Capitolo 53

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« Faretus! »

La bacchetta diede una stoccata decisa che risultò perfettamente silenziosa nella sala comune quasi completamente deserta, il cui silenzio fu spezzato dal ronzio del libro verso cui l'incantesimo era stato formulato; la sua posizione era la stessa da almeno più di un'ora, proprio come il suo ostinato silenzio, di fronte al quale Harry James Potter sbuffò decidendo mentalmente che quella era davvero un'impresa disperata.

Il ragazzo allontanò il tavolino da sé con un calcio, poi si passò una mano tra i capelli corvini in un gesto stanco senza smettere di osservare con sguardo omicida quel dannato volume che non voleva saperne di eseguire gli ordini impartiti. Perché diavolo non voleva saperne di parlare?, pensò Harry afflitto con la consapevolezza che quell'unica, stupida magia avrebbe segnato la sua bocciatura al M.A.G.O.

Hermione era una pazza a sperare che lui, che nelle stregonerie semplici era sempre stato una frana, sarebbe riuscito da solo ad eseguire quell'incantesimo; come faceva, al momento di levare la bacchetta, a non sentirsi un'idiota a tentare di far emettere delle parole ad un mucchio di pagine?

Rimase un momento assorto, a rimuginare rabbioso su quel pensiero, la bacchetta ancora serrata tra le dita. Forse, si rese conto infine, l'idiozia di quell'incantesimo non c'entrava niente. Probabilmente non aveva smesso di pensare a Voldemort neanche per un attimo da quando aveva salutato Hermione, ed era logico che, essendo preoccupato per ciò che stava accadendo lontano da lui, là fuori, non riuscisse ad imporre alla sua mente la giusta concentrazione.

Occlumanzia, gli suggerì una vocina sottile nella sua testa. Un consiglio degno di Hermione, ma che Harry non avrebbe mai seguito; non aveva mai imparato a svuotare e bloccare la mente a dovere, e dubitava che, a distanza di anni, avrebbe avuto senso provarci di nuovo. Fu così che, più demotivato che mai, si schiarì di nuovo la voce nel silenzio completo della stanza.

« Faretus! »

Per un attimo non accadde niente, e poi, sotto lo sguardo attonito del ragazzo, il libro prese a sghignazzare.
Harry lo mandò giù dal tavolo con uno Stupeficium ben assestato e lo sentì colpire il pavimento con una piacevole sensazione di vendetta, stroncata ad un certo punto dall'impressione di trovarsi improvvisamente in un vicolo cieco.

Perché lui lo sapeva che era così.
L'idea di andare da Silente e di chiedergli cosa stesse accadendo si rafforzava ogni minuto che passava, eppure tendeva ad accantonarla ogni volta; il vecchio Preside aveva senza dubbio molto lavoro da sbrigare, e comunque, se ci fosse stato qualcosa di urgente da sapere, avrebbe sicuramente trovato il modo di farlo sapere a Harry il prima possibile.

Eppure...

Harry si distese a pancia in su sul divano color rubino della sala, gli occhi verdissimi che si rispecchiavano nelle fiamme del camino, un braccio dietro la testa.

Perché non si sentiva tranquillo? Perché... lui stesso, in un certo senso, si sentiva strano? Quasi... cambiato? La sua mano si alzò a sfiorare la cicatrice sulla fronte, una sottile striscia in rilievo sulla sua pelle, e rimase in quella posizione senza quasi accorgersene.

Era da quando era svenuto a lezione che non gli faceva più male. I bruciori accompagnati da spaventose fitte di dolore sembravano appartenere ad una vita passata, e anche i suoi frequenti sbalzi d'umore parevano essersi stabilizzati; era come se... non avvertisse più Voldemort dentro di sé.

Esattamente come se il Signore Oscuro fosse morto.
Harry scacciò quel pensiero e si rialzò di scatto, accigliato.
Non poteva essere. Poteva benissimo trattarsi di una coincidenza, no? Magari Voldemort stava elucubrando nuovi piani per tentare di ucciderlo, ma ancora non aveva trovato niente che si adattasse alla situazione, ed era per questo che non aveva ancora agito. Ma se così fosse, si rese conto Harry mesto, avrebbe almeno dovuto sentirsi arrabbiato...

Vampires ~ Incubus & Succubus [ Dramione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora