9.

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Quel giorno la pioggia non aveva cessato per un secondo di toccare terra, trasformando quel caldo torrido, in un caldo afoso. Ero poggiata alla finestra e stavo rincorrendo con lo sguardo, le gocce che facevano a gara sul vetro. La nonna mi aveva detto che sarei potuta rimanere a casa, visto che nemmeno Christopher aveva preso a lavorare.

Già Christopher, lo stesso che due giorni prima aveva poggiato le sue labbra sulle mie, senza che io potessi dire nulla. Lo stesso che mi aveva raccontato di avere origine sud americane, per questo conosceva lo spagnolo. Lo stesso che lavorava per mia nonna, perché voleva pagarsi da solo il college, senza pesare sulle spalle di sua madre. Lo avevo ascoltato senza dire nulla, senza fargli nessun tipo di domanda. Si era aperto con me, cosa che invece io non avevo ancora fatto nei suoi confronti. C'erano delle cose che volevo tenere solo per me, che erano mie e che non avevo ancora il coraggio di condividere con qualcuno .

Poggiai la mia tazza di limonata sul davanzale della finestra, e quando alzano lo sguardo vidi la sua figura avvicinarsi alla porta di casa. Due tocchi mi fecero drizzare la schiena, andai ad aprire ritrovandomelo davanti completamente fradicio.

"Ciao" esclamò sorridendo.

Il suo giubbotto di pelle, grondava acqua da tutte le parti, facendomi capire che era venuto a piedi, fregandosene della pioggia. Mi morsi un labbro e mi poggiai allo stipite della porta, inarcando le sopracciglia.

"Che ci fai qui?" chiesi incrociando le braccia al petto.

Probabilmente si aspettava un altro tipo di reazione da parte mia, forse credeva che gli facessi le feste o che gli saltassi al collo. Ma io non ero fatta per le cose sdolcinate. Vidi la sua fronte aggrottarsi, stava cercando di elaborare qualcosa di sensato da dirmi, per non apparire uno stupido.

"È il tuo turno" esclamò entrando e scrollandosi l'acqua che gli era finita sui vestiti.

Chiusi la porta e mi voltai verso di lui. No, non era il mio turno, non ero ancora pronta per affrontare determinate conversazioni. Non ci vedevamo dal nostro bacio e ai miei occhi apparve diverso, o forse era solo una mia impressione.

"In realtà, potremmo guardare un film" dissi andandomi a sedere sul divano.

I suoi occhi, seguirono i miei movimenti per tutto il tempo. Poi lo vidi raggiungermi, togliersi il giubbotto che poggiò sulla poltrona che aveva affianco e poggiare i gomiti sulle ginocchia.

"Non ti facevo una da film e pomeriggio romantico" esclamò recuperando il telecomando.

Cominciò a cambiare freneticamente canale, pigiando con insistenza il pollice sul pulsante. Io intanto continuai a fissare il suo profilo, ed il modo in cui le sue labbra piene, stavano in perfetta sintonia tra di loro.

"In realtà non lo sono, sto solo cercando di sviare l'argomento" spiegai tirandogli quell'aggeggio dalle mani.

Lo vidi sorridere e con uno scatto portarsi le mie gambe sulle sue, ci poggiò sopra le braccia e con le dita cominciò a tracciarne delle linee che mi fecero venire la pelle d'oca. Quel gesto così veloce, così strano, mi mise in imbarazzo. Non mi ero mai sentita così.

"Va bene, allora potremmo guardare uno dei film di Sparks" disse facendo scorrere il polpastrello sullo schermo del telefono "Le pagine della nostra vita?" chiese voltandosi verso di me.

Lo guardai per un attimo, cercando di trattenere le risate. Ma non ci riuscii, così scoppiai a ridere tenendomi lo stomaco con le mani. Non pensavo che un ragazzo tutto d'un pezzo come lui, potesse amare quel genere di pellicole. Mi aveva sempre mostrato il suo lato più forte, mi aveva mostrato quanto potesse tenermi testa e quanto fossimo simili, nonostante appartenessimo a due mondi completamente differenti.

Dejame ser tu luz // Christopher Velez Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora