Dalla parte di Nick - Il regalo perfetto

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Non pensavo che sarebbe stato così difficile. Fingevo di essere concentrato su ciò che era nel piatto, ma in realtà non facevo che pensare al fatto che lei mi stava di fronte. Sentivo il suo sguardo su di me, eppure ero paralizzato. Qualche volta mi sfuggii una rapida occhiata verso di lei e la beccai a fissarmi. L'unica occhiata che durò di più le provocò un sorriso, allora decisi di distogliere lo sguardo.
«Allora Nick, ti é piaciuto il regalo di Amanda?», mi chiese sua madre distogliendo la mia attenzione da Amanda.
Io mi schiarii la voce, e mi resi conto di non avere la minima idea di cosa mi avesse regalato. «Cosa?», mi scappò di bocca.
«Oh, mamma io...non ho avuto modo di darglielo», mi salvò Amanda.
«Allora perché non lo porti nella tua stanza e glielo dai?», le chiese la madre.
C'era qualcosa che non quadrava. Era palese che lei e mia madre avessero parlato e si fossero messe d'accordo.
«Certo. Andiamo», rispose Amanda dopo un po' rivolgendosi a me.
L'avevo notata l'occhiataccia che aveva lanciato alla madre, ma feci finta di nulla.
Mi alzai dalla sedia e la seguii sulle scale. Diversamente da come credevo, lei camminò spedita senza aspettare che la raggiungessi, segno che non voleva parlare. Entrò nella sua stanza ed io l'aspettai fuori.
«Puoi entrare se vuoi», disse a bassa voce senza incrociare il mio sguardo.
«Preferisco restare qui».
Non mi andava di vedere tutte le nostre foto, già le avevo nella mia di stanza. Era triste.
«Oh, certo. Dimenticavo che non siamo più amici», borbottò lei. Poi trovò quello che cercava e tornò da me. Mi diede una bustina. Io l'aprii e trovai un piccolo opuscolo di un albergo a Las Vegas. Speravo di non aver capito bene cosa mi avesse regalato.
«Prima che tu posso fraintendere, non ti ho regalato un semplice libricino. Ti ho regalato un viaggio per due a Las Vegas».
Alzai lo sguardo verso di lei. Non riuscii a contenere un tono di voce troppo dolce. «Era per noi due?».
«Sì, ma il secondo posto lo cedo. A quanto pare non hai più tanta voglia di andarci con me».
Quando io e Mandy eravamo piccoli progettammo questo viaggio. Si sarebbe fatto nel momento più adatto, e lei mi aveva regalato il viaggio dei nostri sogni per il compleanno. Non ci sarei mai potuto andare con nessun altro.
«Mandy, non fare la scema!», sbottai.
«Non mi sembra di aver detto qualcosa di falso. Non preoccuparti, non ci tenevo molto ad andare con te», disse con lo sguardo rivolto al pavimento.
Anche se sapevo che non diceva il vero, mi ferii. «Perché dici così?».
«Tu hai voluto tutto questo, ti sto semplicemente accontentando. Non rendermi le cose più difficili».
Sospirai e la seguii verso le scale, dato che chiaramente la conversazione era finita. Prima di scendere i gradini, non riuscii a contenermi. La feci voltare verso di me e la fissai negli occhi.
«Aspetta».
«Che c'è?», mi chiese confusa, speranzosa.
Le accarezzai il volto con il dorso della mano. «È tutto apposto?».
«Sì, certo», rispose lei, sicuramente delusa dalla domanda.
Logicamente mentiva. Si vedeva che non andava tutto bene. La solita Mandy! Feci un passo verso le scale e stavolta mi fermò lei.
«Dimmi tutto», le dissi curioso.
Vidi nel suo sguardo una certa esitazione. «No, nulla. Mi sembrava di aver visto un capello fuori posto».
Ovviamente, era una bugia.

Quella fu probabilmente l'ultima conversazione che ebbi con Mandy. Kim prese il posto di Mandy durante le lezioni. Cercò di confortarmi in tutti i modi. Mi costrinse anche ad andare con lei in discoteca. Ma sapeva anche lei che era tutto inutile. Per spiare Mandy, il più delle volte io e Kim ci fermavamo in mezzo al corridoio a parlare a qualche metro di distanza da lei. Proprio come quella mattina. Fingevo di avere un'animata conversazione con lei davanti gli armadietti mentre Mandy ci fissava con sguardo irritato.
«Secondo me vorrebbe uccidermi», commentò Kim.
«Lo sguardo assassino un po' c'è l'ha», ridacchiai io.
«Darò la colpa a te se mi succederà qualcosa».
«Grazie per tutto quello che stai facendo, ma perché lo stai facendo?», le chiesi curioso.
«Non è evidente?», mi chiese imbarazzata lei.
«No».
Lei divenne tutta rossa. «Ti ammazzo se lo dici a qualcuno, ma mi piaci. E mi piacete anche tu e Amanda insieme, per cui farò di tutto per farvi stare assieme».
Mi accigliai. «Ti piaccio?».
Lei mi puntò un dito contro. «Non ripeterlo mai più», disse con sguardo minaccioso.
Io alzai le mani in aria. Nel mentre notai che una ragazza si stava avvicinando a Mandy. Era stata con me per pochissimo tempo molto tempo addietro. Ce l'aveva a morte con Amanda perché tutte le volte che la baciavo sussurravo il suo nome. All'epoca, non capii che era perché volevo baciare solo Mandy. Vidi le due parlare. Mandy era calma, la ragazza accanto - di cui non ricordo neanche il nome - si alterò e le urlò contro.
Kim notò il mio sguardo e si allarmò. «Che succede?».
«Non lo so».
Vidi la ragazza avvicinarsi a Mandy. Non mi preoccupai più di tanto, di certo non le avrebbe fatto del male. Ed invece vidi Mandy cadere per terra all'improvviso a causa di una ginocchiata nello stomaco della ragazza. Scattai in avanti e la presi prima che sbattesse la testa per terra. Aveva già perso i sensi.
«Kim! Porta quella stronza dalla preside!», le urlai.
Lei annuì e sparì dalla mia vista. Presi Mandy in braccio e mi incamminai verso l'infermeria con lo sguardo di tutti su di me.
«Mi dispiace», sussurrai a Mandy quando fummo alla larga dagli sguardi altrui. Varcata la soglia dell'infermeria vuota, la adagiai sul lettino e mi sedetti su una sedia accanto, aspettando che si svegliasse. All'improvviso vidi i suoi occhi aprirsi di scatto, come se fosse cosciente da un bel po'.
«Ciao. Stai bene?», le chiesi gentile.
«Perché dovrebbe importarti?», mi rispose furente.
«Non fare la ridicola», sbuffai.
«Non hai mosso un dito per fermarla!», urlò con voce instabile. Stava per piangere.
«Non pensavo che ti avrebbe fatto del male! Sono intervenuto quando ti ha attaccato ma eri già svenuta! Secondo te chi ti ha portato in infermeria?», dissi cercando di essere gentile.
«Oh beh, allora grazie!», gridò ironica.
Persi le staffe. «Potresti anche mostrare un po' di vera gratitudine!».
«Sai cosa? Forse Jospeh non è tanto male messo in confronto a te!».
Rimasi interdetto. Il solito schiaffo in pieno volto. «Allora corri da lui. Diventa la sua migliore amica e fai soffrire anche lui come fai con me. Pare che tu ti diverta molto a farlo», dissi impassibile.
Lei non mi rispose, si limitò a fissarsi le mani. Allora mi alzai di scatto dalla sedia desideroso di fuggire via di lì.
«Sì, bravo. Corri dalla tua nuova conquista Kim!», mi urlò dietro.
Decisi di ignorarla e mi diressi verso l'uscita dell'istituto con un misto di rabbia e senso di colpa. Incontrai Kim verso l'uscita; stava proprio aspettando me.
«Ho dato il nome alla preside, ha detto che prenderà provvedimenti», mi disse.
«Si spera. Grazie di tutto Kim. Sai, credo che se non fossi perdutamente innamorato di Mandy mi piaceresti».
Lei arrossì e mi incenerì con lo sguardo. Poi si voltò e se ne andò.
Io ridacchiai e corsi verso casa.
Mia madre mi fece un milione di domande dalla quali fuggii rinchiudendomi nella stanza. Mi buttai sul letto e chiusi gli occhi. Era passato relativamente poco, e già ero stanco di quella situazione.
Mezz'ora dopo, qualcuno aprì con veemenza la porta della mia stanza. Mi alzai di scatto a sedere aprendo gli occhi. Una Mandy infuriata era davanti a me. Era assurdo che in quel momento pensassi a quanto fosse sexy da arrabbiata. Davvero sexy.
«Non credevo fossi così idiota da seguire un consiglio di Katrine!», urlò.
Mi distolsi dai miei pensieri e la fissai confuso. Come l'aveva scoperto. «Ciao anche a te. Come hai...».
«Adesso parlo io. Per i tuoi scopi egoistici hai persino messo a repentaglio il nostro legame! Sei stato a sentire a Katrine e non te ne sei importato nulla di me! Forse non mi ami tanto quanto dicevi!».
Alzai gli occhi al cielo. «Oh andiamo, falla finita!», dissi alzando anch'io la voce. Mi alzai e le andai incontro.
«Sta zitto!».
«Sono stato idiota ed egoista, è vero. Ma non sono l'unico egoista qui. Nonostante fossi a conoscenza dei miei sentimenti, mi hai illuso più di una volta lasciandoti baciare. Mi hai sempre fatto credere che prima o poi qualcosa sarebbe cambiato e poi, subito dopo avermi baciato, correvi a baciare Jospeh. Non venirmi a fare la predica se poi anche tu hai avuto un comportamento di merda!».
«Quindi è questo quello che pensi di me? Lasciami dire che non sono l'unica che fa schifo tra i due!», sbraitò.
Mi morsi il labbro per la rabbia. «Ah, è così? Quindi ti faccio schifo!», urlai. Poi decisi di provare una cosa, per quanto stupida fosse. Mi avvicinai sempre di più a lei mettendola con le spalle al muro. Sentii il suo respiro farsi corto. «Allora perché vorresti toranare ad avere il legame di prima?», le chiesi con calma.
«Forse non lo voglio più», sussurrò debolmente lei.
Era palese l'effetto che le facevo!
«Non dire cazzate!».
«Non le dico», balbettò cercando di non fissarmi negli occhi.
«Guardati. Lo senti l'effetto che ti fa la mia vicinanza?».
«Ma stai zitto», sbuffò lei.
«Se io ti baciassi qui e adesso?», le chiesi mettendola alla prova. Volevo proprio vedere cosa avrebbe fatto.
«Non lo faresti».
«Scommettiamo?».
Dopo un paio di secondi alzò lo sguardo verso di me. «Sai che amo le scommesse», sussurrò con un lieve e sorriso. Vidi che avvicinò leggermente il volto verso di me.
Era assurdo! Come poteva fare una cosa del genere! Fu solo questo a darmi la forza di scattare indietro.
«Ma che stronza. Dopo tutto ciò che hai detto mi baceresti anche!», sbottai.
Forse non avrei dovuto chiamarla stronza, ma mi sfuggii.
Lei rimase immobile per un po'. Poi divenne tutta rossa e scappò via dalla mia stanza. Possibile che dopo questa si sarebbe resa conto dei suoi sentimenti?

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