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7 mesi dopo.

Gli esami erano finalmente finiti, le mie valigie erano finalmente piene e, la mia voglia di tornare a casa stava venendo finalmente soddisfatta. Erano stati mesi un po' difficili, in cui mi ero sentita tremendamente sola, tremendamente abbandonata. Ma l'estate mi metteva sempre di buonumore, così mi affacciai alla finestra di casa ed ammirai la mia New York in tutto il suo splendore.

Los Angeles era così diversa, così calda, così casa, che mi mancava da morire. Ma non sarei tornata lì, quello che più mi mancava era il Tennessee. Chi l'avrebbe mai detto che un anno dopo, avrei avuto nostalgia di quel posto che avevo odiato con tutta me stessa. Sorrisi al solo pensiero e chiusi le ante della finestra. Il volo che mi avrebbe portata dalla nonna sarebbe decollato tra qualche ora. Sistemai le valigie in macchina e dopo aver lanciato un ultimo sguardo alla mia casa, sorrisi e chiusi la portiera.

Avevo avvisato Ellie che sarei tornata e mi avrebbe aspettata all'aeroporto. Dopo due ore di volo, avevo la schiena a pezzi ed i capelli incollati alle spalle. Erano cresciuti e li avevo scuriti, sembravo un po' più grande dell'età che in realtà avevo. Quando scesi dall'aereo non riconobbi la mia amica. Era diventata una bionda ossigenata ed aveva messo qualche chilo.

Non appena mi vide, mi corse incontro. Mi saltò in braccio e mi riempi di baci. Evitai di pulirmi la guancia perché altrimenti sarei sembrata scortese e, le sorrisi. Il suo profumo era sempre lo stesso, lo stesso che si era portata dietro quando andammo a Parigi.

Un lampo mi attraversò la mente e mi rabbuiai subito dopo.

"Hey va tutto bene?" Chiese prendendomi una delle borsa dalle mani.

Annuii e la seguii in macchina. Almeno il suo catorcio non faceva rumore come quello di zia Margaret. Aprii i finestrini e lasciai che il vento mi scompigliasse i capelli. Avevo voglio di camminare scalza, di sporcarmi i piedi ed i vestiti, avevo voglia di mangiare il formaggio della nonna ed avevo voglia di rivederlo.

Nonostante mi avesse trattata male, la nostra era stata una bella storia, per quanto breve fosse stata mi aveva riempita e svuotata allo stesso tempo. Mi aveva fatto capire che si può raggiungere il punto più alto del cielo e, poi schiantarsi a tutta velocità a terra.

Quando scorsi la fattoria da lontano, cominciai ad essere nervosa. Il granaio era stato imbiancato, sembrava più grande da fuori, la porta di casa era sempre la stessa, aveva il colore dei suoi occhi. Bussai a tutta forza, dopo essermi tolta quel maglioncino di dosso. Le sue braccia mi avvolsero soffocandomi, le sue lacrime mi bagnarono le spalle.

La nonna si era fatta crescere i capelli. Sembrava la mamma, solo con molta più vita addosso.

"Piccola mia" esclamò tra un singhiozzo e l'altro.

La strinsi più forte e le diedi un bacio sulla guancia.

"Ciao nonna, come stai?" Chiesi accarezzandole i capelli.

L'anno prima, mi ero comportata da stronza. Avevo fatto cose che avrei cancellato volentieri. Ma adesso avevo una consapevolezza in più.

"Ti ho preparato il formaggio" disse scortandomi dentro.

Non appena varcai la soglia di casa, i ricordi mi invasero dalla testa ai piedi. D'un tratto sentii troppo caldo, mi legai i capelli e cercai dell'acqua. Bevvi a grandi sorsi e per poco non mi strozzai, ma poi finalmente riuscii a calmarmi. Dovevo rimanere forte e stabile, se dovevo affrontarlo.

Presi un pezzo di formaggio e lo mangiai, quando d'un tratto dalla porta fece capolino un ragazzino che aveva si e no sedici anni. Lo fissai da capo a piedi e poi guardai la nonna al suo fianco.

Dejame ser tu luz // Christopher Velez Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora