37. Sectumsempra, contro i nemici

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Ritornare ad Hogwarts era la cosa che Severus più desiderava fare al mondo, ovviamente se escludeva James Potter e tutta la sua odiosa e petulante banda. 
Ritornare a scuola voleva dire per lui essere se stesso ogni momento del giorno e della notte, scavare a fondo nella sapienza di vecchi tomi polverosi della biblioteca e passeggiare insieme a Lily fra gli androni del misterioso castello. C'erano poche cose che gli andavano sinceramente a genio e in queste ci metteva tutto il suo cuore, infischiandosi dei pregiudizi e del modo in cui la gente lo additava.
Stava lentamente imparando a farsi scivolare le cose di dosso, rispondendo attivamente solo a ciò che per lui aveva una reale e vitale importanza. 

La sera prima della partenza, Tobias era uscito con gli amici ed Eileen aveva optato per un po' di sano e meritato riposo, Severus invece non si sentì mai così nervoso. Sentiva aleggiare intorno a sé una malsana sensazione di irrequietezza, come se una fatale disgrazia dovesse abbattersi su di lui e la sua famiglia da un momento all'altro. Si preoccupò anche per Lily, ma sapeva per certo della sua salute, l'aveva vista pimpante e allegra solo qualche ora prima. Eppure qualcosa non andava, il vento soffiava e ululava violento fra le stradine di Spinner's End, carico di qualcosa di insopportabilmente e pericolosamente nuovo. 

Quella notte non gli riuscì facile addormentarsi tra le lenzuola, se le sentiva addosso più come catene strette che caldi lembi rincuoranti. Elencare tutti gli ingredienti delle pozioni imparate nell'anno appena trascorso sembrò non avere alcun tipo di effetto, anzi, lo stimolò a tal punto da farlo scendere dal letto per controllare se tutto l'occorrente fosse pronto nel suo grosso baule di scuola.

Tutto era al suo posto. Bhuidhe emetteva flebili versi gutturali molto simili al russare umano, Severus provò una sincera invidia nei suoi confronti. 
La stanza stava diventando sempre più stretta e soffocante, erano appena scoccate le tre del mattino. Il mago optò per una 'visita' al piano di sotto, sperando di poter placare i nervi con una tisana o qualcosa di simile. Prima di scendere le scale controllò che sua madre fosse a letto e lo confermò un momento dopo, a quel punto scese con la speranza di non imbattersi con suo padre al piano di sotto.
Più per scherno che per altro, non c'era alcun macinato per la tisana, né foglie per la camomilla e tanto meno per un buon tè. Il mago sbuffò stizzito e solo allora ricordò: 

Fine mese. Niente soldi e poco cibo. 

Di sicuro gli infusi non erano quei tipi di viveri necessari per sopravvivere, infatti sua madre aveva badato bene alle spese, concentrandosi su qualcosa di più nutriente.
Il mago si appoggiò un momento sulla poltrona, rigirando la bacchetta tra le dita e seguendo il costate ticchettio dell'orologio sopra il camino. 

Cinque minuti.

Allungò le gambe verso il tavolino traballante, sfiorandolo ed accorgendosi solo in quel momento di quanto alto era diventato nel giro di pochi anni. 

Venti minuti.

Cinse le mani sopra il grembo, sospirando leggermente per regolarizzare il battito cardiaco. La luna gli illuminò una parte del volto.

Quaranta minuti.

Appoggiò, senza accorgersene, la testa allo schienale della poltrona e lentamente le palpebre iniziarono ad abbassarsi progressivamente, senza che lui opponesse la benché minima resistenza, lasciando che il sonno lo cogliesse.

La porta di casa si spalancò scricchiolando, Severus aprì gli occhi preso alla sprovvista ed afferrando la bacchetta prontamente. Scattò in piedi in fretta, alzando la bacchetta verso l'ingresso, la vista gli si annebbiò per un momento e la testa iniziò a girare violentemente; si era mosso troppo in fretta e il suo corpo protestava il calo di pressione. 
Tobias entrò trascinandosi goffamente sulle gambe provando, invano, a muoversi senza emettere il benché minimo rumore. Severus abbassò la bacchetta in fretta e la nascose dietro la schiena, infilandola tra il pantalone del pigiama.
-"Tanto l'ho vista" lo rimproverò Tobias, biascicando lentamente ogni singola parola "Almeno fai la guardia e controlli che non entrino quei maledetti farabutti che stanno svaligiando il quartiere ricco" si accasciò su una sedia, tenendo un occhio coperto con una mano.
-"Sono passate le quattro del mattino" confermò Severus, ammonendolo in tono scocciato per la sua perenne negligenza settimanale.
-"Tanto domani non c'è lavoro" ribatté borbottando.
-"Ti hanno licenziato?" chiese Severus con voce piatta, se anche ci fosse stata l'eventualità del fatto non si sarebbe sorpreso.
-"Non sono stato licenziato" bofonchiò Tobias "Ci sarà solamente uno sciopero. Mi chiedo quando il nostro caro Governo si deciderà a varare leggi per la decenza sul posto di lavoro".
Severus alzò un sopracciglio cercando di nascondere il sollievo nel sapere che il padre non era stato licenziato. Non era proprio il momento di perdere il lavoro, non lo era mai stato da quando era nato lui, probabilmente; la situazione era troppo critica per permettersi di rimanere a casa senza un impiego. Osservò meglio i suoi movimenti confusi: si muoveva dondolando avanti e indietro sulla sedia, a ritmo costante. Era decisamente ubriaco e la sbornia da vino -contrariamente a quella da birra- lo dotava di uno spiccato slancio loquace e di brillantezza colloquiale, nonostante l'alcool in circolo nel sangue.
-"Io non li volevo i laburisti al governo" iniziò ad un tratto Tobias, senza che Severus gli ponesse altre domande "Non li ho nemmeno votati" spostò di poco la mano dall'occhio "Ahi!".
-"Cos'hai fatto?" Severus piegò la testa per osservare meglio il padre in penombra.
-"Niente" singhiozzò battendo una mano sul tavolo per il colpo.
Non riuscì a spiegarlo nemmeno a se stesso, ma Severus fu spinto da una strana sensazione di pietà e compassione nei confronti del padre; lo odiava, eppure, in quel momento, volle controllare ad ogni costo che tutto fosse a posto e perché si lamentasse dal dolore. Avanzò lentamente verso di lui, incredulo e sorpreso di se stesso.
-"Fammi vedere" gli disse con fare perentorio, improvvisando per la prima volta un approccio simile a quello che gli altri ragazzi della sua età avevano nei confronti dei loro padri.
-"Ho detto che non c'è-" Severus gli scostò bruscamente la mano dal volto "Niente..."
-"Perché?" sibilò Severus contrariato, osservando il rigonfiamento violaceo che seguiva tutta l'orbita oculare. Alcuni capillari spiccavano da sotto la pelle rendendo la contusione, ad occhio, ancora più dolorosa.
-"Politica" rispose semplicemente Tobias, rimanendo fermo con lo sguardo imperscrutabile.
-"Bel modo di fare politica" Severus gli osservò l'occhio, l'iride azzurra inquinata da capillari esplosi e la sclera completamente rossa. Non voleva credere alle sue orecchie, non voleva credere a suo padre che parlava di politica: un ubriacone non poteva parlare di argomenti così alti e complessi, si sarebbe meravigliato se il tema d'intrattenimento con i suoi amici fosse avulso da donnine allegre e servizievoli e di come essere 'uomini veri'. Eppure qualcosa nella sua voce sembrava dire la verità, forse grazie al suo timbro inalterato e calmo. Severus si accorgeva quando suo padre gli mentiva, e quella volta gli parve completamente sincero. 
-"E tu che ne sai?" lo schernì con quel suo tono insopportabilmente provocatorio, Severus sospirò e deglutì la rabbia dirigendosi verso il lavello della cucina.
-"Ne so, se solo tu osservassi ed ascoltassi di più".
Tobias non rispose, anzi, quando Severus si voltò verso di lui con tutto il necessario per sistemare il macello all'occhio lo vide pensieroso, con lo sguardo basso e le spalle che si alzavano ed abbassavano lentamente mentre seguivano il respiro. Non lo aveva mai visto in quelle condizioni; appariva come una bestia malmenata e mortificata.
-"Tieni" Severus affettò una patata a metà e gliene porse un pezzo "Placherà il dolore".
Tobias osservò curioso il tubero; in quel preciso momento Severus fu certo più che mai che lo avrebbe deriso per il gesto, ma il padre lo sorprese per un'altra volta e posò la patata sull'orbita oculare, gemendo per il dolore. Severus tirò su col naso e si voltò in fretta, dirigendosi verso la poltrona.
-"Perché eri lì sopra?" chiese Tobias, facendo un cenno con la testa verso la poltrona.
-"Non riuscivo a dormire" gli rispose freddamente, sperando che non continuasse a fare ulteriori domande. Non aveva voglia di parlare con lui.
-"Perché?"
-"Non lo so" 
-"È per quella tua amichetta?" chiese pacatamente, ma Severus si sentì deliberatamente provocato. Ringhiò e si pentì di essere rimasto lì con lui, di avergli offerto delle cure e tutto il resto. Si pentì di tutto, furente per l'intromissione del padre. Che ne sapeva lui dei suoi sentimenti? Chi diavolo era per intromettersi così nella sua vita? Tobias sogghignò per qualche istante prima di tornare a concentrarsi sul suo livido.
Severus riordinò il copri divano e fece per tornare in camera, ma suo padre lo precedette, incespicando verso le scale. Gli cadde il portafoglio dalla tasca e tutte le cartacce dentro si riversarono sul pavimento.
-"Cazzo" fece per chinarsi ma si aggrappò allo stipite della porta per non cadere. Severus lo anticipò chinandosi a terra a raccogliere il tutto. C'erano alcune pratiche della fabbrica stropicciate e sbiadite; anche il portafoglio era al limite della decenza. Tastò per terra -a carponi- raccogliendo ogni scartoffia quando un piccolo pezzettino di carta lucida gli fece un leggero taglietto sul pollice, quindi lo girò e sgranò gli occhi per scorgere meglio i particolari nella penombra. Era una foto di Eileen e di Tobias, intatta, perfetta, senza nemmeno un graffio. Se ne stavano abbracciati sopra ad un muretto, alle spalle c'era un laghetto e una bella radura verde. Eileen -splendida nella sua semplicità- indossava una camicetta candida infilata dentro un'ampia gonna; anche Tobias era bello, con la sua camicia dentro i pantaloni e la giacchetta aperta. Li riconobbe dagli occhi, per il resto sembravano due persone completamente diverse: così giovani, spensierate e... innamorate. Già, sembrava che si amassero tantissimo. A Severus tremò il mento, mai sarebbe riuscito ad immaginarseli così. Erano belli, insieme.
-"Dammi qua!" Tobias gli strappò la foto di mano "Mi fai rabbia, Severus" aprì la giacca ed infilò la foto nella tasca interna sul petto, sopra il cuore "In un modo che non puoi capire".

La storia del PrincipeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora