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Stavo cercando di disfare le valigie in maniera ordinata, ma io non avevo mai fatto una cosa del genere. Inoltre tutta la roba che mi ero portata dietro, non ci sarebbe mai entrata in quei cassetti striminziti. La nonna aveva deciso di farmi dormire nella stanza della mamma. C'era un letto matrimoniale e le pareti erano di uno strano colore, tra il bianco e l'avorio. Odiavo non avere i miei spazi, odiavo affacciarmi alla finestra e non trovarmici sotto il panorama di Los Angeles.

Sbuffai sedendomi sul letto e mettendo due mani alle tempie che non volevano smettere di pulsare. Volevo solo tornare a Los Angeles e starmene sdraiata in piscina per il resto dell'estate.

"Posso?" sentii dei tocchi alla porta.

La nonna fece capolino da questa, insieme al suo sorriso smagliante. Non avrei mai potuto avercela con lei, anzi dovevo smetterla di fare lo stronza. Io ce l'avevo con quei due pezzi di merda che avevano deciso di rovinarmi la vita. Il solo pensiero, mi costrinse a stringere i pugni. 

"Vieni" dissi riprendendo il controllo di me stessa.

Lei entrò e mi poggiò qualcosa sulla scrivania scrostata, che si trovava dall'altro lato della stanza. Poi venne a sedere accanto a me, tenendo sempre quel sorriso stampato in faccia.

"Stai bene?" chiese dandomi una pacca sulla schiena.

Io annuii nonostante dentro stessi veramente andando fuoco. Non  volevo che si preoccupasse, o si accollasse quei problemi che molto probabilmente per lei erano solo dei capricci. Mi sorrise sinceramente e mi indicò quell'ammasso di abiti che aveva poggiato sulla scrivania. Fu a quel punto che alzai lo sguardo ed inarcai le sopracciglia.

"Quelli ti serviranno, non vorrai mica rovinare i tuoi vestiti costosi" esclamò facendomi l'occhiolino.

Presi un respiro profondo, visto che quei vestiti erano praticamente un attentato alla moda. Non li avrei fatti indossare nemmeno al mio peggior nemico. Con un movimento fluido, mi alzai e con riluttanza mi feci passare la stoffa tra le mani. Storsi il naso, mentre il magone che avevo allo stomaco fece per salirmi in gola. Quella camicetta rossa a quadretti, quella salopette di jeans, mi fecero mancare l'aria.

"Li indosso e vengo di sotto" spiegai tornando con lo sguardo sugli stracci che avevo in mano.

Lei annuì e mi lasciò sola ad affrontare uno dei momenti più dolorosi di tutta la mia vita. Mi spogliai lentamente ed indossai la camicia, che mi scivolò ruvida su per le spalle, per poi fermarsi su di esse ed avvolgermi il corpo magro. Passai poi alla salopette che mi cadde addosso quasi fosse una busta della spazzatura. Ed infine mi infilai quegli stivaloni di gomma, che mi arricciarono i pantaloni facendomi sembrare una grassona.

Non ebbi il coraggio di guardarmi allo specchio, quindi scesi di sotto senza fiatare. Quando nonna Cassie mi vide, le si illuminarono gli occhi, io invece, mi sarei
messa volentieri a piangere. Ma non lo feci, dovevo mantenere un certo contengo e comportarmi come una donna matura.

"Allora che si fa?" chiesi mettendo le mani sui fianchi.

Non avevo assolutamente voglia di sporcarmi le mani, ne di fare alcuno sforzo fisico. Però sapevo bene quanto la nonna ci tenesse, quindi mi feci uscire dalla bocca quella semplice frase, che se per me significava arrendersi alla punizione di mio padre.

"Vieni, Christopher è nel granaio" disse aprendo la porta. 

Non appena uscimmo di casa, un caldo asfissiante, mi si poggiò sulla testa rendendomela pesante e bollente. Ci avvicinammo a passo svelto verso il granaio, un'accozzaglia di legname scrostato e decadente. Lo ricordavo bene, io ed Ellie ci giocavamo sempre a nascondino lì dentro. Gli anni però, gli erano passati sopra, rendendolo vecchio e malmesso. 

Dejame ser tu luz // Christopher Velez Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora