VENTOTTO

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«Noi due dobbiamo parlare, subito», dissi con tono fermo a mio cugino.

Ottavio aggrottò la fronte. Il borsone della palestra ancora sulle spalle, mentre aspettavamo sulla porta d'ingresso di villa Rossi che Cecilia terminasse la sua borsa per la notte.

Ottavio appoggiò a terra il borsone e incrociò le braccia al petto. «Sentiamo, cosa vuoi?»

«Vorrei che Cecilia stasera si unisse a noi», dichiarai.

 Ottavio sbarrò gli occhi. «Cosa? No, non se ne parla proprio!»

«Va bene, allora vorrà dire che sta sprecando tempo in camera sua visto che non verrà da me!», lo minacciai. 

Mi fissò dubbioso. «Dove vorresti arrivare?»

Sospirai. «Avanti, non puoi non esserti accorto che lei ci soffre per questa cosa. Si sente esclusa e, fidati, non è una sensazione gradevole», lo informai. «Se ti può far stare tranquillo starò io al suo fianco, non sarà mai sola, giuro! Sarò la sua ombra per il resto della serata», promisi. Ottavio si portò una mano dietro alla nuca, grattandosela. «Va bene, può venire, ma non devi perderla di vista nemmeno una volta, capito?»

Annuii sorridente.

«Eccomi, ci sono!», esclamò Cecilia raggiante scendendo le scale con lo zaino blu. «Tieni Cami, grazie mille per essere venuta a prendere le mie cose.»

«Figurati tesoro, le porto a casa così le sistemo già nella mia stanza, okay?», le dissi e lei sorrise a trentadue denti.

 Li salutai con la mano e tornai all'auto dove Cesare e i gemelli mi stavano aspettando.

«Allora, preso tutto?», mi chiese Alessandro.

 «Sì, Cecilia mi ha lasciato la sua borsa. Sono proprio contenta che stasera dormirà da noi. È davvero simpatica», dissi rilassandomi sullo schienale. I miei occhi incrociarono il viso teso di Cesare e una strana sensazione si insinuò in me. La mia mano sfiorò il suo braccio. «Ehi, va tutto bene?»

Lui non disse nulla, nemmeno con il corpo mi diede modo di interpretare una risposta. Era come se io non esistessi, come se non avessi mai pronunciato una sillaba.


Qualche ora più tardi, dopo una cena in famiglia a base di pollo arrosto e patate e una doccia ristoratrice, mi ritrovavo davanti alla cabina armadio senza sapere cosa indossare. Feci scorrere le dita sugli indumenti sperando che, a contatto coi tessuti diversi, mi venisse in mente qualche idea per l'outfit. Presi un paio di collant velati a pois, un paio di pantaloncini di pelle nera, una camicetta bianca con il foulard nero a pois bianchi e degli stivaletti a punta con il tacco sottile. Mi ero truccata il viso con tonalità chiare e mi ero acconciata i capelli in uno chignon morbido. Stavo indossando i miei cerchi neri quando qualcuno bussò alla porta. «Avanti!», gridai e Alessandro fece il suo ingresso.

«Però... accidenti che gnocca la mia "sorellina"», disse facendomi ridere.

 «Mi prendi in giro?», chiesi sorridente mentre mettevo il rossetto rosa nello zainetto nero. «Assolutamente no, solo... non credi che avrai freddo?»

«E perché mai? In fondo da qui a casa di Ottavio è un viaggio di sette minuti con la macchina, in più c'è il riscaldamento», puntualizzai.

Alessandro si spostò a disagio da un piede all'altro. «Ecco è questo il problema», disse catturando tutta la mia attenzione. «Cesare se n'è già andato. Ha preso Filippo e mi ha detto che tu saresti venuta con me in moto. Quindi bambolina, il viaggio sarà sempre di sette minuti ma... il riscaldamento mi manca», si scusò.

VIENI CON ME (1-The Rossi's Series)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora