Capitolo ventotto - Diversamente

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Capitolo ventotto – Diversamente


Melanie entrò in cucina quasi senza far rumore, osservando con gli occhi limpidi il tavolo apparecchiato per sette persone: la tovaglia color panna era macchiata da posate disposte in perfetto ordine, bicchieri allineati tra loro ed antipasti già posizionati al centro, a debita distanza l'uno dall'altro. Tutto era stato preparato con estrema attenzione – persino Fanny aveva impiegato dieci minuti buoni a piegare i tovaglioli in forme geometriche – tanto che Emma aveva più volte alzato gli occhi al cielo, chiedendo con nervosismo se fosse in arrivo la Regina Elisabetta in persona.

Ma anche Emma, sotto la sua farsa mal costruita, scalpitava per quella cena.

«È in ritardo» sbuffò infatti, al limite della sua resistenza, lavando l'ultima pentola e riponendola frettolosamente nel ripiano d'appartenenza: indossava un grembiule lungo e sporco di diversi ingredienti, che aveva lo scopo di proteggere i suoi jeans chiari ed il suo maglioncino celeste, selezionati con nascosta cura per l'occasione. Tutti i Clarke della casa, in realtà, sapevano quanto tempo avesse speso per scegliere l'abbigliamento più adatto, indecisa tra qualcosa di più o meno formale.

Melanie sbirciò l'ora sul proprio cellulare, avvicinandosi alla sorella lentamente. «Di ben tre minuti e mezzo» precisò, prendendola bonariamente in giro.

Emma sospirò sonoramente e chiuse gli occhi velati da un ombretto leggero, asciugandosi le mani. «Sono le otto, dovrebbe essere già qui» perseverò, sfilandosi il grembiule e voltandosi per scrutare la stanza: tutte le ore passate a cucinare e tutti gli utensili sfruttati erano stati cancellati alla vista da un'attenta pulizia, tanto che si sarebbe potuto pensare che ogni pietanza fosse stata ordinata e ricevuta già pronta.

«Ems, calmati» le consigliò Melanie, sorridendo incoraggiante. «Stai per avere una crisi isterica.»

Lei le riservò uno sguardo irrequieto, ma determinato. «Senti chi parla» rispose. «Devo ricordarti le tre crisi isteriche che tu hai avuto quando Zayn è venuto a pranzo da noi per la prima volta?»

L'altra si lasciò sfuggire una debole risata nostalgica. «E non eri tu quella che non riusciva proprio a capire di cosa mi preoccupassi?» Le fece presente, provocatoria.

«Sì, ma solo perché si parlava di Zayn» precisò Emma, sorridendo a sua volta. «Cosa sarebbe mai potuto succedere di tanto catastrofico? Il peggio a cui sarebbe potuto arrivare era il non alzarsi in piedi ogni volta che mamma entrava o usciva dalla stanza.»

«Si chiama galanteria» intervenne il soggetto delle loro parole, comparendo in cucina con passi lenti. Aveva le labbra inclinate in un debole sorriso divertito, mentre si avvicinava a Melanie. Entrambi erano stati invitati per alleggerire l'atmosfera, nonostante Emma non riuscisse ancora a capire se fosse una cosa positiva o meno.

«Si chiama leccare il c-»

«Ok» la interruppe Melanie, per evitare di sviare il discorso. «Resta il fatto che anche tu non hai molto di cui preoccuparti: Harry non è uno stupido e sa come comportarsi. Andrà bene.»

«Sarà divertente» aggiunse Zayn, alzando un sopracciglio per suggerire dell'altro.

«Attento a quello che fai» lo ammonì Emma, sicura che la propria agitazione sarebbe stata un ottimo pretesto per il suo divertimento. Oltre a doversi preoccupare per la riuscita della cena, doveva anche stare attenta a non assumere nessun comportamento che il suo futuro cognato avrebbe potuto rinfacciarle.

Il loro scambio di battute fu interrotto dalla voce di Ron Clarke, proveniente dal salotto. «Emma, vieni un attimo!»

La diretta interessata sospirò, chiedendosi di cosa avesse bisogno suo padre, ma non esitò a raggiungerlo: muoversi l'avrebbe distratta dal pensare, o dal dare in escandescenze. Lo trovò seduto comodamente sulla poltrona, con gli occhiali abbassati sul naso e l'attenzione su un giornale quotidiano: «Siediti» le ordinò distrattamente.

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