Capitolo 23.

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Il dito scorre senza una meta precisa:resto immobile a fissare lo schermo,senza realmente comprendere il senso di tutto ciò.
Questo mondo parallelo mi ha totalmente ipnotizzato,tanto da non farmi rendere del fatto che,oltre a me,ci sia solo Doja che sfilaccia il tappeto.
Che strana la tecnologia,davvero strana.
Se ci penso,me ne rendo sempre più conto.
Ormai non ti chiede più nessuno il numero di telefono,non fa parte del gioco di corteggiamento.
Se sei su Facebook puoi scordarti l'sms della buonanotte,tanto sei in linea 24 ore su 24.E le infinite chiacchierate al telefono sono un lontano ricordo,'tanto ti scrivo su Whatsapp',non è lo stesso?
No,cazzo.
Non sento la tua voce.Il tuo timbro.
Non ti sento ridere,sorridere.
Il tuo silenzio è dettato,al massimo,da puntini sospensivi.Non capisco se sei triste o se sei felice.
Ormai si fa tutto così,ci si incontra e ci si lascia.
Si fa l'amore e poi ci si urla la rabbia attraverso una schifosa nota vocale.
Si danno schiaffi e carezze di parole.
'Non hai voglia di chiamarmi?' è così bello il momento in cui appare una chiamata e s'incontrano due voci.
Che se mi trema la voce,almeno lo senti.
Mentre se mi tremano le mani sulla tastiera,posso continuare a scrivere.

Mi guardo intorno,e nel silenzio più totale noto un bigliettino sul pavimento,che deve essere caduto.

Non torno per l'ora di pranzo,ma ti ho lasciato qualcosa da mangiare in frigo,devi solo scaldarlo.

Una vita passata a scaldare lasagne,pasta,o qualsiasi altra pietanza consumata il giorno precedente.
Mi accendo una sigaretta,per scacciare via i pensieri negativi.
In realtà,per scacciare via tutti i pensieri.
Penso a lei,al suo meraviglioso sorriso che starà mostrando a qualcun altro,alle sue mani che staranno accarezzando un'altra pelle,alle sue labbra che potrebbero star sfiorando quelle di qualcuno che non le merita.
Mi fiondo di nuovo sul cellulare,come se mi stesse letteralmente richiamando,e digito il suo nome.
Vorrei chiamarla,sapere come sta,se sta bene,se è felice senza di me.
Vorrei solo sapere se la sua vita è la stessa,senza di me.
Vorrei solo sapere se le mie parole,ancora una volta,le sono scivolate addosso lasciando il rancore a chi non ha nulla da perdere.
Vorrei sapere se il suo cuore batte ancora quando mi pensa,mi vede,o mi sente nei discorsi degli altri.
Vorrei sapere se la notte dorme,pur sapendo che il giorno dopo non toccherà le mie labbra.
Vorrei sapere se le mancano,almeno un po',le mie sorprese.
Vorrei sapere se ogni tanto,mentre guarda la tv o mentre sta per addormentarsi,carezza la collana che le ho regalato.
Perchè io,tutt'ora,carezzo questo bracciale.
E non perchè me lo ha regalato mio padre,ma perchè lei me lo ha aggiustato assieme al cuore.
E sì,vorrei sapere se il suo cuore è ancora intero,dopo quello che è successo.
Perchè il mio no,non lo sarà mai.
Spengo lo schermo del cellulare,perdendomi in questo meraviglioso colore:il nero,la presenza di tutti i colori.

I ricordi mi pervadono la mente,e così ripenso a quando ero bambino.
Quando il problema più grande,era a che gioco giocare,chi doveva contare a nascondino,chi doveva stare in porta in una partita.
Quando si era tutti amici,senza odio e rancore.
Quando per fare pace bastava un mignolo e quando ti piaceva qualcuno preparavi il bigliettino,in cui chiedevi di mettere una crocetta su SI o NO.
È proprio in questi giorni che mi rendo conto che,alla fine,le ginocchia sbucciate non facevano poi così tanto male.
Così,spostando Doja con un piede,esco di casa.
Mi lascio alle spalle tutto,per iniziare qualcosa di nuovo.
Mi getto nell'automobile nuova,che ha il suo profumo,quel profumo di amore normale,semplice.
Un amore comune.
E così,seguendo le indicazioni di questi amore impossibile,arrivo davanti casa sua.
Una bellissima villa,davvero elegante,con un giardino grandissimo.
Le mura,di un azzurro chiaro,sono decorate con dei fiori blu cobalto,con il pistillo avorio.
Il portone all'entrata,con la maniglia in ferro,è particolarmente imponente e arricchito anch'esso di ornamenti sulla parte superiore,seguendo il corso ricurvo.
Di fianco,la cassetta della posta piena di lettere e volantini vari.
Scendo dall'automobile,e noto che il cancello d'ingresso è aperto.
Fatti i tre scalini,arrivo davanti all'entrata e porto la mano tremolante al citofono.
Vorrei scappare,andermene via da qui e tornare indietro nel tempo,come se nulla fosse mai successo.
Iniziare da capo.
Premo,e il suono è talmente forte che riesco a sentirlo nitidamente anch'io dall'esterno.
Sento dei passi pesanti e lenti,avvicinarsi alla porta.
L'immenso portone di spalanca,e mi ritrovo davanti un'anziana signora,sui settant'anni e più,che mi sorride gentile.
Ha i capelli tinti di rosso,corti e leggermente ricci,con un'evidente ricrescita bianca,e delle rughe sulla fronte e sugli zigomi particolarmente evidenti.
È molto bassa,robusta,e indossa una vestaglia in lana rosa chiaro,con su incisa una lettera,esattamente sul cuore.
"Salve signora,disturbo?"
Socchiude gli occhi e nega,lasciandomi intendere che non aveva nulla di meglio da fare.
"Sto cercando Oscar,non è in casa?"
Spalanca gli occhi,sembra quasi incredula,e per un attimo temo di aver sbagliato indirizzo.
"No,e non so quando tornerà.Vuoi entrare?"
Gentilmente si sposta dall'uscio,e mi fa spazio.
Entro,e mi ritrovo di fronte un immenso salotto,con un camino bianco,ed un tappeto con dei disegni orientali.
Mi fa cenno di sedermi,mentre affaticata si avvicina alla cucina.
"Ho appena preparato il caffè,lo bevi?"
Acconsento,e così mi porge la tazzina assieme ad un piattino.
I biscotti che ci sono al suo interno sono leggermente sbriciolati,ma il caffè è davvero piacevole.
Si siede di fianco a me,lasciandosi andare ad un sospiro affaticato,e sistemando la vestaglia sulle gambe.
I suoi occhi marrone scuro mi scrutano,soffermandosi sui miei occhi.
Probabilmente è leggermente stupita del fatto che io abbia la matita.
Poi osserva i capelli,e le scappa un sorriso.
"Anche io avevo i capelli lunghi prima,poi li ho tagliati."
Entrambi siamo a disagio,nel silenzio totale,dove regna lo scoppiettio della legna sul fuoco.
Deglutisco a fatica,sentendo le lancette dell'orologio che porto al polso scorrere lentamente,e inizio a chiedermi quando Oscar tornerà.
"Voi siete la madre?"
Il suo volto cambia,assumendo un'espressione malinconica.
"No,sono la zia.Mia sorella è morta anni fa,purtroppo."-si ferma,trattenendo evidentemente le lacrime-"di Oscar me ne occupo io,sin da quando era bambino."
Ed improvvisamente capisco che giudicare è sbagliato,perchè molte azioni sbagliate in realtà,sono conseguenze.
Conseguenze di una vita che non ti ha voluto bene,che non ti ha amato,che non ti ha aiutato a rialzarti,che non c'è stata mai per darti forza ma che è sempre stata pronta a gettarti al suolo.
Una vita che ti ha letteralmente sputato in faccia,lasciandoti solo nelle mani di qualcuno che forse,di vita,ne ha una peggiore.
E allora l'unica cosa che puoi fare è rassegnarti,guardare il lato positivo di ogni cosa,e se non c'è,cercarlo,crearlo.
I suoi occhi riprendono luce,quella luce propria che li rende amorevoli e dolci.
Mi sorride,e io le poggio una mano sulla spalla.
"Come mai cerchi mio nipote?"
Intreccio le dita,per l'ansia,cercando una risposta.
Sento il cuore che batte leggermente più veloce,e la fronte umidiccia.
"Siamo amici,e oggi dovevamo vederci per fare una passeggiata."
La sua faccia diventa leggermente preoccupata,triste.
"Non te lo ha detto?"
Mi volto verso di lei,e le osservo le labbra.
Aspetto che dica qualcosa,lo spero.
"Cosa avrebbe dovuto dirmi?"
Porta una mano alla fronte,in preda allo sconforto.
"È partito mezz'ora fa,ma non mi ha detto per dove.Era con una ragazza."
Mi alzo dal divano,poggiando la tazza sul tavolo,ed istintivamente mi avvio verso la porta.
"Quale ragazza?"
Si alza lentamente,e noto che mi arriva all'altezza del bicipite.
"Non so il suo nome,ma è bionda con i capelli corti."
Ed ecco che il cuore si stringe,in una morsa incontrollabile,e sento la testa che scoppia.
"Ah,e aveva anche la frangia!"
Spalanco la porta,ed esco in fretta.
"Hanno preso l'aereo?"
Annuisce perplessa,spaesata.
Le mando un bacio con la mano,ringranziandola infinitamente.
Mi fiondo in macchina,e cerco di non pensare.Spero di essere in tempo,di non aver sbagliato tutto ancora una volta,spero vivamente che il suo cuore,in questo momento,stia battendo all'impazzata come il mio,e non per l'ansia,ma per la mancanza.
Accellero sempre di più,ripetendomi che forse è troppo tardi,che ho perso tutto,che me lo merito.
Vedo un semaforo rosso,ma non mi importa.Lo supero,cercando di immaginare lei seduta,che mi aspetta.
O magari che mi pensa.
Mi basterebbe.
Parcheggio l'automobile,consapevole del fatto che presto mi arriverà una multa,e corro tra la folla.
Mi sento totalmente disorientato,ho la fronte sudata e la testa che scoppia.
Mi fermo,tra la folla che mi strattona.
Tutti di fretta,chi bacia il fidanzato tornato dopo tanto,chi il padre,chi la madre.
Amare è così bello.
Credo che la distanza sia il modo migliore per mettersi alla prova,per amare davvero quello che una persona ti ha dato.
E non intendo materialmente.
I ricordi,le esperienze,i baci.
La distanza ti permette di capire davvero quanto quella persona sia importante per te.
E se ti mancano anche i difetti,è un casino.Un casino bellissimo,ma pur sempre un casino.Quell'immenso desiderio di amare,quella voglia di avere quella persona tra le braccia.Deve essere davvero bello riuscire a vedere il lato positivo delle cose.
Io in questo momento ho troppi punti interrogativi in testa,non riesco a vedere il lato positivo e il lato negativo.
Vedo solo tristezza,amarezza.
Mollo prima ancora di iniziare,ma mi ripeto in testa che non ne vale la pena.
Mi ripeto che devo muovere il culo,devo fare qualcosa.
Avanzo tra la folla,ed ecco che sulle scale mobili la vedo.
Regge tra le mani magre e leggere la valigia,mentre di fronte a lei c'è lui,che parla e parla,senza essere ascoltato.
E così,tra la folla,inizio a correre sulla superficie in ferro,senza realmente risolvere qualcosa.
Lei mi vede,mi guarda dritto negli occhi.
E vorrei solo fermare il tempo,restare a guardarla mentre sorride timida.
Inciampo a causa delle valigie,dei bambini,gabbie per animali.
C'è di tutto,tutto ciò che serve per ostacolarmi.
E così resto fermo,in mezzo alla folla,dove nessuno conosce la tua sofferenza,dove tutti giudicano ma nessuno capisce.
Si allontana,lenta,ed io resto incastrato tra la gente,con gli occhi lucidi.
Le lacrime scorrono fredde sulle guance,e le mando un bacio.
Un bacio leggero,di quelli sinceri.
Le mando un bacio pieno d'amore,pieno di addio,pieno di dolore,pieno di rimpianti.
Perchè nei suoi occhi l'ho visto,il dolore.
L'ho vista la voglia di restare,di non lasciarmi,di baciarmi ancora una volta.
Perchè quando un amore finisce,uno dei due soffre sempre.
Se non soffre nessuno,non è mai iniziato,ma se soffrono entrambi,non è mai finito.

Until The End 2.   //Damiano e Victoria.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora