NOVE

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Mi rintanai nella mia camera fino all'ora di cena.

Non mi andava di vedere Filippo e Alessandro.

Dopo lo scontro con Cesare non ero certa di poter sopravvivere al secondo round di cattiveria.

Che poi, a pensarci bene, Cesare non era nemmeno stato cattivo con me, la parola corretta era... intenso.

Il mio cellulare vibrò, segnalandomi l'arrivo di un messaggio.

Gli occhi si spostarono automaticamente sullo schermo: era Anna.

Sorrisi e, dopo essermi sdraiata sul letto, la chiamai.

«Allora? Va già così male che hai bisogno di sentire la mia voce?», mi prese in giro.

Scoppiai a ridere. «Quanto sei scema! No, mi andava semplicemente di sentirti. È un problema?»

«Assolutamente no! Fabio ti saluta!»

Il mio cuore si strinse leggermente. «B-bene, salutamelo. Come procede il weekend?», domandai e Anna iniziò a parlare a vanvera. Dopo circa dieci minuti sentii qualcuno bussare alla mia porta.

«Aspetta un secondo Anna», dissi al ricevitore. «Si chi è?»

«Sono Cesare», mi rispose la voce attutita dall'altra parte della porta.

«A-avanti», mormorai e una figura possente fece la sua comparsa.

Non entrò in camera mia, si limitò a stare sulla soglia, fissandomi. «Tua madre mi ha chiesto di dirti che è pronta la cena», m'informò con occhi gelidi e voce profonda.

«O-okay, grazie, scendo subito», sorrisi impacciata e lui, facendo dietrofront, sparì.

«Per la miseria... quello era Cesare Rossi vero? La sua voce era talmente sexy che poteva appartenere solo a lui!», squittì Anna e io risi.

Dopo averla salutata, esitante, uscii dalla mia stanza raggiungendo il piano inferiore.

Mi fermai sulle scale quando udii delle voci in salotto.

«Avanti papà non puoi dire sul serio! Stiamo parlando della camera di mamma! Non puoi fare così!», si lamentò Filippo.

«Te l'ho già ripetuto più di una volta. Francesca sarà mia moglie e Camilla, sua figlia, diventerà vostra sorella. Scusami se ti creo disagio, ma potresti provare a crescere un po'. Inoltre quando la usavo io come studio non ti facevi troppi problemi», lo rimproverò Matteo.

«E' diverso!», gridò Filippo.

«E' sempre diverso!», ribadì Matteo.

Rimasi ferma dov'ero.

Non volevo interrompere quella discussione.

Stavano parlando della mia camera? Che avrei dovuto fare? Come mi sarei dovuta sentire in quel momento?

«Scusami, sei in mezzo», mi riprese una voce alle mie spalle.

Mi voltai, fissando Alessandro che guardava il telefono tra le sue mani. Indossava una tuta e una canotta scura, la quale evidenziava i colori dei tatuaggi sul braccio destro.

«Scusa, non volevo esserti d'intralcio, stavo solo...»

«Origliando di nascosto?», completò la mia frase con tono inespressivo. Mi aveva beccata alla grande. Finì di digitare qualcosa sul telefono e notai i muscoli delle braccia. Erano parecchio sviluppati, non quanto quelli di Cesare, anche se non c'era molta differenza. Si rimise il telefono in tasca a scagliò i suoi occhi azzurri nei miei. «Tranquilla, anch'io lo faccio sempre», mi rassicurò sorpassandomi.

Indecisa se muovere un passo o no, indugiai per qualche secondo sul mio gradino. Alessandro non si voltò mai. «Ti conviene muoverti, altrimenti Filippo si mangerà tutto quello che c'è in tavola», mi avvertì ed io, mettendo un piede davanti all'atro, lo raggiunsi in cucina.

La cena non si svolse in malo modo. Più che altro ognuno di loro si faceva gli affari propri. Alessandro mandava messaggi, Filippo giocava con i piselli, mentre Cesare, fissava me.

Io, dal momento che volevo integrarmi con la mia nuova famiglia, presi esempio dal fratello che avrebbe condiviso la classe con me e iniziai a fare lo stesso con il polpettone.

Gli unici a parlare erano Matteo e la mamma.

Stranamente i miei nuovi "fratelli" erano cordiali con mia madre, con la sottoscritta invece... beh era un po' più complicato. Magari non intenzionalmente, eppure le occhiate che mi inviavano erano per lo più ostili.

Appena terminammo la cena ognuno di noi si rifugiò nelle rispettive camere. Presi il mio libro e mi sdraiai su un fianco mentre sfogliavo vorticosamente le pagine del romanzo rosa che tenevo tra le dita. Quando sentii il rumore del cigolio del letto mi si gelò il sangue nelle vene. Per un attimo l'avevo quasi dimenticato. Cesare era nella sua stanza, sul suo letto. Lo stesso letto che, senza il muro a dividerci, sarebbe stato accanto al mio. Appoggiai una mano sulla parete fredda, chiedendomi come sarebbe stato se non ci fosse stata.

Scossi la testa e riportai gli occhi sui personaggi del libro, anche se le mie cognizioni mentali erano rimaste intrappolate nella stanza accanto.


VIENI CON ME (1-The Rossi's Series)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora