Nick non si era mai ritenuto un gran bevitore. Aveva iniziato a bere a sedici anni, quando suo nonno una sera di agosto gli aveva versato un bicchiere di vino, dicendo che saper bere è un'arte e che, come tutte le arti, prima si inizia meglio è. Tutta la pratica del mondo, però, non avrebbe mai potuto prepararlo alla situazione in cui si trovava al momento.
Erano alla terza tappa del loro tour alcolico, un piccolo locale interrato vicino a casa sua, e il suo partner aveva già mandato giù quattro pinte di birra scura.
Se nonno Fury avesse potuto vedere Reinholdt adesso, era sicuro che l'avrebbe definito il Giotto delle bevute.
Nick, reduce di una decina di birre, aveva appoggiato la testa sul tavolo a cui erano seduti. Nel tentativo di non vomitare cercò di contare quanto avesse bevuto esattamente il suo collega, che ora stava ingurgitando un hamburger, mentre con la mano libera faceva segno al barista per un altro giro di birre.«Non dirmi che hai già finito?» esclamò Reinholdt, dopo aver mandato giù il boccone che stava masticando. «Credevo fossi più resistente...»
Fury alzò la testa a fatica e lanciò un'occhiata esausta all'agente seduto davanti a lui.
«Ho perso il conto di quanto mi hai fatto bere...» sussurrò, ripensando al primo bar in cui erano stati, dove Zola gli aveva ordinato tre drink superalcolici, per poi iniziare a ordinare pinte su pinte di birra.
«"Ti ho fatto bere"? Esagerato! Se non sai reggere l'alcool, non è certo colpa mia!» spiegò il tenore, saltando in piedi.
«Dove vai?» balbettò Fury, mentre il cameriere poggiava altre due birre sul tavolo.
«Ci vuole un po' di movimento!» rispose l'uomo, avviandosi verso uno dei jukebox posti in fondo al locale.
Lo osservò appoggiarsi con entrambe le mani alla pulsantiera, per esaminare la lista delle canzoni disponibili, dandogli le spalle. Per quanto ci provasse, Nick non riusciva a staccare gli occhi dal suo fondoschiena. Lo aveva seguito con lo sguardo per tutto il tragitto dal tavolo fino alla macchinetta. Forse era per via della birra, ma si era accorto solo ora che Reinholdt ancheggiava leggermente quando camminava. Quel movimento era diventato ipnotico e quasi si dispiacque che avesse scelto il jukebox più vicino, avrebbe voluto goderselo un altro po'.
Quando realizzò cosa stesse facendo, o meglio, pensando, scosse con forza la testa per, poi, sbatterla violentemente sul tavolo. Il jukebox iniziò a suonare "Come and get your love" dei Redbone e Zola tornò, a passò di danza, a sedersi.«Fai sul serio?» biascicò il Maggiore, mantenendo la testa incollata alla tavola di legno sotto di lui.
«Che c'è? Non ti piace? Se vuoi la cambio.»
Così dicendo, fece per alzarsi, ma Fury lanciò una mano davanti a sé nel tentativo di fermarlo. Temeva che se lo avesse visto di nuovo "sculettare" davanti a lui, non sarebbe riuscito a stare zitto.
«Va bene! Va bene!» fece il tenore, afferrando la mano moscia del partner per rimetterla al suo posto sul tavolo.
«Perché non ti fai un ballo? Magari ti aiuta...»«Non so ballare» rispose laconicamente Nick, alzando la testa a guardare il collega.
Zola, nonostante avesse bevuto come se fosse all'Oktoberfest di Monaco, sembrava ancora fresco come una rosa. Stava buttando giù un'altra pinta, ordinando una porzione di patatine fritte.
«Davvero? Ci hai mai provato?» chiese l'agente, pulendosi la schiuma dal labbro superiore.
Nick fece fatica a non seguire con gli occhi il movimento delle dita sulle labbra del collega. Le luci al neon del locale le facevano sembrare più rosse di quanto non fossero in realtà.
Fury si chiese se fosse normale osservare un uomo nel modo in cui lui stava osservando Reinholdt. Probabilmente era solo la birra che si faceva sentire. Doveva essere.
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Miracle Worker
FanfictionQuando Tony Stark riceve una studentessa del conservatorio di New York, non si aspetta di trovarsi di fronte a uno dei segreti meglio tenuti dello S.H.I.E.L.D e, soprattutto, della sua famiglia. La ricerca di risposte lo porterà a dubitare dei suoi...