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                                               Travis 

« Allora, questo ti piace? Credo sia una buona villa. È a due piani, e ci sono molte camere. I bambini avranno lo spazio per giocare, e ci sono delle altalene già montate ed in ottimo stato. C'è una dispensa nel seminterrato dove potremo mettere del cibo. Ho contattato una signora sulla cinquantina d'anni. Cerca un lavoro, e tra cinque minuti sarà qui. » annuì mentre guardavo il grande edificio dall'immagine su internet. Era bello e sembrava accogliente. Mio padre cominciò a dirmi che l'indomani saremo andati a visitarlo all'interno, ed io, non vedevo l'ora. Stavo impazzendo all'idea di poter finalmente realizzare quello che era stato un progetto solo mio. 

Dopo pochi minuti, entrò una signora sulla cinquantina, sembrava dolce e a modo. Iniziò a parlarci di come amasse i bambini. Aveva cinque figli, una sola femmina. Aveva lavorato come bambinaia finche, la famiglia dove lavorava, non l'ha licenziata. Io guardai mio padre,e dopo vari minuti decidemmo di prenderla dopo aver esaminato bene il curriculum. 

Quando stavo per alzarmi, mio padre richiamò la mia attenzione. « Dobbiamo parlare di un'altra cosa... » lo guardai, era serio come non mai. 

« Dimmi. » dissi serio e un po' preoccupato. Mi sedetti di nuovo e lo guardai aspettando di sentire quello che voleva dirmi. 

« Mi... mi ha contattato tua... tua madre biologica. » sentì il mio cuore fare un salto. Mi sentì male a quel pensiero. 

« Sai che non voglio sentir parlare di quella persona. » dissi con quel poco di voce rimasta. 

« È importante Travis. Dovresti ascoltare quello che deve dirti. Credi che io e tua mamma non siamo spaventati all'idea di perderti? » disse con gli occhi lucidi. Io lo guardai con tutto l'amore che un figlio può provare per i suoi genitori. 

« Papà... » lui tenne il viso basso. « Papà... guardami. » alzò gli occhi verso di me e vidi tutto il suo dolore. « Tu e la mamma siete i miei genitori. E... se vuoi, le parlerò. » dissi e lui prese un respiro profondo. 

« Ti voglio bene, anche se non te lo dico spesso. » disse e io sorrisi con le lacrime agli occhi. Chi dice che i maschi non piangono? pensai prima di dire :  « Anch'io te ne voglio. » 

Ci salutammo e me ne andai per tornare a casa. Appena entrai nella mia camera mi diressi verso l'armadio per prendere i guantoni per dare qualche pugno al sacco da boxe. La tensione degli ultimi giorni stava per scoppiare. Mentre colpivo il sacco mi chiedevo cosa diavolo volesse quella donna da me. Colpì il sacco così forte che sembrava avessi qualche demone dentro di me,  finché qualcuno non mi prese per le spalle. Conoscevo quel tocco, ma mi sembrò impossibile. Mi girai e vidi i suoi occhi marroni. Senza darle tempo di parlare la tirai verso di me e la strinsi come se fosse una cosa vitale. Le lacrime incontrollate iniziarono a scendere, ma non me ne importava nulla, ero con lei. Lei, quella che aveva visto sia la parte peggiore sia quella migliore di me. Lei, quella che mi amava anche se ero un disastro, anche se avevo miliardi di difetti. Io la amavo, la amavo perché lei era lei, e nessuno era come lei. 

« Ci sono io. Sono tornata,e ti amo. Come ho sempre fatto. » mi sussurrò all'orecchio. Iniziai a singhiozzare mentre ci sedemmo a terra e lei mi stringeva forte a se. Affondai la testa nel suo collo e la strinsi a me ancora più forte. Ispirai a pieni polmoni il suo profumo. 

« Ti prego, non te ne andare, non tu. Non andartene mai. » sussurrai tra i singhiozzi. Lei mi strinse ancora più forte per poi alzarmi il volto per far incontrare i nostri occhi. 

« Non me ne vado. Ti amo, scusami, non lo amo, io amo solo te. Ti prego sorpassiamo quello che è accaduto in questi giorni e creiamoci un futuro insieme, perché io voglio solo te nel mio futuro. Lo stronzo che mi disse che avevo un'accento che faceva schifo. » mi venne da ridere alla sua ultima affermazione. 

« Non dissi che avevi un'accento brutto, era solo che si vedeva che non eri mai stata qui. » sorrisi e lei mi asciugò dolcemente le lacrime. Io la guardai,e  nei suoi occhi, vidi amore totale. 

Quanto amavo quella ragazza. Era ossigeno. 

« Dimmi cosa succede. » presi un respiro e mi staccai da lei per poterla guardare meglio. 

« Sei bellissima. » lei arrossì e poi sorrise. « Smettila e dimmi perché ti ho trovato sul punto di uccidere qualcuno. » 

Sospirai e poi iniziai a raccontarle tutto quello che mio padre mi aveva detto a riguardo di mia madre biologica. Lei restó scioccata. Glielo si leggeva dagli occhi.

« Io non posso dirti nulla. Devi fare quello che vuoi. Qualunque sia la tua decisione, io sarò con te. Cosa pensi di fare? »

La guardai negli occhi con aria triste. « Devo parlarle, glielo devo a quel bimbo che è stato abbandonato fuori la porta di un orfanotrofio. »

Lei mi guardò sorridendo tristemente. Mi prese la mano tra le sue e la bació.

« Ci sarò sempre per te, ricordalo. » le sorrisi e la tirai verso di me per baciarla.

MY EYES IN YOURSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora