Agente Freeman

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Nick si trascinò lungo il pianerottolo cercando di raggiungere il suo appartamento.
Era riuscito, non senza fatica, a convincere Reinholdt di essere capace di salire le scale da solo e di non aver bisogno di farsi rimboccare le coperte.
Lo aveva guardato allontanarsi nella notte e alla fine se ne era quasi pentito. Forse avrebbe dovuto proporgli di passare la notte da lui, dopotutto non era sicuro avventurarsi per strada a quell'ora.
Sospirò e infilò la mano destra nella tasca della giacca alla ricerca delle chiavi di casa. Fu allora che lo sentì. Un rumore, come di piatti che sbattono, proveniva da dietro la porta del suo monolocale.

Fury iniziò a sudare profusamente. Appoggiò l'orecchio alla tavola di legno, per poter ascoltare cosa stesse succedendo nella stanza.
Era troppo ubriaco al momento per potersi occupare di un ladro e pregò fino all'ultimo momento che in realtà se lo fosse solo immaginato.
Un tonfo fu seguito da una bestemmia e Nick si dovette trattenere dal buttare giù la porta. Era ufficiale, qualcuno era entrato in casa sua e stava rovistando nella sua roba.
Fury iniziò a riflettere sul da farsi.
Nella sua mente annebbiata dai fumi dell'alcool chiamare aiuto non era un'opzione. Doveva occuparsene da solo o qualcosa di simile a cui adesso non riusciva a pensare, ma che sicuramente gli sarebbe venuto in mente prima o poi.

Illuminazione!

Una delle finestre era rotta. Sarebbe bastato salire dalle scale antincendio, all'esterno dell'edificio, e scivolare in casa attraverso la finestra per cogliere il malvivente in flagrante.

A quel tempo gli era sembrata l'idea migliore che avesse mai avuto, ma ora che barcollava malfermo alla ricerca della scala incominciava a pentirsene. Quando riuscì a trovarla, il problema divenne tirare giù la scaletta a pioli, per riuscire ad accedere a quella principale.
Dopo aver litigato per qualche secondo, o minuto, con le sue stesse mani, finalmente si trascinò con un tonfo sordo sulla prima grata, che faceva da sostegno alla scala del primo piano. Le mani sembravano fatte di burro e il fatto che quella notte fosse bollente non aiutava.
Sbuffò e, arrivato al secondo piano, si lasciò ricadere sulla schiena, cercando di riprendere fiato. Osservò la rampa sopra di lui, quella che dava nel suo appartamento, e alzò gli occhi al cielo. Soffocò un conato di vomito e si tirò a forza lungo l'ultima scala.

La finestra era aperta abbastanza perché Nick potesse sgusciarci attraverso e così fece. L'unico problema era che, quando ormai era riuscito a entrare, si era dimenticato cosa stesse facendo esattamente e perché. Mentre cercava di ricordarlo, cadde a faccia avanti e si ritrovò avvoltolato nella tenda.

«Cosa diavolo stai facendo, giovane?».

Fury, dibattendosi con forza nel suo bozzolo di cotone, alzò la testa confuso. Doveva essere proprio andato, perché l'uomo che gli si era appena rivolto, era la copia sputata dell'operatore dell'ascensore di cui Rehinoldt aveva negato l'esistenza qualche ora prima.

«Eh?» biascicò perplesso. «Tu? Ascensore? Porta?»

Per quanto cercasse di articolare un pensiero di senso compiuto, la sua lingua aveva deciso di non voler partecipare alla conversazione.
L'uomo più anziano scosse la testa con un'espressione delusa dipinta sul volto.

«Fammi indovinare: il crauto ti ha portato a bere, eh? Quello lì ha il fegato d'acciaio...» bisbigliò, mentre si avvicinava a Nick per aiutarlo.

Sospirò e con uno strattone liberò il Maggiore dall'abbraccio della tenda.

«Devi fare più attenzione... Soprattutto quando si tratta di Zola» gli spiegò, piegandosi alla sua altezza per guardarlo negli occhi lucidi.

«Eh? Che? No, aspetta...» balbettò Nick, cercando di tenere la saliva in bocca.

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