Perchè sei qui?

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Il corvino mi osserva allietato, riducendo sempre più la distanza tra i nostri corpi e facendomi arretrare. Prima però che possa braccarmi, riesco ad accendere la lampada ad olio posta sulla scrivania per poi incrociare le braccia al petto e fissarlo con astio. Tento di mostrarmi forte e gli domando con diffidenza: «Perché sei qui?»

Ackerman non si degna di rispondere al mio quesito, afferrando con celerità la lettera giacente sulla scrivania. L'osserva interessato per poi leggerla con sentito divertimento. La sua reazione mi turba oltremodo, ma, prima che possa inveirgli contro, mi ammonisce con sguardo oscuro. Lui non può conoscere il contenuto della missiva, poiché Hanji l'ha inviata unicamente a me. Nonostante ciò, non metterò a rischio la mia vita, conoscendo i miei limiti e la sua forza innaturale. Attendo con nervosismo che termini di leggerla per poi ricevere dal corvino uno sguardo obliquo. Le sue labbra s'arcuano all'insù intanto che chiede interessato: «Ora cosa pensi di me?»

Lo scruto con superiorità, indico la carta che tiene stretta tra le mai e rivelo con avversione: «Il mio parere non è mutato, anche dopo averla letta.»

«E quale sarebbe?»

Ackerman retrocede d'un passo e poggia la lettera sulla scrivania per poi posare nuovamente il suo sguardo oscuro su di me.

«Ti disprezzo ma...»

«Ma?»

Ackerman compie volutamente un passo nella mia direzione, facendomi arretrare e rivelare con frustrazione: «Ci hai salvati e sono costretta a riconoscerlo.»

«Quindi?»

Il corvino continua ad avanzare mentre indietreggio sin quando non mi trovo con le spalle al muro. A causa della differente temperatura del mio corpo e della parete fredda, una miriade di brividi serpeggiano lungo la mia spina dorsale. Osservo con disprezzo l'essere dinanzi a me ed ingoio la paura, serrando le mani in forti pugni ed inspirando profondamente. Mi drizzo sulla schiena e domando con fermezza: «Perché sei qui?»

Ackerman compie ancora qualche passo per poi poggiare con falsa spossatezza la sua grande mano al lato del mio volto, diminuendo sempre più la distanza tra i nostri visi. Tento in tutti i modi di mostrarmi forte ed impenetrabile, ma le sue gemme oscure e profonde mi destabilizzano ogni qual volta mi guardano, impedendomi di conseguenza di resistergli. Il corvino ghigna sinistramente, osservandomi con aria predatoria e soffiando sulle mie labbra. Inevitabilmente trattengo il fiato mentre il mio corpo sembra infiammarsi a causa del suo atto e dell'eccessiva vicinanza. Prima che possa prender parola, Ackerman mi chiede a fior di labbra: «Perché svii la mia domanda?»

«Perché sei qui?»

Volutamente non rispondo al suo quesito, ripetendogli invece il mio e fissandolo con collera. Questa volta non sarò io a chinare il capo ma lui.

«Astuta.»

Al contrario dei miei timori, indietreggia di qualche passo. Inevitabilmente sospiro sollevata, allontanandomi dal muro freddo senza mai recidere il contatto visivo con l'essere dinanzi a me. Inspiro profondamente, incrocio le braccia al petto e picchietto nervosamente il piede a terra, chiedendogli con vivida inquietudine: «Allora...cosa vuoi da me?»

«Il tuo sangue.»

Non riesco a celare la sorpresa ed il terrore, tossendo appena: «Di già? Sono passati a malapena quattro giorni!»

Avanza ma questa volta non retrocedo, rimanendo immobile e fissandolo senza apparente timore. L'istinto mi urla di chiedere aiuto, ma la ragione mi ricorda d'aver stretto un patto per salvare non solo i miei amici ma anche l'umanità, perciò lascio che sposti la spallina del mio pigiama di cotone. Ackerman accosta il suo viso alla mia clavicola destra ed inspira il mio odore, soffiando sulla mia pelle vellutata e facendomi tremare. Dischiude le labbra e mostra le sue zanne, affilate ed estremamente lunghe, per poi affondarle con forza nella mia carne. Riesco a soffocare l'urlo di dolore, ma la sofferenza è quasi insostenibile. Prima che possa rendermene conto, percepisco le mie gote bagnate di lacrime salate intanto che la mia gola arde d'un fuoco divampante. Avverto il mio respiro irregolare, il pulsare eccessivamente rapido del mio cuore e la sofferenza pungere ogni parte delle mie membra. Serro le mani in forti pugni tanto da conficcare le unghie nei palmi e creare dei solchi violacei. Percepisco il sudore bagnare le mie membra ed il sangue macchiare il mio seno ed il mio fianco sinistro. Con il passare dei minuti il dolore diventa insostenibile, facendomi gemere e piangere senza riuscire a placarmi. Avverto il mio spirito ardere come legna secca e le forze venirmi meno. L'equilibrio comincia a mancarmi ma Ackerman mi sorregge da sotto le ascelle, continuando ad abbeverarsi di me ancora per qualche istante. Lecca con ingordigia la lesione da lui procurata e gusta le ultime gocce del mio sangue vicine ad essa. Prima che possa stabilizzarmi, si allontana bruscamente e mi dà le spalle, facendomi cadere a terra e gemere per il dolore. Lo guardo con profondo astio e sibilo alterata: «Potresti anche essere più gentile dopo aver bevuto il mio sangue.»

Non appena ode le mie parole pronunciate con velenosità, si volta e mi raggiunge con poche falcate. Si china ed accosta nuovamente il suo volto al mio, ringhiando con voce roca: «Non sei nella posizione d'imporre nulla.»

«So che mi odi.» Sibilo alterata. «Nonostante ciò, potresti usare le buone maniere qualche volta.»

«Se non taci, giuro che ti dissanguo.»

«Condannerai te stesso alla morte, poiché hai bisogno del mio sangue.»

Un fulmine di stupore taglia l'oscurità delle sue gemme, ma, prima che possa accertarmene, la tenebra s'impossessa nuovamente delle sue iridi. Ackerman arcua di poco le labbra all'insù per poi darmi le spalle ed avvicinarsi rapidamente alla finestra, spalancandola e facendo entrare il vento gelido della notte. Sale sul cornicione e, prima di gettarsi, asserisce con voce grave: «Irritandomi peggiorerai soltanto la situazione.»

Istintivamente corro verso la parte opposta della stanza, notando sollevata che il corvino sia sano e salvo dopo il volo che ha compiuto, correndo lontano dalla locanda. Libero un sospiro di sollievo, constatando di non avere un ulteriore morto sulla coscienza. Senza perder tempo serro le ante della finestra per poi avvicinarmi alla scrivania e spegnere la luce. Con calma metto la lettera in un raccoglitore posto in un cassetto che non uso spesso. Mi volto verso il letto, prendo la ricorsa e mi lancio stancamente su di esso. Inspiro il dolce profumo del gelsomino e della menta delle coperte, abbandonandomi a Morfeo.

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