Dalla parte di Nick - La distanza uccide.

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9

Sapevo che era mattina. Non avevo più sonno, eppure non riuscivo ad alzarmi dal letto. Mi sembrava impossibile di aver detto ad Amanda tutte quelle cose. Senza di lei non ci volevo e sapevo stare. Mi rigirai tra le coperte in cerca di conforto. Ma il letto mi appariva enorme senza lei che dormiva accanto a me e si prendeva tutto lo spazio. Scossi il capo e sospirai. La suoneria del telefono mi fece trasalire. Presi il telefono dal comodino con un movimento fulmineo districandomi dalle coperte; era Amanda. Normalmente avrei risposto, ma in quel caso rimasi a fissare la nostra foto che appariva quando mi chiamava. Poi attaccai e rimisi il telefono a posto. Il telefono squillò altre dieci volte, allora lo spensi. Mi conoscevo abbastanza bene da sapere che non avrei retto a lungo e che prima o poi avrei risposto. Saltai giù dal letto e scesi a fare colazione. Mia madre mi guardò con fare sospettoso. «Com'è stata la festa?».
«Fantastica», borbottai.
«Cos'è successo?».
«Nulla di particolare», mentii.
«Come mai Mandy non è venuta a dormire qui?».
«È troppo impegnata con il suo ragazzo», brontolai lasciandomi sfuggire troppo.
I suoi occhi si intenerirono. Mi si avvicinò e mi posò una mano sulla spalla. «Quindi è questo il problema».
«Non so di cosa tu stia parlando».
«Nick, non ci vuole un esperto in amore per capire che sei pazzo di lei».
Sospirai. «E tu quando l'hai capito?».
«Saranno anni che lo sospettavo», ridacchiò.
«Praticamente l'avete capito tutti prima di me. Com'è che io sono stato così stupido da non rendermene conto al momento giusto?».
«Avevi paura. Ti serviva qualcuno che ti motivasse, che ti desse una spinta. Ed è quello che serve a Mandy».
«Lascia perdere mamma. Ha già deciso con chi vuole stare», dissi.
Delle urla provenienti da fuori ci distrassero dalla nostra conversazione. Mi precipitai alla finestra del salone e sbirciai verso il portico di Mandy. C'era lei in pigiama e con il viso fumante, e Joseph. Aprii leggermente la finestra per sentire cosa stavano dicendo.
«Va via da casa mia! Non voglio più vederti!», gli urlò.
«Amanda mi dispiace, non ero in me. Non le pensavo davvero quelle cose, è solo che...mentre ero in un negozio qualche ora prima della festa, ho visto le tue amiche Katrine e Kristen insieme a Tyler che parlavano di te e Nicholas. Dicevano che tu lo amavi e che io non ero niente per te, che presto mi avresti messo da parte. E poi ho incontrato Nicholas. E gli ho detto che saresti venuta alla mia festa perché mi amavi, perché preferivi stare con me, e così alla festa ti ho trattenuta. Ero arrabbiato capisci? Mi dispiace, lo so che ti ho fatto litigare con lui. Ma sistemerò tutto te lo prometto. Perché ti amo!», le urlò in tono di supplica.
Se non si fosse trattato di lui e se non avesse combinato tutto quel disastro mi avrebbe quasi fatto pena.
«Tu cosa hai fatto? Se adesso io ho perso Nicholas é solo colpa tua, te ne rendi conto? Come hai fatto a piacermi? Lui aveva ragione su tutto. Adesso vattene via di qui!».
«Ti prego, non odiarmi! Si fanno cose che in realtà non vuoi quando sei arrabbiato! Perdonami! Ci parlerò io con Nick».
«Ti ho detto che te ne devi andare!», gli urlò ancora.
«Tu meglio di me sai quanto sia brutto non essere perdonati dalla persona alla quale tieni più di ogni cosa».
«Al momento non ho proprio voglia di perdonarti, sai di cosa avrei voglia? Vorrei che tu ti ficcassi la lingua nel sedere e te ne andassi. Mi faresti un favore enorme».
Mi spuntò un sorriso sulle labbra.
«È vero che lo ami?», le chiese lui.
Per un secondo rimasi immobile e trattenni il fiato. Ma lei non rispose.
«È così, non è vero?», insistette lui.
«Chiudi quella cazzo di bocca e tornatene a casa», rispose invece.
Di solito, Mandy diventava scorbutica quando voleva sviare una domanda.
Poi se ne tornò dentro lasciando Joseph a fissare la porta. Richiusi la finestra e mi diressi in cucina, poi qualcuno bussò alla porta. Sapevo chi era. «Mamma vado io!», urlai per farmi sentire da lei.
Quando aprii la porta, c'era Joseph con un'espressione davvero molto triste.
«Risparmiati tutte le chiacchiere, ho sentito tutto», gli dissi.
«Non hai idea di quanto mi pesi dirti queste cose, ma mi dispiace», rispose lui.
«Ieri non ti è dispiaciuto».
«Lo so, ma ero leggermente irritato. Sai che si fanno stronzate quando ami qualcuno».
Certo che lo sapevo. «Lascia che io ti dica una cosa: tu non hai la minima idea di cosa significhi amare qualcuno. Io non avrei mai fatto una cosa del genere a Mandy».
Lui abbassò il capo. «So di non meritarla, ma ti assicuro che la amo».
«Come vuoi», sbuffai.
«Per favore Nicholas, torna da lei. Sta male, non merita questo».
Scossi il capo. «Devo tornare dentro», dissi, e poi gli chiusi la porta in faccia.
Cercai di concentrarmi sullo studio, e di tanto in tanto mi nascondevo dietro la finestra a spiarla. Qualche volta lei faceva lo stesso, allora facevo finta di ignorarla. Sarebbe stata dura, soprattutto l'indomani a scuola. L'avrei vista.

Arrivai puntuale a scuola, dopo un tragitto noiosissimo è molto silenzioso. Mi avviai verso le porte della scuola e mi guardai intorno alla sua ricerca, ma di lei non c'era traccia. Sentii dei passi svelti dietro di me e mi trattenni dal voltarmi. Era assurdo riconoscerne anche la camminata. Quando mi fu accanto mi sorrise. «Ciao», disse.
Io le feci un cenno, ma lei non si scoraggiò.
«Andiamo a lezione insieme?», mi chiese.
Era assurdo che lei facesse finta di nulla. «La smetti?», sbottai .
«Di fare cosa?».
«Di fingere che non sia successo mai nulla».
«Non posso Nicholas. Non posso semplicemente arrendermi e lasciare che per una stronzata tutto vada a puttane. Non voglio».
«Joseph è venuto a parlarmi ieri. Non fa tanto schifo come credevo. Dagli un'altra possibilità», dissi cercando di apparire impassibile.
«No. È per colpa sua se adesso non vuoi più vedermi».
«No, la colpa non è sua, lui non c'entra nulla. La colpa è tua, nessuno ti ha obbligato a restare alla sua festa. La colpa è mia se mi sono innamorato di te. La colpa è nostra se non abbiamo saputo dirci che ci siamo sempre amati al momento giusto. Perché io so che tu mi hai amato, e lo sapevo anche allora. Eppure ho fatto finta di nulla. È colpa mia», mi sfogai. Poi mi odiai per quello che avevo appena confessato. Non mi sarei dovuto lasciar sfuggire troppo.
«E credi che stare lontani risolverà qualcosa?».
«No, ma starti accanto peggiorerà la situazione».
«Ma perché?».
«Perché io non posso esserti semplicemente amico. Ci ho provato, ma è impossibile. Non puoi avere idea di ciò che sento dentro. E mi odio per quello che ti sto dicendo, credimi. Ma è meglio così. Magari prima o poi diventerà sopportabile e potrò starti accanto».
«Magari io potrò amarti», sussurrò lei.
Io mi fermai e mi voltai verso di lei non riuscendo a trattenere un piccolo sorriso tenero.
«Ma tu mi ami già Mandy, solo che per qualche motivo non vuoi renderete conto. Stare distanti ti aiuterà a capirlo».
«È questa l'unica ragione per la quale vuoi starmi lontano?».
«No, Mandy. Se ti restassi accanto già so che ci saranno altri baci, altre carezze e tutto il resto che non faranno che illudermi».
Lei non disse nulla. Chiaramente, si era arresa.
«Ora devo andare», la salutai.
Saltai tutte le lezioni che frequentava anche lei, mentre per quasi tutto il resto delle ore Kim mi fece compagnia. Era preoccupata per me. Mi chiese non so quante volte se stavo bene e se poteva fare qualcosa per me, ma cosa avrebbe potuto fare? Di certo non poteva tornare indietro nel tempo. La stessa cosa fu con Katrine, Kristen e persino mia madre. Quest'ultima si ostinava a voler sistemare la situazione, per cui un Sabato sera ebbe la brillante idea di andare a cenare da Mandy. Mi rifiutai con tutto me stesso di andarci, ma lei mi obbligò. La odiai in quel momento. E così di lì a poco sarei stato a casa sua. Sarebbe stato orribile, da masochisti. Ne ero certo.

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