SEDICI

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Era sabato mattina.

Erano passate circa due settimane dall'ultima conversazione avuta con Cesare nella mia stanza.

Dopo le parole che mi aveva sussurrato sull'uscio, non avevo più avuto il coraggio di guardarlo negli occhi. Ci eravamo parlati a malapena nei giorni successivi e a scuola ci eravamo evitati del tutto.

Allo stesso tempo, però, mi ero avvicinata a Filippo. Con lui mi sentivo a mio agio, come se fosse davvero un fratello per me. Passavamo la maggior parte del nostro tempo assieme sia a scuola che a casa. Facevamo i compiti assieme e spesso la sera ci fermavamo a chiacchierare sul dondolo in veranda.

Filippo mi permetteva di essere me stessa, quella persona spensierata che ero assieme ad Anna e Fabio.

Con Alessandro le cose andavano a rilento. Lo osservavo sempre spiarmi di nascosto. Sapevo che aveva il vizio di origliare, me l'aveva confessato la prima sera che l'avevo conosciuto, eppure in un certo senso, non lo capivo.

Perché non veniva a chiedere qualcosa direttamente alla sottoscritta invece di indagare di nascosto? Preferii non pensarci.


Quel pomeriggio io e Filippo eravamo seduti in cucina. Mi stavo bevendo un succo alla mela, mentre lui ingurgitava tutto quello che poteva. Davanti a noi le pagine di filosofia si sfogliavano come nulla.

«Allora, qui dice che Shoupenauer sosteneva che l'amore non era altro che un'invenzione», tradussi in italiano per il mio povero fratello che di filosofia non ci capiva nulla.

Filippo corrugò la fronte. «Aspetta, che significa?»

Stavo per spiegarglielo quando una voce alle mie spalle mi fermò.

«E' semplice idiota. Vuol dire che l'amore non è altro che un'invenzione scaturita dalla mente per giustificare il rapporto sessuale tra esseri umani», disse Alessandro entrando con naturalezza in cucina. Il gemello si sedette al fianco di Filippo e appoggiò i suoi libri sul bancone. «Casualmente, dal momento che il nostro corso è esattamente identico ad eccezione delle materie d'indirizzo, sto studiando anche io lo stesso filosofo», spiegò e io annuii sorridente.

«Perfetto, allora puoi studiare assieme a noi!», esclamai raggiante. I due gemelli si fissarono con astio a mia insaputa, ma finsi di non accorgermene.

Passammo l'intero pomeriggio a studiare. Alessandro era rilassato in mia presenza a differenza della sottoscritta.

Quel giorno mamma e Matteo erano andati a visitare Milano mentre io avevo declinato il loro invito per studiare coi miei fratelli.

Quando Filippo si accorse dell'ora, sbarrò gli occhi. «Cazzo Ale, siamo in ritardo!», esclamò dando una spallata al fratello.

Quest'ultimo sbiancò appena vide l'orologio. «Porca troia, hai ragione!»

«In ritardo per cosa?», domandai inconsapevole dell'agitazione attorno a me.

Filippo e Ale corsero su per le scale. Quest'ultimo mi gridò affannato. «Avanti Camilla, muovi il culo! Vai a prepararti!»

Senza sapere dove stessi per andare mi fiondai in camera mia e mi vestii il più in fretta che potevo.


La palestra per fortuna non era lontanissima da casa nostra. Dopo aver camminato a passo spedito per circa quindici minuti i gemelli ed io, facemmo ingresso nella palestra dove Cesare stava giocando. La divisa rossa che avevo notato il primo giorno in casa loro, appesa ad una gruccia, ora si tendeva perfettamente sulle sue spalle muscolose. I calzoni da basket che indossava gli fasciavano perfettamente i glutei e lasciavano intravedere parte delle cosce muscolose.

VIENI CON ME (1-The Rossi's Series)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora