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Chiusi con forza la cerniera di una delle mie valigie, sperando vivamente che questa non si rompesse. Avevo i capelli spettinati che mi si erano attaccati alla schiena appiccicosa, le mani che mi tremavano per il nervoso, ed il petto pesante.

Christopher era nel granaio a sistemare chissà che cosa, forse per distrarsi il più possibile. Il tempo si era incupito e, questo mi metteva ancora più angoscia. Mancava così poco alla mia partenza che quasi non mi sembrava vero, anzi, ancora dovevo pienamente realizzare cosa sarebbe successo tra meno di ventiquattro ore.

Poggiai la fronte sul vetro della finestra e proiettai lo sguardo fuori. Tutto sembrava così normale, così naturale, come se il tempo stesse scorrendo lentamente, proprio per torturarmi. Chiusi gli occhi e sobbalzai quando la porta della mia stanza, venne aperta con forza tanto che il pomello sbattè nel muro, facendo rumore.

Mi voltai di scatto e fissai la nonna, era salita di corsa ed aveva il fiatone. I suoi occhi chiari si soffermarono sulle valigie poste disordinatamente sul pavimento di legno. Poi questo passo in rassegna a me, mi fissò da capo a piedi e si avvicinò lentamente, come se fosse stata colpita da un'improvvisa moviola. Venne ad abbracciarmi, facendomi praticamente rimanere col fiato sospeso.

Sapevo che anche per lei lasciarmi andare si stava trasformando in qualcosa di troppo complicato.

"Ti voglio bene Margot" sussurrò tra i miei capelli.

Sorrisi e la strinsi più forte. Anche per me stava diventando un'impresa ardua lasciarla andare. Forse prima non ci avrei rimuginato così tanto sopra, ma adesso.. adesso le cose erano cambiate e senza la nonna la mia vita sarebbe stata vuota.

"Ti voglio bene anch'io" Dissi trattenendo il respiro.

***

"Quindi dov'è che stiamo andando?" Chiesi camminando accanto a Christopher.

Nonostante fosse più alto di me e, avesse quindi le gambe più lunghe avanzava lentamente per non lasciarmi indietro. Avevamo le mani intrecciate così forte che il palmo mi stava andando a fuoco, ma non mi sarei mai sottratta a quella stretta, per nessun motivo.

"In un posto che conosci" esclamò fissandomi di sbieco.

Vidi le sue labbra incurvarsi in un sorriso, mentre un soffio di vento gli scostò i capelli dalla fronte. Varcammo l'entrata di quel parco giochi, che aveva ospitato la festa del grano qualche mese prima. Le bancarelle erano diminuite e, quelle poche che c'erano richiamavano troppe persone.

Mi guardai intorno e poi fissai Christopher. Mi venne in mente quando in quello stesso punto, mi presentò i suoi amici buffi e la sua ex ragazza.

"C'è qualcosa che non va?" Chiese voltandosi verso di me.

Forse si era accorto del modo in cui mi ero irrigidita, ma se solo pensavo ad Alissa il sangue cominciava a ribollirmi nelle vene. Non riuscivo ad immaginarlo insieme a qualcun'altra, lui apparteneva solo a me.

"No va tutto bene" spiegai sorridendogli.

Quando ci fermammo di fronte la ruota panoramica, aggrottai le sopracciglia. Lui odiava salirci.

"Che..che significa" Dissi guardando prima lui e poi la giostra che avevo di fronte.

Non mi rispose, ma mi fece segno solo di seguirlo. E così feci, tenendo sempre il contatto con la sua mano. Ci mettemmo in una delle cabine dalle porte rosse, questa si chiuse dopo qualche minuto, lasciando il frastuono del parco fuori dalla nostra bolla.

Poggiai le mani sul vetro dal quale potevo vedere di sotto quasi tutto Il Tennessee. Christopher ne poggiò una sulla mia e subito mi venne alla mente quel momento, che avevo vissuto qualche mese prima. Eravamo praticamente due sconosciuti, io lo odiavo da morire ed odiavo da morire il fatto che mi avessero spedito in quel posto.

Dejame ser tu luz // Christopher Velez Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora