Dalla parte di Nick - Tre giorni a Las Vegas

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« Che ti prende Enne?», mi chiese la piccola Amanda.
Eravamo soli in una stanza buia, e come al solito ero cosciente del fatto che fosse un sogno. «Come dovrei comportarmi con te?», chiesi.
La piccola Mandy sorrise. «Enne, la risposta è così scontata! Devi soltanto darmi tempo».
Io annuii e vidi la piccoletto avvicinarsi e prendermi per mano. «Ora ti faccio vedere una cosa».
La stanza intorno a noi cambiò. Ci trovavamo fuori il portico della mia casa, dove c'era Mandy che andava avanti e indietro. Aveva all'incirca otto anni.
«Eri partito per andare a trovare un tuo cugino a Roma, ed io ti ho aspettato per una settimana. Guardaci», disse indicandomi scena.
Era appena arrivato il piccolo me di fronte casa. Aveva mollato la valigia per correre verso Mandy. I due si scontrarono e si abbracciarono, e rimasero così per quelle che sembrarono ore, senza scambiarsi una parola. Non c'era bisogno di parlare, quell'abbraccio lasciava intendere tutto. La scena poi cambiò nuovamente. Ora Mandy aveva dieci anni, e aspettava sempre il mio ritorno. Quando arrivai, ci scambiammo il solito abbraccio. E poi la scena mutò ancora, e stavolta Mandy aveva quindici anni. Anche il nostro abbraccio era diverso, non era quello di due semplici amici. Ci tenevamo stretti l'uno all'altra fissandoci negli occhi intensamente, e io le riempivo la faccia di baci e lei ridacchiava.
«Vista la differenza?», chiese la vocina della piccola Amanda accanto a me.
«Sì», risposi.
«Siete -o meglio siamo- destinati a stare insieme. Anche se non accadrà magari in questo istante, prima o poi succederà. Qualsiasi cosa succeda, alla fine l'uno ritorna sempre dall'altro. Devi essere paziente Enne, infondo sai quanto io sia timorosa in tutto».
Mi inginocchiai per essere alla sua altezza e la strinsi a me. «Grazie».

Mi svegliai di botto. Quello era il giorno in cui io e Mandy avevamo stabilito di partire per Las Vegas. Mi alzai dal letto con uno scatto e andai ad aprire il cassettino della biancheria intima. L'anello che avevo comprato a Mandy -più o meno durante il periodo in cui non ci parlavamo- era sempre lì. Avevo intenzione di regalarglielo proprio a Las Vegas, ma magari le sarebbe venuto un colpo vedendolo. Avevo fatto incidere una frase che ricordava la promessa che ci eravamo fatti da piccoli sotto quella tenda: oggi, domani e per il resto dei miei giorni".
Mi avvicinai al telefono sentendolo vibrare e lessi il messaggio di Kim:
"Spassatela mi raccomando!".
Sorrisi e posai il telefono al suo posto, per poi andarmi a fare la doccia. Al mio ritorno trovai un altro messaggio di Kristen:
"Quanto ci scommettiamo che durante questo viaggio finalmente DTR?".
Non avevo idea di cosa significasse, per cui posai il telefono. Mi vestii in fretta e furia e scesi dai miei trasportandomi dietro la valigia. Mi aiutarono a portala fuori dove c'erano Mandy e i suoi. Feci loro un sorriso e mi avvicinai ad Amanda.
«Signorino Steven, è pronto a realizzare il suo sogno d'infanzia?», mi sussurrò lei.
Io le scompigliai i capelli e le feci un sorriso. «Sono super pronto».
Lei mi diede un pizzico sulla guancia. «Perfetto Enne», ridacchiò.
Per un attimo rimasi interdetto. Sembrava quasi di essere di nuovo in un sogno. «Non mi piace essere chiamato così», brontolai.
«Se è per questo non ti sono mai piaciute neanche le mie storie da piccoli, però non ti sei mai rifiutato di metterle in scena. In realtà le adoravi credo», disse lei.
Quindi ricordava come me di tutte quelle volte che da piccoli ci eravamo scambiati innocenti baci?
«Ti ricordi di quella volta nella tenda della mia stanza? Era il nostro "castello"», chiesi curioso.
«Certo che ricordo. Il nostro primo bacio», annuii lei.
Sorrisi mesto ed aprii la portiera della sua auto; la feci salire e poi mi appoggiai allo sportello. «Sarà un viaggio fantastico, soli soletti», dissi. Poi chiusi la portiera e andai verso la mia macchina dove i miei genitori mi stavano attendendo.

Il tragitto verso la stazione dove avremmo preso il nostro autobus fu abbastanza silenzioso. Una volta arrivati, i nostri genitori si dilungarono in chiacchiere; era il nostro primo viaggio da soli, quindi erano un po' preoccupati. Quando finalmente l'autobus partì, ebbi un po' di intimità con Mandy. Con mia grande sorpresa, Mandy mi tenne la mano per tutto il tempo, senza che ce io le chiedessi nulla.
«Ho un'idea per passare il tempo», disse lei.
Mi voltai verso la sua parte. «Ah, sì? Sentiamo un po'».
«Che ne dici di un botta e risposta?».
«Va bene», annuii io.
«Comincio io! Qual è il mio colore preferito?».
Era facile. Fin troppo facile. «Verde, come la speranza».
Lei iniziò ad applaudire. «Ma bravo».
«Ora io! Quand'è stata la prima volta che ho detto di amarti?».
Lei rimase inizialmente in silenzio. Abbassò la testa e si guardò le mani.
«Scusami», mi affrettai a dire.
Lei alzò di scatto la testa. «Oh, no! Io ci stavo pensando», disse esitando.
«Eh...?».
All'improvviso divenne un peperone e tornò a fissarsi le mani. Io allungai una mano verso il suo volto, facendo in modo che tornasse a guardarmi negli occhi. «Credo che tu non lo ricordi».
Mi accigliai. Ricordavo eccome. «Perché non dovrei?».
«Eri ubriaco», mi spiegò lei.
«Cosa? Quando?».
«È successo circa tre anni fa».
Qualcosa mi dice a che Mandy non voleva dirmi altro. «Come?», insistetti.
«Eravamo tornati a casa tua dal nightclub. Ti avevo aiutato a svestirti e metterti nel letto; eri KO. Non chiedermi cosa mi passò per la testa in quel momento perché non ne ho idea, ma ebbi il coraggio di confessarti che desideravo che ci provassi con me».
«E io cosa feci?».
«Tu mi guardasti con uno sguardo che sembrava lucido, e mi dicesti di essere innamorato di me; poi ti addormentasti».
Cercai di ricordare qualcosa invano. «Perché non me l'hai mai detto?».
«Non sapevo come dirtelo. Il giorno dopo ci provai, speranzosa che ciò che avevi detto era vero. Quando iniziai a parlarti, tu cominciasti a raccontarmi della tua nuova ragazza. Così ho cambiato idea», confessò a mezza voce.
«Che stronzo», sbottai io.
Lei ridacchiò. «Un vero stronzo, sì».
«Almeno ho avuto la punizione che mi spettava», dissi pensieroso.
Lei non mi rispose e iniziò a guardare oltre il finestrino la strada che ci sfrecciava accanto.
«È il tuo turno», dissi io.
Lei tornò a voltarsi verso di me. «Com'è stato il tuo primo appuntamento con Kim?», chiese subito, come se ci stesse pensando da parecchio.
«Una frana. Se proprio vuoi saperlo abbiamo parlato tutto il tempo di te. Ah, vuoi sentire la parte più bella della serata?», dissi riportando alla memoria quella nottata.
«Certo».
«Ho cercato di baciarla credendo che fossi tu», risi io.
Lei rimase seria e si voltò dalla parte opposta alla mia. «Quindi l'hai baciata».
Quel pizzico di gelosia udibile nella sua voce mi piaceva. «Certo che no, poi ho capito che non eri tu».
Lei rimase dov'era e non rispose, allora continuai a parlare io. «E il tuo primo appuntamento con Joseph com'è stato?».
La sentii ridacchiare. «Hai presente quel tipo di battute stupide che fanno i ragazzi per attrarti - che poi tutto fanno meno che quest'ultima cosa?».
«Sì».
«Diceva solo cose del genere. Se c'era uno specchio ed io vi ero riflessa diceva di aver visto una ragazza bellissima; cose del genere. Non nel mio stile, come sai».
Risi di gusto alle spalle di Joseph, che a quanto pare non ci aveva proprio saputo fare con Amanda.
«Se noi due avessimo avuto un primo appuntamento, dove mi avresti portata?», mi chiese lei curiosa, fissandomi negli occhi.
Apprezzai davvero molto la domanda. Le sorrisi e con la mano libera le aggiustai dietro l'orecchio una ciocca ribelle. «Ti avrei portata in una sala giochi a spassartela, e non ti avrei lasciata vincere nemmeno una volta come di solito fanno i ragazzi con le ragazze. Poi ti avrei portata a mangiare una pizza, niente ristorante di lusso. Ed infine ti avrei portata a fare un giro sulla spiaggia, e non perché è una cosa romantica, ma perché tu adori il mare di notte», dissi immaginandomi ogni singolo dettaglio. Avrei voluto farlo, prima o poi.
Mandy mi fissava con un piccolo sorriso sulle labbra e uno sguardo dolce. Mi strinse di più la mano e mi diede un bacio sulla guancia, proprio a pochi centimetri dalle labbra. Perché mi faceva questo?
«Tu si che mi conosci bene», sospirò lei, e avrei dato di tutto per sapere cosa stava pensando in quel momento.
«Ora è il mio turno. Sei innamorata di me?», le chiesi senza pensarci.
Lei divenne tutta rossa ancora. «La sai la risposta».
«Sarebbe bello sentirtelo dire», sospirai io.
«Cambia domanda, per favore».
Annuii mio malgrado e scelsi per una seconda domanda. «Se tu fossi in grado di tornare indietro nel tempo, più o meno a quando hai conosciuto Joseph, accetteresti un appuntamento con me?».
«Probabilmente sì», rispose pensierosa.
«Mi basta come risposta».
«Che ne dici di ascoltare un po' di musica adesso?», mi chiese prendendo le sue cuffie.
«Certo».
In men che non si dica passarono due ore, e Mandy dormiva beata sulla mia spalla. Io non chiusi occhio, restai a fissarla tutto il tempo sentendo i suoi respiri regolari. Katrine mi chiamò durante il viaggio per infastidirmi, e anche Kim stette per un po' a telefono con me.
Quando Mandy si svegliò, mancava poco all'arrivo. Mi feci dire dove alloggiavamo, e scoprii che condividevamo la stessa stanza. Da un lato volevo esulare, ma dall'altro mi sentii avvilito. Come avrei fatto?

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