inarrestabile.

La porta venne aperta dopo un minuto buono, tanto da farle temere che la casa fosse vuota, e sulla soglia comparve un uomo dalla schiena leggermente curva e gli occhi di una forma familiare, bruni: i suoi capelli ormai radi sfumavano sul grigio, nonostante il viso dimostrasse una certa tonicità, forte dell'assenza di rughe marcate o di segni evidenti di vecchiaia. Il padre di Harry doveva avere all'incirca cinquant'anni ed i suoi lineamenti testimoniavano una passata bellezza, sfiorita con il tempo.

Gli somigliava molto: gli aveva donato le labbra ed il cipiglio sulla fronte.

«Buongiorno» disse subito Emma, improvvisando un sorriso cordiale: aveva considerato la possibilità di essere accolta da lui, ma non l'aveva valutata come un ostacolo significativo. Era la prima volta che incontrava Adam, nonostante i mesi di relazione che l'avevano legata ad Harry. In quel periodo non si era mai sentita pronta per quel passo e lui non aveva mai premuto affinché lo compisse.

«Buongiorno a te» rispose l'uomo, vagamente divertito.

«Mi chiamo Emma» si presentò, porgendogli una mano che lui non esitò a stringere educatamente. «Stavo cercando Harry. Sono.... una sua amica» continuò, sforzandosi di adattarsi a quella definizione dovuta, ma non esatta. Sperava che il suo viso non si fosse lasciato sfuggire l'estraneità nei confronti di quelle parole e si frizionò i capelli lisci con una mano.

«Oh, certo» acconsentì Adam. «Te lo chiamo subito, credo sia in camera sua a fare non so cosa. Puoi entrare ed accettare qualcosa da bere, se ti va» continuò gentilmente.

Emma scosse la testa, affrontando una purezza di intenzioni che non sempre poteva essere riconosciuta nel figlio. «La ringrazio, ma preferisco aspettare qui.»

«Insisto» esclamò lui, spostandosi per aprire del tutto la porta e per invitarla ad entrare. «Io sto uscendo, quindi non disturberò.»

«Non sarebbe affatto un disturbo, io...»

«Avanti, non farti pregare» la interruppe. La stessa determinazione di Harry nel perseverare.

Lei sospirò e gli rivolse un sorriso cordiale, ma insicuro: quell'appartamento non la metteva a proprio agio, perché era una culla di ricordi ed una distrazione per i propri intenti. Nonostante la sua riluttanza, decise di accogliere l'invito e fingersi forte: non voleva più cedere a sciocche premure, voleva resistere.

«Harry, c'è qualcuno che ti cerca!» Chiamò Adam ad alta voce, mentre Emma faceva i primi passi nel salotto e lui le richiudeva la porta alle spalle. L'arredamento era solo più spoglio rispetto a come lo ricordava, ma non meno vissuto: ogni mobile ed ogni altro particolare sembrava essere stato lasciato nella stessa posizione per farle un dispetto, solo la televisione era stata sostituita con un modello più moderno. Nell'aria, c'era ancora profumo di caffè.

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