Spring break.

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Qui negli stati uniti, come nel Giappone, nel Canada e nella Francia, è molto noto lo "spring break". È un periodo (che dura circa una settimana) in cui la scuola ti concede una settimana di festa causa inizio primavera. Io e Nick abbiamo deciso di partire proprio durante questa settimana di festa per non fare assenze. Nick pensa che passeremo tutta la settimana a Las Vegas, ma non è così. Io e la mamma abbiamo anche prenotato biglietti del pullman e stanza d'albergo a Santa Monica, per cui sostiamo tre giorni a Las Vegas e tre a Santa Monica, e l'ultimo giorno lo spendiamo per tornare a casa e disfare le valigie.

I nostri genitori sembravano molto emozionati per la nostra partenza, persino più di me e Nick. Con tanto di finestrino dell'auto abbassato, mi godo il vento fresco sul viso e sul collo che mi fa svolazzare i capelli ovunque. I miei genitori e quelli di Nicholas ci stanno accompagnando alla stazione dove prenderemo il pullman che ci porterà a Las Vegas (i biglietti li ho già comprati online, ovviamente). Il mio bagaglio è abbastanza piccolo, e dato che andremo anche a Santa Monica mi sono portata dietro anche un paio di costumi miei e di Nick dato che lui non ne sa nulla. Sarà un viaggio fantastico, lo so. Divideremo una stanza d'albergo. Mamma continuava a dirmi che non vedeva perché non potevamo dividere la stessa stanza dato che dormiamo già insieme a casa. Purtroppo lei non sa ciò che Nick prova per me, non sa quanto sia difficile per lui trattenersi dal fare determinate cose. E non sa neanche quanto sia estremamente dura per me non dargli corda. Per cui avevo stabilito che se durante l'arco di tutta la settimana si presentavano occasioni in cui Nick avrebbe cercato di baciarmi o altro, io avrei fatto di tutto per evitarlo e non dargli corda. Non avevo intenzione di illuderlo.

«Tesoro siamo arrivati. Sei pronta?», mi chiede mia madre eccitata. Mio padre mi fissa sorridente. «Promettimi che sarai prudente», mi dice con tono caldo.

«Lo sarò, papà».

Scendo dall'auto con il solito sorriso stampato in volto che ormai ho da quando io e Nick ci siamo riappacificati. Apro il cofano dell'auto e prendo il mio bagaglio. Nel frattempo arriva Nick che parcheggia vicino la mia auto. Scendono lui e i suoi dall'auto con un sorriso radioso.

«Il fatidico giorno è arrivato!», esclama Nick prendendo il sul bagaglio.

«Amanda mi ha promesso che farete delle foto per il mio collage», gli dice la mamma.

«Ne faremo sicuramente tantissime», la rassicura Nick.

«Credo sia ora di andare», dico e saluto i miei e i suoi genitori con un bacio.

«Ci rivediamo qui tra una settimana. Ce la caveremo non preoccupatevi. Chiamerò quando saremo arrivati», dico con un tono rassicurante strizzando loro l'occhio.

Io e Nick ci avvicinammo al pullam parcheggiato davanti l'autogrill e ci salimmo. Posammo i bagagli e poi prendemmo il nostro posto. Salitammo un'ultima volta i nostri genitori dal finestrino -Nick li salutò agitando un fazzoletto bianco e fingendo di piangere.

«Non la smetterai mai di essere così idiota, vero?», gli chiedo con una risata.

«Preferiresti che io cambiassi?», mi chiede alzando un sopracciglio.

Ci rifletto un po'. «Probabilmente no», ammetto.

«In tal caso, ti assicuro che resterò sempre così, solo per te».

Il viaggio durava esattamente sei ore. Le prime due ore decidemmo di ascoltare un po' di musica. Poi passammo agli indovinelli e vari giochetti, e poi mi addormentai. La spalla di Nick è davvero comoda. Ciò che lui non sa è che io sono in uno stato di dormiveglia. Posso sentire tutto ciò che dice. Il telefono gli squilla e lui risponde sussurrando. «Ciao Katrine».

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