16.

466 43 2
                                    

Mi sono sempre sentita il centro del mondo, ma da quando ero tornata a Los Angeles le cose mi sembravano cambiate. La mia casa era diventata troppo grande, ed io troppo piccola al confronto. La mamma l'aveva spogliata di tutti i suoi averi, visto che si sarebbe trasferita.

"Signorina Evans, le ho sistemato le valigie nella sua stanza" esclamò la nostra governante passandomi di fianco.

Io annuii e sospirai pesantemente rassegnata. Ormai avevano deciso che io non contavo più nulla, tanto da non chiedermi nemmeno se fossi d'accordo con la loro separazione. Tutti quegli scatoloni mi stavano mettendo ansia, così uscii in giardino e mi misi a sedere su di una sdraio.

Luglio stava per finire e con lui la mia vita alla fattoria. Eppure nonostante avessi pregato con tutte le mie forze che l'estate giungesse al termine, in quel preciso istante avrei voluto fermare il tempo e rimanere per un istante rinchiusa in me stessa.

Erano cambiate così tante cose, così tante persone, così tante situazioni, che quella forse sarebbe stata la stagione che avrei ricordato per il resto della vita.

"Margot io esco, se ti serve qualcosa Tom è di sotto" affermò mia madre facendo capolino dalla vetrata che mi separava da lei.

Ma io non le risposi nemmeno, perché nonostante avessi odiato lei e mio padre, rimanevano comunque la mia famiglia. Rimanevano comunque il posto in cui sarei voluta tornare nei miei momenti di sconforto, eppure tutto sapevano fare, tranne confortarmi.

Forse mi sarei dovuta dare all'alcol come zia Margaret almeno per qualche ora mi sarei scordata di tutto e di tutti, e mi sarei levata dalla mente il fatto che Christopher fosse a chilometri di distanza da me, con quella ragazza dalla faccia d'angelo.

Chiusi gli occhi e restai ferma, col sole che che mi stava praticamente scottando la pelle ormai scura. E non potei fare a meno di pensare a nonna Cassie, e a cosa stesse facendo.

Quando li riaprii però, decisi che rimuginare sulla mia vita non mi sarebbe stato d'aiuto. Così mi recai alla porta ed uscii. Non era mai andata in giro per Los Angeles da sola, e forse fare quattro passi mi avrebbe alleggerito il peso che mi stavo portando sullo stomaco.

Percorsi qualche isolato, comprai un gelato, fissai le vetrine dei negozi, e mi godei l'aria che si respirava. Quante cose mi ero persa in vent'anni, quanti posti avevo ignorato, quante estati avevo sprecato nella piscina di casa mia.

"Margot" sentii d'improvviso.

Mi voltai e vidi Jordan con una decina di buste di Gucci tra le mani. Gli sorrisi e mi scostai i capelli dalla fronte.

"Cosa ci fai qui?" Chiese fissandomi da capo a piedi.

Il suo sguardo di dissenso, mi fece capire che non meritava affatto il mio tempo.

"Questioni familiari" spiegai alzando le spalle "Ora se vuoi scusarmi ho da fare" Dissi cercando di svignarmela.

Ma non mi diede il tempo di farlo, che mi bloccò per un braccio. Cosa che oltretutto mi stava sul cazzo.

"Stasera c'è una festa da Talyssa perché non vieni?" Esclamò mordendosi un labbro.

Ma no, io avevo chiuso con quella gente e soprattutto con quella vita.

"Ho appena detto che ho da fare" Dissi scostandomi dalla sua presa.

Mi voltai e ritornai a fare quello che stavo facendo qualche minuto prima, vivere.

Quando però tornai a casa, l'umore mi ricadde sotto terra. Il tavolo da pranzo era apparecchiato per una persona, così capii che molto probabilmente avrei dovuto cenare da sola con me stessa. Non mangiai quasi niente, e tenni lo sguardo fisso sulla tv fino a che il cellulare non mi vibrò.

Dejame ser tu luz // Christopher Velez Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora