DODICI

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Quando varcai la soglia della mia nuova classe, mi sentii lo sguardo di tutti i miei compagni addosso. Odiavo dal profondo del cuore le presentazioni. Le trovavo inutili ed imbarazzanti, visto che si parlava unicamente di aspetti del tutto superflui.

La prima ora conobbi la professoressa di Letteratura. Era una donna parecchio giovane, coi capelli biondi e gli occhi castani. Indossava un tubino grigio chiaro e un paio di tacchi talmente sottili che mi domandai come potesse camminarci. La professoressa Tamilia mi invitò a descrivermi brevemente all'intera classe.

«Ciao, mi chiamo Camilla Brambilla. Ho ancora sedici anni, ma tra qualche mese ne farò diciassette. Mi sono appena trasferita da Lecco. Amo il rosa e adoro leggere romanzi d'amore. Nella vecchia scuola sono stata rappresentante di classe e d'Istituto. Adoro dipingere e il mio pittore preferito è Caravaggio», dissi e la classe intera rimase ammutolita.

I miei occhi incrociarono quelli di Filippo. Mi stava fissando con aria intensa. Chissà se era incazzato pure lui per quel mio gesto di ribellione.

«Perfetto, Camilla. Puoi tornare al tuo posto», annunciò la professoressa.

Mi accomodai nel banco davanti a Filippo e non mi voltai nemmeno una volta, nonostante fossi consapevole del suo sguardo su di me.

Quella giornata sembrava non finire mai. Per fortuna il primo giorno erano solo quattro ore eppure le lancette dell'orologio sembravano non volersi mai spostare.

Quando la campanella dell'intervallo suonò, tutte le classi si riversarono nei corridoi come un fiume in piena.

Scesi le scale tenendomi il più possibile vicino al corrimano, dal momento che avevo timore per la mia vita. Se mi fossi spostata anche solo di un centimetro, sarei stata travolta.

Cercai Susanna con lo sguardo, senza scorgerla da nessuna parte. Fermai una ragazza dai capelli azzurri. «Scusami, sai se i geometri vengono qui per la ricreazione?»

La ragazza scosse la testa. «Non ne ho idea, ma non credo. Di solito se ne restano nel loro piano.»

Le sorrisi. «Va bene, grazie.»

Mi avvicinai con cautela alla macchinetta degli snack. Inserii i soldi e digitai il numero indicato sotto i taralli. Quando notai una canotta rossa di pizzo, non avevo bisogno di girarmi.

«Cosa vuoi Regina?», domandai tenendo lo sguardo fisso sul pacchetto di taralli che lentamente si avvicinava a me.

«Credo che tu lo sappia già», mormorò lei pimpante inserendo i soldi nella macchinetta affianco alla mia.

«Fingiamo per un attimo che soffra d'amnesia. Che cosa vuoi da me?»

Mi piegai e afferrai il mio spuntino.

Lei mi si parò davanti, con le braccia incrociate al petto. «E' semplice! Gradirei un po' di... collaborazione da parte tua!»

Aprii la confezione. «Da parte mia? E per che cosa?»

Regina alzò gli occhi al cielo. «Lo sapevo che quell'idiota non era stata in grado di farti fare il tour giusto», imprecò riferendosi a Susanna. «L'intera scuola è a conoscenza del perché sei qui. Tutti sanno che tu e tua madre, ecco... vivete coi Rossi. Agli occhi degli altri tu fai parte della famiglia.»

Ingoiai la saliva. «Hai detto bene, agli occhi degli altri, ma entrambe sappiamo che non è così», appurai e lei non negò. «Scusami, devo tornare in classe», sorrisi per finta e mi fiondai nuovamente in aula.

VIENI CON ME (1-The Rossi's Series)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora