Richieste invadenti

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«Se Maria Callas è considerata l'ultima, vera diva che l'Opera abbia mai conosciuto, allora il suo allievo, Reinholdt Zola, è da considerarsi l'ultimo grande interprete dell'Opera come la conosciamo. Dopo la sua scomparsa, nessuno è riuscito a riempire l'immane vuoto che la sua assenza ha creato.[...] Si può quindi, senza ombra di dubbio, affermare che Zola fu l'ultimo, se non unico, Divo dell'Opera moderna.[...]»
-estratto tratto da "L'Opera all'alba del nuovo millennio", John Musley, 1998, edizioni Waterstone.

Seduta nella sala d'aspetto al decimo piano della nuova Stark Tower, Lena non riusciva a smettere di mangiarsi le unghie.
Aveva iniziato, la sera prima, a mordicchiare con violenza l'unghia del pollice destro e aveva proseguito, nelle ore seguenti, a distruggere ciò che era rimasto delle unghie dell'indice e del medio. Non riusciva a credere che, dopo mesi, fosse finalmente riuscita ad ottenere un incontro con Tony Stark.
C'era voluto un mese solo per riuscire a mettere insieme tutto il materiale a disposizione nel suo istituto e un altro per riuscire a parlare con il rappresentante delle relazioni pubbliche delle Stark Industries.
Lena aveva iniziato a credere seriamente che non si sarebbe mai laureata.
La salvezza era venuta dal suo mentore al conservatorio, il quale gestiva uno dei teatri più importanti della città, che era inoltre parte dei beneficiari del fondo Stark per l'arte e la musica. Così la disperata laureanda era riuscita, finalmente, a ottenere un incontro di dieci minuti e mezzo con il playboymiliardariofilantropo più famoso al mondo.

Mentre iniziava a mordicchiare l'anulare, si ripeteva le cose da dire. Non era sicura di come formulare il discorso senza sembrare una cospirazionista pazza. Per di più il modo in cui si era vestita non aiutava. Ora, circondata da graziose segretarie in tailleur ed eleganti bodyguard in completo nero, si sentiva piuttosto a disagio nel suo completo giacca -pantalone blu scuro. Dato che le era stato prestato dalla sua coinquilina Raquel, che stava studiando per diventare soprano, il completo era di una taglia più grande e la faceva sembrare una tartaruga rattrappita. Purtroppo il poco preavviso e la mancanza di fondi, l'avevano costretta a ripiegare su questa scelta a dir poco nefasta.

Pazienza, si disse tra sé e sé.
Sempre meglio che sembrare una scappata di casa come al mio solito.

La porta dell'ufficio si aprì e uno dei bodyguard si avvicinò per avvertirla che Mister Stark era pronto a riceverla. Lena balzò in piedi e reggendo come meglio poteva la cartella con la sua tesi, cercò di sistemare, senza successo, la sua massa ribelle di capelli rossi.

Entrata nella stanza, la sua attenzione fu richiamata da un piccolo aggeggio che si stava agitando sulla scrivania davanti a lei. Somigliava ad una coccinella e correva avanti e indietro, buttando a terra qualsiasi cosa si trovasse davanti. Lena dedusse fosse alimentato dalla luce solare che entrava dalle grandi finestre a vetri dietro la scrivania.

«Doveva essere un robot pulisci-scrivania, ma ora come ora sembra più interessato a mettere in disordine il resto della stanza.»

Lena si voltò di scatto. Seduto sul divano grigio dall'altra parte della stanza, Tony Stark stava sorseggiando un Martini.
Aveva gli occhi piantati su di un tablet e non sembrava dare accenno a lasciarlo.

«È un pulisci-scrivanie» disse la ragazza. «Non un pulisci-pavimenti. La prossima volta metta anche l'opzione Roomba. Farebbe bei soldi.»

Tony alzò finalmente lo sguardo dal iPad e la squadrò da capo a piedi.
«Piacere, Anthony Edward Stark. Ma questo già lo sa, dato che... Beh, sono l'uomo più famoso del pianeta e lei, signorina, ha passato gli ultimi mesi a tormentare il mio ufficio stampa» disse, poggiando il tablet al suo fianco. «E lei deve essere Lena Graham. Cosa può essere così importante da spingerla a mettersi contro metà del mio entourage?» chiese, incrociando le braccia sul petto e lasciandosi cadere all'indietro sulla spalliera del divano.

Lena alzò un sopracciglio scettica.
Se si era preoccupata della prima impressione, ora era infastidita dal suo tono di voce.

«Devo dedurre che lei non abbia letto i memo che ho lasciato ieri...» bisbigliò la ragazza.

«Ne ha lasciati cinque» disse Tony, scrollando le spalle. «Nell'arco di venti minuti. Uno più lungo e delirante dell'altro.»

«Delirante?»

«Sì. Vede, io non ho la più pallida idea di cosa lei stia cercando! Non ho mai sentito parlare dei documenti che cerca. È sicura di essere nel posto giusto?»

Lena iniziò a fumare dagli occhi per la rabbia. Prese un bel respiro.
«Sicura? Non so cosa lei stia cercando di nascondere!» asserì la ragazza, puntandogli l'indice contro.
«Non solo ho le prove, ma tutti sanno che suo padre aveva possesso esclusivo di tutti i documenti audiovisivi relativi alla carriera di Reinholdt Zola. Tutte le opere, tutte le registrazioni, tutti i dischi originali!» Elencò sulla punta delle dita della mano libera. «Ora, negli ultimi quarant'anni suo padre non solo non ha permesso a nessuno di entrarne in possesso, ma ha anche negato la semplice consultazione!»

Tony storse il naso e allargò le braccia sul bordo del divano.
«E Reinholdt Zola sarebbe...?»

Lena si massaggiò la fronte in preda all'esasperazione. Stava seriamente rimpiangendo le sue scelte di vita.
«Reinholdt Zola è il più grande cantante lirico moderno. Il Tenore dei tenori. Era amico personale di suo padre, Howard Stark! Non è possibile che lei non lo sappia!»

«Mio padre odiava la musica, faccio fatica a credere che trovasse l'opera interessante» asserì l'Avenger, appoggiando il bicchiere vuoto di Martini sul tavolo di cristallo davanti al divano su cui era seduto. Lena voleva ufficialmente strozzarlo. Decise quindi di tirare fuori la sua arma segreta. Infilò con veemenza la mano sinistra nella cartella, ne tirò fuori una fotografia in bianco e nero e la lanciò sul tavolo.

«Davvero? Allora, chi sarebbe l'uomo sotto braccio con lui?»

Tony afferrò la fotografia con nonchalance, convinto che tutto questo dovesse essere solo un equivoco. Ma appena ebbe posato lo sguardo su di essa, il suo stomaco si torse.
Suo padre era effettivamente lì, sottobraccio con un uomo alto ed elegante.
Fu quest'ultimo a catturare l'occhio di Tony, ancora più del suo stesso padre.
Era di una buona spanna più alto di Howard ed era avvolto in un cappotto lungo, probabilmente fatto su misura. I capelli mossi ricadevano perfettamente sulle tempie, e le basette curate, tipiche della moda degli anni Settanta, gli incorniciavano la mascella virile. Il suo sorriso, rivolto al fotografo, creava delle graziose fossette ai lati della bocca. Sotto l'occhio sinistro, invece, svettava un appariscente neo, forse disegnato. Era un uomo indubbiamente affascinante, sembrava trasudare carisma attraverso la carta della foto stessa.

«Dove l'ha trovata?» chiese corrucciato, senza staccare gli occhi da essa.

«Nell'archivio del mio conservatorio. È la riproduzione di una fotografia pubblicata nel 1973 sul "New York Daily"» rispose trionfante la laureanda.
«A me sembrano andare molto d'accordo, non trova?»

«Deduco che questo bellimbusto sia il Reinholdt a cui si riferisce... » mormorò Tony, sempre senza staccare gli occhi dalla fotografia.

«Già, proprio lui. Le ricorda qualcuno?» chiese, incrociando le braccia stizzita.

«Assolutamente no! Ma, ora che siamo sicuri che mio padre c'entra qualcosa, potrò sicuramente esserle d'aiuto!»

Lena non riusciva a credere alle sue orecchie. Iron Man aveva appena accettato di aiutarla.
«Davvero mi aiuterà?» chiese stupefatta.

«Ovvio, uno dei miei passatempi preferiti è scavare nei segreti del mio vecchio» fece lui, mettendosi le mani sulle ginocchia. Abbassò lo sguardo per leggere l'orologio.
«Purtroppo il suo tempo è finito» Tony si alzò dal divano e accompagnò la ragazza alla porta.

«Oh, grazie! Grazie mille, lei non ha idea di quanto questo sia importante per me!» cercava di dire Lena, mentre il signor Stark l'accompagnava alla porta. Sembrava avere fretta di liberarsi di lei.

«Sì, certo, certo. Adesso vada però. La chiamerò io! Arrivederci!» detto questo, chiuse la porta in faccia a Lena e tirò un sospiro esausto. Nella foga si era dimenticato di restituirle la fotografia.
La alzò per guardarla ancora una volta.

Conosceva quegli occhi scuri e quelle fossette. Gli erano stranamente familiari, ma non riusciva a ricordare dove o quando essi si fossero impressi nella sua memoria.

Chi diavolo sei?

Miracle WorkerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora