45. Il mago nella cattedrale

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In questo capitolo saranno presenti scene particolarmente violente e cruente (verso la fine); inoltre ci saranno riferimenti a preghiere cattoliche e simil-riti di magia nera che non vogliono in alcun modo promuovere questo tipo di pratiche. Mi confesso agnostica-debole e rispetto ogni tipo di cultura e credo religioso; con questo capitolo - ove in alcuni momenti si sono rese necessarie le suddette pratiche - non intendo oltraggiare e dissacrare dogmi religiosi né tanto meno turbare e offendere voi lettrici e lettori.

Severus, da alcuni giorni a quella parte, non riusciva a non pensare che Wilkes fosse un completo imbecille. Gli voleva bene, quello era assolutamente fuori discussione, ma entrare - dopo appena una settimana dal diploma - nei ranghi del Signore Oscuro e ottenere la sua fiducia uccidendo un tossicodipendente, non era stata di certo la più brillante delle idee che avesse avuto fino a quel giorno. Lo avevano identificato e rintracciato quindi - a diciott'anni - era già latitante in lungo e in largo per tutta la Gran Bretagna.
Regulus non ne era da meno che, senza ancora aver compiuto la maggiore età, si era unito al Signore Oscuro - e gli mancava ancora un anno di scuola!
Sembravano tutti completamente impazziti e Severus, a quanto pareva, era rimasto quasi l'ultimo a doversi unire alla causa del Signore Oscuro, ma con i suoi genitori in mezzo ai piedi era ben difficile sparire definitivamente. Fare su armi e bagagli senza alcuna spiegazione non avrebbe avuto alcun effetto, soprattutto perché sua madre lo avrebbe fermato e preso a schiaffi senza tante spiegazioni. Severus sapeva che le avrebbe spezzato il cuore, ma la prospettiva di dover rimanere a Cokeworth per il resto dei suoi giorni - anche se avesse trovato un impiego nel Mondo Magico - lo annientava. Era insopportabile rimanere nel luogo dove - paradossalmente - ogni strada, palazzo e angolo gli ricordavano Lily. Senza contare il fatto che suo padre gli aveva già proposto di andare in fabbrica ed Eileen non aveva accennato una minima protesta: se ne era disgustato a tal punto che fuggire gli sembrò la cosa più ragionevole da fare - seppur non esattamente dignitosa e ardita. Fortunatamente i suoi amici erano stati lungimiranti e completamente empatici nei suoi riguardi; nel giro di pochi giorni gli recapitarono una missiva laconica ed ermetica:

Prepara tutto quello che ti serve.
Veniamo a prenderti sabato sera.

Regulus

Qualche giorno dopo quel messaggio, gli arrivò una lettera da Lucius Malfoy; Severus la scartò in tutta fretta, era da un po' di tempo che non sentiva l'amico:

Ciao Severus,
ho saputo che stai per andartene di casa. Sarei onorato di ospitarti a casa mia per tutto il tempo che sarà necessario; non credere nemmeno di arrecare disturbo! Ne sarei davvero felice e anche Narcissa si è dimostrata molto entusiasta; è da tanto che non ha tue notizie (a parte quelle che le riferisco io) e le farebbe un immenso piacere rivederti al più presto.
Fammi sapere, dimmi come stanno le cose e vedrò come poterle sbrigare.

Lucius

Severus quella settimana non fece altro che risvegliarsi ogni mattina madido di sudore; i sensi di colpa lo assillavano persino - e soprattutto - negli incubi e l'idea di lasciare casa lo elettrizzava a tal punto che credette che così tanta adrenalina in corpo lo avrebbe ammazzato anzitempo. Tutti i suoi effetti personali, i libri e le scorte di mangime per Bhuidhe erano già pronti nel baule di scuola; lasciò solamente i vestiti al proprio posto, solo per non destare troppi sospetti.

*

Era sabato sera, Severus aveva appena finito di mangiare e riordinare le stoviglie nella credenza quando scivolò in camera sua, silenzioso e angosciato; tutta quella cospirazione e attesa gli aveva provocato una sorta di nausea perpetua. Aveva recitato bene la sua parte fino a quel momento, non aveva destato il minimo sospetto e tutto sembrava andare secondo i pani. Non appena arrivò in camera s'affrettò a riporre tutti i vestiti nel baule e, solo alla fine, ripose il dono in denaro dei Copperfield e la lettera d'ammissione all'apprendistato a Bologna; Bhuidhe volò dentro la sua gabbietta senza protestare.
Spense le luci e lasciò che gli ultimi bagliori violacei di quel piovoso e ventoso tramonto bagnassero i muri della sua stanza; scivolò lungo la parete e cadde a sedere a terra, sfilando la bacchetta dalla fondina del pantalone.
Da qualche settimana a quella parte stava abbandonando troppe cose, troppe persone... forse era davvero troppo in così poco tempo, ma non c'era altro modo e, soprattutto, non c'era più tempo da perdere; voleva il suo futuro in pugno, e non a Cokeworth.
I minuti passavano e l'unico rumore proveniente dal piano di sotto era quello della radiolina di Tobias; in camera sua invece avevano iniziato a girare in cerchio - sotto al lampadario - alcune mosche. Senza pensarci due volte, per stemperare la tensione, cercò di ammazzarle con dei rapidi colpi di bacchetta: non ne poteva più, credeva di poter impazzire in quell'angosciante e soffocante attesa.

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