Capitolo ventitré - Promemoria

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Capitolo ventitré - Promemoria


«Devi...»

Le parole morirono nella gola di Emma, proprio nel punto in cui Harry le stava posando baci caldi ed umidi. Socchiuse gli occhi e respirò profondamente, aderendo ancora di più con la schiena al legno dietro di sé. «Devi aprire la porta» mugolò, per poi tornare in silenzio sulle sue labbra, sorde a qualsiasi richiamo razionale.

Erano sul pianerottolo dell'appartamento di Harry da qualche minuto, ormai: avevano arrancato per le scale, provando a non cercarsi e a non toccarsi troppo, ma erano stati costretti a cedere proprio quando lui aveva recuperato le chiavi da una delle tasche del cappotto. Il solo tintinnio metallico aveva sancito un'anticipazione troppo invitante per essere ignorata.

«Harry» lo chiamò ancora, senza interrompere quel bacio affannato né togliere le mani dai suoi capelli informi.

Lui sospirò in modo sofferto e le morse un labbro, per dispetto: tenendola ancora stretta contro di sé, si sforzò di individuare la toppa dove inserire le chiavi e fece scattare la serratura con movimenti secchi, infastiditi da procedure superflue. Quando la porta si schiuse, Emma rischiò di cadere all'indietro a causa dell'impeto con il quale il corpo di Harry le stava facendo pressione: indietreggiò goffamente di qualche passo, ancora vittima di morsi e carezze, mentre lui chiudeva la porta con un debole e distratto calcio.

«Tu devi spogliarti, invece» le sussurrò all'orecchio: una replica pronunciata in ritardo, ma irremovibile.

Emma era sopraffatta dall'assenza di tempo e di respiro per riflettere, era asservita all'impossibilità di perdere un solo secondo in qualcosa che non comprendesse i loro corpi ed il loro desiderio. Quindi eseguì l'ordine senza alcun orgoglio a mascherarla: continuando a baciarlo con la bocca aperta ed il petto ansante, cercò alla cieca i bottoni della propria giacca e sentì lui fare lo stesso con i propri. Costretta ad aprire gli occhi per capire perché l'ultimo bottone stesse opponendo una così capricciosa resistenza, si accorse di essere ancora circondata dal buio: il salotto era riconoscibile solo grazie al bagliore delle luci in strada, con il suo arredamento più ricco dell'ultima volta, ma ancora troppo spoglio per poter essere considerato accogliente.

Harry le coprì le guance con le mani, senza smettere di torturarle le labbra, e lei si sfilò i tacchi, abbandonandoli accanto al cappotto ormai caduto a terra. Le piaceva essere rapita da una sensazione tanto opprimente da non lasciare spazio ad altro, perdere la lucidità ed affidarsi agli istinti più incontrollabili ed asfissianti.

Lasciato il ristorante – dopo aver pagato di tutta fretta, nonostante le domande stupite del cameriere e diverse pietanze ancora da assaggiare – ogni loro movimento era stato dettato dall'impazienza di un nuovo contatto: non c'era stato bisogno di specificarlo o, peggio ancora, di chiederlo, perché entrambi sapevano di non poter aspettare. Se lo erano detti con i gesti, con le mani avide e gli sguardi di preghiera.

Harry le morse una spalla.

«Voglio vederti nuda.»

Lei avvolse le braccia intorno al suo collo ed ansimò sulla sua pelle. «Cosa stai aspettando?» Ribatté. Gemette silenziosamente, quando lo sentì sollevarla da terra, e gli circondò il bacino con le gambe, provocando un attrito che fece sospirare entrambi. Non riuscivano ad essere meno sfacciati e più controllati, a mettere da parte la piacevole volgarità che li stava nutrendo ed aizzando.

Harry si mosse in modo scoordinato, provando a toccare ogni centimetro del suo corpo senza farla cadere e, nel mentre, cercando di indovinare la porta giusta e di non sbattere contro le pareti del corridoio: barcollarono entrambi per un istante, mentre lui si toglieva le scarpe senza smettere di camminare. Accese la luce con una mano dopo alcuni tentativi inconcludenti ed Emma si ritrovò a sorridere sulle sue labbra: proprio come la prima volta, Harry non le avrebbe concesso di nascondersi nel buio, non avrebbe rinunciato al piacere di averla nuda nei propri occhi, visibile in ogni angolo. Né lei avrebbe voluto il contrario.

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