Capitolo 37(Victoria).

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La sua mano circonda lentamente la mia spalla,come a volermi proteggere da una serata troppo fredda e pericolosa per una come me.
Una fragile,con il cuore spezzato come me.
Una di quelle che agiscono senza pensare e se ne pentono un minuto dopo,ma non hanno mai il coraggio di tornare indietro perchè,anche dopo un minuto,è sempre troppo tardi.
Quelle che amano ancora prendere il gelato al caramello in estate,quelle che amano la musica a tutte le ore e per cui il sonno è l'ultima priorità.
Quelle che amano il rock e il pop,il classico e il jazz,l'arcobaleno e le stelle.
Quelle che,ad oggi,hanno i sentimenti distrutti come un bicchiere gettato al suolo,senza ritegno.
I suoi occhi mi squadrano,prima di avvicinarsi alla mia guancia e lasciarmi un bacio ad occhi chiusi.
"Che hai?"
Boh,sento un piccolo crack al petto tutte le volte che penso all'amore,tutte le volte che delle labbra mi sfiorano e che una mano mi stringe la spalla.
Lui mi teneva sempre così,per strada,sul divano,nel letto,a tavola,ovunque.
Amava tenere la sua mano attorno alle mie spalle.
Lui si sentiva speciale,sapeva di farmi sentire al sicuro,e a me non dispiaceva l'idea dei suoi polpastrelli che mi solleticavano il braccio.
Sì,sarei rimasta per ore abbracciata a lui,a dormire o a parlare,anche solo a litigare o a tenerci il broncio.
Non è corretto però,io a lui non ci dovrei pensare mentre sto con te.
Io,dovrei dimenticarlo.
Ma non voglio farlo,anche se odio piangere e sentire i crampi ovunque al suo pensiero.
Ma va bene così,passerà no?
Deve passare.
"Sono molto stanca,abbiamo camminato tutto il giorno."
Si ferma immediatamente,stringendomi entrambe le mani prima di avvicinare la mia fronte alla sua.
"Che ne dici di andare a mangiare un bel panino,qui vicino?"
Mi bacia il naso,prima di carezzarmi la guancia,stringendola tra l'indice e il medio.
Annuisco,mentre la sua mano mi trascina in una piccola stradina piena di negozi illuminati.
Uno in particolare attira la mia attenzione,dove varie collane e bracciali sono appesi ad una bacheca in sughero.
"Louis aspetta,voglio fermarmi in quel negozio!"
"Ci veniamo al ritorno,adesso andiamo a mangiare che altrimenti chiudono."
Non mi guarda nemmeno negli occhi,e come se fossi una bambina imbecille,mi trascina verso il locale.
Lui m'avrebbe portata,m'avrebbe regalato 'n bracciale de quelli luccicosi che a me piacciono 'na cifra.
E poi me l'avrebbe messo,e m'avrebbe baciata.
Ci sediamo ad un tavolo per due,ed io mi guardo intorno un po' intontita dalla stanchezza e dal leggero vento che mi solletica le caviglie.
"Cosa prendi?"
Scuoto la testa,tenendo lo sguardo fermo sulle sue labbra arrossate,prima di elaborare la sua domanda.
"Un panino mi basta."
Tocco il ventre,mentre lo stomaco si lamenta famelico,prima di provocarmi un crampo terribile.
"Stai bene?"
"Mi fa un po' male la pancia,sarà la fame."
Annuisce,inumidendo le labbra con un po' d'acqua.
"E da bere?"
Non faccio in tempo a rispondere che il cameriere si avvicina gentile al nostro tavolo,regalandoci un sorriso smagliante.
Ordiniamo da mangiare,per poi fissarci per svariati secondi.
Lui resta impassibile a fissarmi,per poi accennarmi un sorriso compassionevole.
Guardandomi intorno mi accorgo della grandezza del locale:un'immensa distesa di tavoli e sedie,pieni dal primo all'ultimo,quasi tutti colmi di giovani ubriachi fradici e di qualche barista scampato al suo turno per riposare un po' i polpacci.
Le luci variano dal blu all'azzurro,fino a diventare viola per qualche attimo.
Sono basse,e mi costringono a fissare Louis per più secondi,prima di farmi intendere che è evidentemente nervoso.
Alterna le cinque dita sulla superficie in legno,prima si fermarsi e squadrare il mio volto.
"Perchè mi guardi?"
Faccio spallucce restando immobile sui suoi zigomi scolpiti,prima di deglutire a fatica e sorridergli in modo forzato.
"Sei strano,ti vedo nervoso."
Alza gli occhi al cielo sbuffando,prima di voltarsi verso il bancone per capire se il cibo sia prossimo ad arrivare.
Continuo a guardarlo,prima di ricevere un suo sguardo fulminante.
"Hai finito di fissarmi?"
"Voglio sapere cos'hai."
"Sto stanco,tu puoi esserlo ed io no?"
Alzo le mani in segno di resa,prima di vederlo mentre getta le mani tra i capelli e cerca di proferire parola,forse per scusarsi o per darmi delle spiegazioni.
"Perdonami se sono preoccupata per te."
"Lascia stare,scusami."
Nel frattempo il piatto rovente si posa sul tavolo,ed io lo rigiro tra i polpastrelli in attesa di poterne addentare il contenuto.
Vedo Louis leccarsi i baffi al secondo sorso di birra,per poi addentare il suo panino con l'hamburger.
Mi guarda,con la schiena curvata verso il piatto,come a chiedermi se mi piace.
"Buono,ma è un po' s-"
Il tintinnio di un cellulare interrompe la nostra cena,giunta quasi al termine.
Afferra l'IPhone dalla tasca per poi imprecare sotto voce.
"Scusami un secondo."
Si allontana verso l'uscita,lasciandomi in balia della corrente e del vento che mi gela il corpo.
Resto immobile a fissare il soffitto,che sembra alternarsi tra i colori assieme alle mille lucine che lo circondano.
La sua immagine perfetta,il suo fisico che scolpito e spavaldo attraversa tutto il locale dirigendosi verso il frigo delle birre,mi compare dinanzi.
I suoi occhi nocciola invadono il mio corpo destabilizzando ogni cosa,prima di sorridermi mettendo in mostra la meravigliosa e malefica fossetta.
La mano destra si muove meccanicamente verso la radice dei capelli,per poi spostarli interamente all'indietro,lasciando scoperta la rasatura sui lati del capo.
E vedo anche me,mentre mi alzo e gli corro incontro,con la voglia di baciargli il collo e mordergli le labbra.
La magia viene spezzata dalla voce di Louis che balbetta un devo scappare,mentre afferra la giacca e il cellulare,lasciando delle banconote sul tavolo.
"Dove vai?"
Lo rincorro frettolosamente fino a qualche metro fuori dalla porta,prima di ricevere un suo sguardo fulminante e gelido.
"Emergenza a lavoro,sali in macchina."
"Ma cosa faccio io a lavoro con te?"
"Aspetti in macchina finchè non risolvo la situazione."
Mi punta il dito,per poi aprire la macchina e gettarcisi dentro,diretto verso l'aria condizionata.
Il suo piede preme in modo sempre più prepotente sull'accelleratore,ed io mi stringo alla cinghia della cintura per la paura.
"Puoi rallentare?"
Mi guarda,e notando la mia ansia cerca di rallentare,ma un'evidente nervosismo gli impedisce di tenere costante la velocità.
Dopo aver passato un semaforo con il rosso,gli lancio un'occhiataccia,ma il brivido arriva quando,ad un incrocio,rischia di investire una madre che attraversa la strada con sua figlia,e di ammaccare il paraurti di una Jeep davanti a noi.
"Louis cazzo,vuoi farmi morire?"
Arriva davanti ad un locale ambiguo,con un'insegna rossa fluo e due Bodyguard all'entrata.
"Non scendere per nessun motivo al mondo"
Due ragazze mezze nude,con vestiti fino a metà coscia e scollature più che prosperose,escono decise dal locale con un uomo per mano,mentre una di loro cerca di infilargli le mani in tasca,probabilmente per rubargli il portafoglio.
Sento il sudore sulle mani e sulle tempie,e una vaga idea sul luogo in cui mi trovo,si fa spazio nella mia mente.
Decido di distrarmi con il cellulare,ma i pensieri mi mangiano dentro.
Cerco di riposare,chiudendo gli occhi,ma riesco a vedere solo il suo meraviglioso sorriso.

Until The End 2.   //Damiano e Victoria.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora