22.

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Stavo prendendo comodamente il sole, quando d'un tratto qualcuno mi fece ombra. Zia Margaret era solita farlo, per il semplice gusto di rompermi le scatole, ma quella non era lei. Cercai di aprire gli occhi, coprendomi la fronte con una mano, e quando misi a fuoco la figura che mi stava sovrastando dall'alto, ingoiai a fatica.

"Ciao" disse solo.

Aveva un vestito grigio, a cui aveva abbinato una cravatta nera lucida. Da quando la mamma era andata via di casa, lui aveva smesso di vestirsi come piaceva a lei. Ed aveva iniziato una sorta di guerra contro tutti i canoni della moda.

"Che ci fai qui?" Dissi alzandomi.

Avevo la schiena zuppa ed i capelli legati in una crocchia disordinata. Il costume mi si conficcò nel sedere, mentre le mie guance oltre a bollire a causa del sole cocente, cominciarono a farlo anche per la rabbia che mi si stava insidiando dentro.

"Sono felice anch'io di vederti" esclamò sedendosi sulla sdraio.

Si sbottonò l'ultimo bottone della camicia e si tolse la giacca. Probabilmente stava morendo dal caldo, ma stava cercando di non farmelo notare.

"Io me ne vado" Dissi alzandomi.

Gli diedi le spalle che vennero trafitte dal suo sguardo. Sapevo che mi sarebbe venuto a prendere, e sapevo anche che stavolta, come tutte le altre volte lo avrei seguito.

"Margot, sono venuto a portarti il programma dell'Università" spiegò tirando fuori dalla sua valigetta dei fogli "I corsi dovrebbero cominciare a settembre e quindi per la prossima settimana dovresti già essere al campus" esclamò asciugandosi una goccia di sudore dalla fronte.

Sorrisi nervosa e cercai di mantenere la calma. Ero stata chiara anche con la nonna, io non ci sarei andata in quel posto.

"Io non vado da nessuna parte" Dissi stringendo i pugni.

Il suo sguardò vagò su tutta la mia figura, prima che le sue labbra si incurvassero in un sorriso.

"Tu ci vai eccome, non permetterò ad un pezzente di rovinarti la vita" urlò alzandosi.

Il sangue cominciò a bollirmi nelle vene, avevo la testa che mi sarebbe scoppiata come un palloncino.

"Non ti permettere di chiamarlo così, non ti permettere di decidere al posto mio" esclamai alzando la voce.

Vidi la porta di casa spalancarsi e nonna Cassie uscire in tutta fretta. Forse nemmeno lei si aspettava la visita del mio caro papà.

"Tra sette giorni passo a prenderti, con o senza il tuo consenso" affermò rigido "Comincia a dire addio alla tua schifosa storiella d'amore, ho altri piani per te" esclamò sorpassandomi.

Gli occhi mi si riempirono di lacrime, e le gambe cedettero. La nonna si avvicinò e in un abbraccio racchiuse tutto il mio dolore.

***
Tracciai con le dita il contorno del suo braccio, per poi passare ai suoi addominali. Mi piacevano i solchi che dividevano l'uno e l'altro, aveva le labbra più rosse ed i capelli spettinati. Avevamo appena finito di fare l'amore, ed io non riuscivo a dormire. Avevo troppe cose a cui pensare, e troppi sentimenti da dover tirare fuori in soli sette giorni.

Christopher non sapeva ancora niente, e forse era meglio così. Magari lunedì mi sarei alzata, avrei dato un ultima occhiata a quel posto che avevo odiato, e me ne sarei andata così, senza salutare nessuno, come se la mia presenza non fosse stata rilevante.

Dejame ser tu luz // Christopher Velez Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora