Squadra suicida (pt.1)

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DRIIN! DRIIN! DRIIN!

Uno spasmo violento mi fa cadere dal letto ed atterrare dolorosamente sul coccige. Istantaneamente dischiudo le palpebre, constatando che è mattina e notando innervosita che la sveglia continua a scampanellare acutamente. Emetto un grugnito roco e mi alzo barcollante da terra. Ruoto sui talloni e tocco il mio fondoschiena dolente, spegnendo poi con brutalità lo strumento di tortura mattutino. Non appena noto che ore siano, impreco per la mia sbadataggine. Tento di capire il motivo per il quale mi sia destata così presto, rimembrando poi la mia scarsa capacità d'alzarmi presto al mattino soprattutto quando c'è un incontro importante.

«AMBRA!»

Natasha percuote fortemente la porta della mia camera, urlando indemoniata. Non appena comprendo il motivo di tanta irruenza, un sorriso malizioso imporpora il mio volto. A quanto pare il suono acuto della sveglia ha destato non solo me, ma anche la russa che è ancor più restia di me nello svegliarsi presto al mattino. M'incammino rapidamente verso la porta per poi notare la russa con indosso il suo pigiama indecente tanto da mostrare le sue forme abbondanti mentre tortura con nervosismo i suoi capelli corvini.

«Come hai potuto!»

«Non esser così melodrammatica.» Ghigno divertita, incrociando le braccia al petto e socchiudendo le palpebre. «Se non fosse stato per me, non ti saresti mai alzata.»

Con un gesto fulmineo la russa artiglia il cuscino che ha con sé e lo lancia violentemente contro il mio volto, sorprendendomi e facendo nascere nella mia testa un'idea malsana di vendetta.

«Hai segnato la tua morte.»

«Guerra sia!»

Ed ecco che tutti i buoni propositi per arrivare in tempo all'incontro con Hanji si polverizzano all'istante a causa d'un improvvisa e violenta guerra con i cuscini. Lottiamo con ardore per poi lanciarci pesantemente sul mio letto e sospirare distrutte, rendendoci conto soltanto adesso della mezz'oretta trascorsa a guerreggiare come se da ciò dipendesse la nostra stessa vita.

«Ti ricordo che sei sdraiata sul mio letto.»

«Zitta o giuro che ti colpisco nuovamente con il cuscino.»

«Perderesti quindi non ne vale la pena.»

Nello stesso istante ruotiamo il capo in modo tale da fissarci intensamente negli occhi, assottigliando lo sguardo e scrutandoci con astio. Inevitabilmente le nostre labbra s'arcuano all'insù ed una risata gioiosa prorompe dai nostri petti. Fortunatamente il buon umore è tornato ad entrambe ma a causa del tempo perduto siamo in ritardo, perciò mentre metto in ordine la mia camera, Natasha si doccia per poi darmi il cambio. Azionando in questo modo alle 10:50 siamo entrambe fuori dalla locanda con il cuore palpitante, il respiro irregolare e lo stomaco urlante per la colazione non pervenuta. La russa mi scruta alterata, sibilando affamata: «Non una parola.»

Acconsento decisamente col capo per poi prender posto in macchina. Subitamente ci dirigiamo verso il centro esatto del nostro enorme campo, ovvero nel cuore della città di Lecce. Viaggiamo sul catorcio per una mezz'oretta quando finalmente giungiamo a destinazione dove Aaron è ad attenderci come prestabilito. Celermente la russa spegne l'auto ed entrambe scendiamo dal veicolo per poi salutare con un cenno di mano il nostro amico che ci domanda prontamente: «Avete portato il pranzo?»

«Certo.»

Il nostro scambio di battute s'interrompe bruscamente a causa degli sguardi indiscreti dei militari, perciò senza perder tempo c'incamminiamo all'interno dell'enorme base. Proseguiamo speditamente ed incontriamo molti uomini in divisa intenti a correre ed impartire ordini a reclute o uomini di minor grado. Osservando il numero di militari e la loro forza nelle azioni che compiono, devo ammettere che Lecce è protetta egregiamente, al contrario delle altre zone del campo. Sicuramente il tutto sarà dovuto a causa della presenza del Consiglio e questo non può che innervosirmi ancor più. Avanziamo con più rapidità sin quando Aaron spinge un pulsante in modo da poter proseguire con l'ascensore.

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