17.

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A Parigi il sole sembrava scottare di meno, o forse era solo frutto della mia agitazione. Per tutto il tempo, non avevo fatto altro che sbuffare, e pensare che molto probabilmente stavo facendo una pazzia grande quanto una casa.

"Allora, secondo la mappa dovremmo andare in quella direzione" esclamò Ellie catturando la mia attenzione.

Avevamo al seguito due valigie a testa, delle scarpe scomode ed i capelli sciolti. Aggrottai le sopracciglia e scossi la testa.

"Ellie, esiste google Maps" affermai tirando fuori il mio iPhone "E io a piedi non vado da nessuna parte" Dissi richiamando all'attenzione un taxi non molto lontano da noi.

Quando finalmente l'autista si accorse delle mie mani svolazzanti, parcheggiò di fronte a me e con uno scatto scese dall'auto, ci aiutò con i bagagli e ci fece accomodare all'interno.

"Nous devrions aller à le Bristol de Paris" articolai velocemente.

Il ragazzo che aveva si e no qualche anno più di me,  annui e mise in moto, mentre la mia amica si voltò verso la mia direzione sconvolta.

"Conosci il francese" esclamò sorpresa.

Con un cenno le feci capire che conoscevo il francese,  e nel frattempo con una mano aprii il finestrino. Quella città mi era sempre piaciuta, ma non per il fatto che fosse classificata come quella degli innamorati, ma per il modo in cui mi faceva sentire. Quell'accento, quell'odore di dolci, quella gente composta, sembrava essere state catapultate in un film.

Ci ero venuta per la prima volta con papà, qualche anno prima e m'en ero innamorata. Proprio per questo scelsi uno degli hotel migliori di tutta la citta, Ellie probabilmente non aveva idea di che cosa significasse il lusso, e per una volta avrei voluto farla sorridere, visto che nell'ultimo periodo era stato il contrario.

Quando finalmente arrivammo, ad accoglierci fu un usciere con un grosso cappello in testa, un bastone ed un elegante vestito poggiato addosso.

"Bonjour mesdemoiselles" esclamò non appena ci vide.

Gli sorrisi e seguita dalla mia amica, varcammo l'uscio di quella che sarebbe stata la nostra casa per i prossimi giorni. Il marmo perfettamente lucidato, mi fece sentire in colpa ad ogni passo, mentre quelle pareti bianche e quegli specchi aurei, mi ricordarono quelli che la mamma aveva portato via da casa nostra.

"Questo posto è una figata" la voce prorompente di Ellie mi fece ridere.

Quando le chiavi ci furono consegnate, ci recammo finalmente nella nostra stanza. Era una suite modesta, con idromassaggio, e delle ampie finestre che davano sulla strada principale. I nostri letti erano posti in direzioni completamente opposte, e a dividerci delle grosse porte con dei ghirigori.

Ad adornare il tutto c'erano vasi di fiori a destra e a manca, e dei macarons a darci il benvenuto.

"Margot, ma ti sarà costato una fortuna"  sentii dire da Ellie, che intanto stava perlustrando la zona.

Mi poggiai al letto e mi legai i capelli, avevi bisogno di una doccia.

"Non sono affari tuoi, goditi la vacanza Ellie" Dissi sorridendole.

Eravamo vestite come due pastorelle smarrite, avevamo le scarpe sporche ed un odore di fattoria impregnato nella pelle.

"Cazzo Margot, sembriamo delle barbone" esclamò fissandosi.

Dejame ser tu luz // Christopher Velez Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora