Il primo caso

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La macchina che lo S.H.I.E.L.D aveva assegnato a Fury era una Dodge Charger nera: una macchina incredibile.
Nick faceva fatica a credere che quella fosse davvero la sua nuova auto. Per la prima volta, da quando era sceso dall'aereo la settimana prima, aveva un buon presentimento.

«È davvero una bella macchina!» esclamò Reinholdt, accarezzando il cruscotto dell'auto.
Nick, concentrato sulla strada davanti a sé, lo osservava con la coda dell'occhio. Trovava buffo il modo in cui stava esplorando l'abitacolo, ma ritenne potesse essere maleducato farglielo notare quindi rimase in silenzio.

«Gli inserti in pelle sono un tocco di classe!» sussurrò il tenore, che ora stava palpando interessato il bordo del sedile su cui era seduto.

Nick sospirò stizzito. Non aveva alcuna voglia di parlare con lui, soprattutto dopo il modo in cui aveva trattato Odafin poco prima, ma se doveva passare un anno con lui doveva almeno provare a essere amichevole.

«Come facevi a sapere che quella fosse la mia giacca?» chiese d'improvviso, sempre guardando davanti a sé.

«C'erano le tue iniziali ricamate sull'etichetta. N.J.F. Nicholas Joseph Fury!» spiegò Zola. «Te l'ha regalata tua madre o sei tu a saper ricamare?»

«È un regalo di mia nonna» ammise Nick, ingranando la marcia.

«Oh, allora è un bene che te l'abbia riportata. Ci devi tenere molto, eh?»

Nick si limitò ad annuire. Reinholdt sembrò capire che il suo collega non aveva voglia di chiacchiere e si girò anche lui a guardare davanti a sé.

«Sei un uomo di poche parole. Scommetto che è una qualità che apprezzano molto nell'esercito-»

«Perché hai tratto a quel modo Odafin?» lo interruppe il Maggiore, fermando la macchina al semaforo rosso.

L'espressione sul volto dell'Agente Zola si fece subito seria e si voltò a guardare Fury negli occhi.
«Non gradisco che mi venga mancato di rispetto. L'Agente Tutuola conosce bene l'inglese, questa è solo l'ennesima trovata per rallentare il processo di registrazione dei casi in modo tale che risulti che io, il suo responsabile, non sia capace a rispettare le consegne. Non è la prima volta che lo fa. È fortunato che non lo abbia ancora riportato al Direttore.»

Detto questo abbassò il parasole e si specchiò nel piccolo specchietto che c'era sopra, ignorando lo sguardo fisso di Nick.

«Il semaforo è verde» disse, infine, girandosi ancora a guardare il suo collega alla guida.

Fury fece ripartire la vettura e rimase in silenzio per qualche minuto, mentre Reinholdt canticchiava sotto voce.

«Ci sono modi e modi di dire le cose, comunque...»

Zola sbuffò scocciato e alzò gli occhi al cielo. Probabilmente aveva già fatto questo discorso con il Direttore decine di volte.

«Facciamo così, la prossima volta ci parli tu! Così non passo più per il cattivo uomo bianco, va bene?»

Nick scosse la testa. Non c'era modo di far capire al suo collega che questo comportamento, che forse andava bene nei teatri dell'Opera, non era appropriato a un agente federale di alto livello.
A quel punto decise di smettere di essere gentile e trattarlo esattamente come lui trattava gli altri.
Reinholdt sembrò capire, smise anche lui di tentare di fare conversazione e iniziò a guardare fuori la finestrino.
Non canticchiava più, adesso, con sguardo fisso, osservava con attenzione ogni angolo di strada. Finché, a un certo punto, i suoi occhi scuri non si illuminarono e con una mano afferrò il braccio del guidatore.

«Ferma! Fermati qui!» gli disse, scuotendo Nick con forza.
Fury, preso alla sprovvista, inchiodò e per poco non venne tamponato dall'auto che gli era dietro.
Prima che potesse girarsi a insultarlo, però, l'altro era già sceso di corsa e si stava lanciando contro uno dei telefoni a gettoni che occupavano i marciapiedi della città. Lo vide alzare la cornetta e comporre spasmodicamente un numero sulla piccola pulsantiera, per poi aspettare, battendo il piede nervosamente sul cemento.

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